
Una sconfinata giovinezza, i sentimenti che durano per sempre
Il tema del ricordo e della famiglia in una pellicola di estrema profondità, capace di toccare l’animo e commuovere
di Adriano Ferrarato
Un prato immenso.
Lino Settembre (Fabrizio Bentivoglio) lo ricorda bene, così come quei giorni nella campagna bolognese, quando da ragazzo andò a vivere dagli zii dopo la morte dei suoi genitori in un brutto incidente stradale. Gli amici, i luoghi, le corse ciclistiche immaginate con i tappi di bottiglia, e soprattutto il suo cane chiamato curiosamente Perché. Ma quel tempo è passato e anche allora tutto questo gli è stato sottratto improvvisamente. Lino è ora un adulto ed è diventato un bravissimo giornalista sportivo: articoli,successo, interviste televisive,un ottimo stipendio. E sua moglie Chicca (Francesca Neri), che ha amato subito e dalla quale è stato sempre ricambiato in un amore senza confini che non è però riuscito a donare loro dei figli.
Una consorte che gli è sempre stata accanto e l’ha ammirato e sostenuto in ogni momento importante della sua carriera. Tuttavia, qualcosa nel loro splendido e magico rapporto si è inceppato: Lino ha l’Alzheimer, e inizia a dimenticarsi sempre di più tante cose diventando aggressivo perfino con lei. Perde anche il lavoro perché non riesce più a scrivere i suoi articoli con coerenza. Costretta ad andare via di casa per preservare la sua incolumità e permettergli di curarsi, Chicca cerca invano di trovare una cura che possa salvare suo marito, che intanto lentamente scivola in uno strano oblio dove rivive nuovamente il suo passato bucolico nell’utopia che nulla a distanza di anni sia cambiato e invecchiato.
Il ricordo è il tema che Pupi Avati narra in questa storia piena di sensibilità, momenti di tenerezza pura e assoluti silenzi carichi di emozioni. “Una sconfinata giovinezza” è la storia dei sentimenti che non finiscono, ma è anche il paradosso dell’uomo che perde il contatto con la realtà dovendo per forza di cose tornare indietro per cercare le origini delle sue certezze. Ma anche dei propri traumi personali, che spesso si portano avanti inconsciamente per anni influenzando le esistenze. L’Alzheimer cancella tutto, è un regresso, può portare a credere in qualcosa che non esiste più e a dimenticarci delle persone che si sono amate, arrivando addirittura anche a trattarle male nella vita pubblica.
La pellicola gioca su una interessante trasformazione della figura di Francesca Neri (ottima interpretazione davvero), una donna fedele che non riesce per nulla ad accettare la sua nuova triste condizione, ma che poi diviene una madre amorevole per l’uomo che è regredito allo stadio di un giovane, assecondandolo fino quasi a doverlo educare (vedere la bellissima scena di quando lei gli insegna le tabelline, degna di una buona scorta di fazzoletti) giocando con lui, diventando il genitore che da minorenne non ha potuto avere.
E’proprio qui che nella narrazione, come un invisibile filo conduttore che lega la trama, emerge un’altra tematica molto importante: la famiglia. Il regista in proposito mostra la contrapposizione tra l’enorme parentela di Chicca e la dolce semplice solitudine dei due (invecchiati grazie ai trucchi cinematografici come cinquantenni). E la vera profondità, ovviamente, si nasconde nella piccola coppia. Nell’altra c’è tanta opulenza, ricchezza, ricerca della perfezione e orgoglio. Ma nulla da ricordare, c’è solo il presente. Tutto quello che cozza contro viene emarginato, o compatito per non turbare questo ordine lineare delle cose.
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