
Un romanzo…da Oscar
Dalla carta al grande schermo e presto in corsa verso l’Oscar
di Laura Dabbene
Per la giuria del premio cinematografico Ophir, l’equivalente israeliano degli Oscar, non ci sono dubbi. La pellicola drammatica Il responsabile delle ricorse umane, realizzata nel 2010 dal regista Eran Riklis, nato a Gerusalemme nel 1954, sarà il candidato di Israele alla prossima edizione del premio hollywoodiano più ambito. Il film è tratto dall’omonimo romanzo della più nota voce narrante del mondo israeliano, Abraham B. Yehoshua, pubblicato in Italia da Einaudi nel 2004, stesso anno dell’uscita in lingua originale con il titolo Shlihuto shel ha-memune al mashave enosh.
In una fase ormai riconosciuta di crisi globale che colpisce drammaticamente il mondo del lavoro, il tema è di grande attualità.
Ma la sfumatura con cui il romanziere, e sulle sue orme sceneggiatori e regista, hanno trattato la vicenda del protagonista fa emergere altre e più complesse problematiche, che scavano nell’animo umano. Il responsabile delle risorse umane in questione, in una Gerusalemme contemporanea, non è semplicemente colui che, a servizio della propria azienda e in maniera il più possibile distaccata ed oggettiva, sottopone i candidati ad un colloquio di lavoro per poi valutarne l’eventuale assunzione, ma prima di tutto un uomo posto di fronte ad un dilemma di coscienza. Premessa allo svolgersi della storia è la morte tragica, in un attentato kamikaze, di una dipendente e l’accusa all’azienda da parte dei media di menefreghismo, considerando che nessun parente stretto della vittima si è mai presentato per reclamare il cadavere.
Rimorso e senso di colpa spingono il manager ad intraprendere un viaggio verso la terra d’origine della donna uccisa, nel tentativo di rintracciare qualche membro della famiglia. Nell’itinerario attraverso il gelo della terra russa, il protagonista affronta un viaggio parallelo nel freddo della propria anima, indurita da un lavoro che lo ha portato sempre di più ad eseguire degli ordini senza umanità, senza valori, ma anche dal fallimento sul fronte sentimentale culminato nella separazione dalla moglie.
Già vincitore del Premio del pubblico a Locarno, lo scorso agosto, il film è certamente drammatico, ma l’intensità della tragedia (l’attentato che riporta in primo piano il conflitto arabo-israeliano, l’insoddisfazione del protagonista, la solitudine, l’anonimato che tutto avvolge) è attenuata sequenze piene di humor, che permettono di sorridere, talvolta anche di ridere.
Dopo il riconoscimento in terra elvetica pare quindi essere giunto il momento di affrontare il salto verso gli Stati Uniti, verso altri giudici, verso altri spettatori. Sarà questo film lo specchio di Israele offerto al mondo, proprio come lo è stato e continua ad esserlo, insieme a tutta la sua produzione narrativa, il romanzo di Yehoshua.
FOTO/ via www.nonsolocinema.com; www.gregcinema.it; http://worldonfocus.wordpress.com