Unione europea senza senso: persino Padoan la tiene in scacco

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Da sinistra: il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan e l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Wikipedia)

Roma – Se i patti di bilancio si possono non rispettare, sull’immigrazione si può fare quel che meglio si crede e pure restare nell’Unione europea è questione di scelte: un esercito non c’è, un’unione fiscale neppure, quella bancaria annaspa, la democrazia langue e persino Schengen è divenuto un ricordo laddove lo si vuole riesumare solo per quella Gran Bretagna che ha già deciso di andare. Ebbene, cosa resta?

Varrebbe la pena chiederselo in sede Ue giacché ogni ragione europea è venuta a mancare con l’ideale che rappresentava. Che significa essere europeisti quando la propaganda politica migliore in campagna elettorale è divenuta l’antieuropeismo. Mica quisquilie in un dibattito referendario sul Sì o No in cui persino gli insospettabili si lanciano in dichiarazioni sibilline.

GLI EUROPEISTI DELL’ANTIEUROPEISMO -  Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha così risposto alle domande di Repubblica sull’accoglienza della Manovra renziana a Bruxelles: «L’Europa deve scegliere se stare con l’Italia, accettando che il nostro deficit passi dal 2 al 2,3% del Pil per fare fronte alle emergenze sisma e migranti, oppure con l’Ungheria che erge muri. Ma così sarebbe l’inizio della fine». Capito?

Prendere o lasciare e se si prende si lascia fare, si accettano conti avventurosi, previsioni del Pil più da lettura degli oroscopi che da lettura dei dati socio-economici. E a buttare il guanto in faccia all’Europa non è mica un Salvini qualsiasi, è un Padoan ex dirigente Ocse, uomo chiave in zona Ue del Fondo Monetario Internazionale, cervello scelto da Napolitano per affiancare l’ultimo neo presidente del Consiglio non eletto Matteo Renzi, espressione di quella distorsione politica che fu il 2011. Quando si applaudiva alla caduta del Cavaliere e si brindava per l’arrivo dell’europeista Monti; poi dell’europeista Letta; poi lui dovette stare sereno e si passò a Renzi con l’europeista Padoan. Una serie infinita di insuccessi targati Napolitano e si arriva a oggi, con un Mattarella che davanti ad una legge di bilancio non ancora presentata alla Camera in attesa del 4 dicembre, voto referendario, non dice una parola.

TANA LIBERA TUTTI – E va bene: si può affermare che il ministro è ‘ostaggio’ di Renzi, ipotesi vellicata da più mezzi stampa diversamente schierati; si può sostenere anche che la Manovra 2017 è un oggetto così indefinito, mancando un testo alla Camera di qualsivoglia tipo, che neppure lo stesso ministro sa cosa ci sia dentro. Si può sostenere ogni cosa, ma che un membro delle istituzioni Ue-Usa si conceda in dichiarazioni al limite della minaccia per interposta persona renziana, pone una questione ineludibile: la Ue a cosa serve se un po’ tutti se infischiano?

E lei stessa che ruolo rivendica per sé se basta ricordarle che è dipendente dall’Italia la quale ha poco serve nei tavoli istituzionali, ma come zona di parcheggio clandestini è insostituibile, al punto che si possono accettare da Roma intimidazioni senza fiatare? Tanto basta sottoscrivere ogni eccesso alle voci ‘solidarietà’ e ‘flessibilità’ per trovare un accomodamento.

Punto di vista troppo locale? Allora si consideri che da sette anni Bruxelles non riesce a fare entrare in vigore il Ceta, trattato di libero scambio Ue-Canada, per il no della Vallonia: 0,6% della popolazione su quella comunitaria, perché il Ceta è percepito come chiave di volta al fine di consentire il via libera al discusso Ttip, trattato di libero scambio Ue-Usa. E qui ha ragione l’eurodeputata Pd Alessa Mosca: si pensi quel che se ne vuole, ma «c’è un problema di forma democratica se un piccolo parlamento impedisce al Parlamento europeo di esprimere le proprie posizioni». Altroché.

UNIONE SENZA UN PERCHE’ – Se occorre una dimostrazione plastica per cogliere quel che resta dell’Unione è l’osservazione di Matteo Renzi, intervistato da Lucia Annunziata a In Mezz’ora a proposito di una possibile bocciatura via lettera della Commissione europea, della legge di bilancio per sforamento del deficit: le lettere Ue? «Sono fisiologiche» dice il presidente. In sintesi: chi se ne frega.

E giacché la lettera europea tarda ad arrivare, è lecito supporre che Renzi-Padoan abbiano colpito nel segno, senza contare quanta presa ha sull’elettorato una tale posizione di distanza dall’Unione dei parametri di bilancio. Un colpaccio per Renzi in campagna elettorale, se riesce. Ma se riesce la Ue a che serve? Quale è la suo scopo posto che anche la fallimentare austerity tedesca è passata di moda? Chissà.

Chantal Cresta

 

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