
Gli Ufomammut demoliscono il Bloom di Mezzago: live report
Ufomammut. Un nome più azzeccato non poteva essere inventato per descrivere la musica prodotta da una band che spazia dallo sludge al doom, e che sguazza in territori musicali pesantemente lisergici: la mastodontica pesantezza di un pachiderma, unita al senso di mistero allucinato connesso al concetto di vita extraterrestre, perfettamente rappresentato dall’immagine di un ufo. I pochi fortunati (e saggi) che hanno avuto il piacere di assistere all’esibizione live dei tre ragazzi piemontesi al Bloom di Mezzago (Mb), lo scorso 10 aprile, sono in grado di capire quanto il nome Ufomammut incarni alla perfezione il concetto musicale proposto dal trio.
HORROR VACUI – Per chi non lo conoscesse, il Bloom di Mezzago è uno storico locale brianzolo che fin dal 1987 è sinonimo di grande musica live, avendo ospitato sul suo palco band del calibro di – solo per citare alcuni esempi - Nirvana, Queens of the Stone Age, Kyuss, Primus, White Zombie, Motorpsycho, Fear Factory. Un locale storico e prestigioso, per band che hanno fatto la storia della musica rock. Tuttavia, non appena messo piede in sala, la domanda è sorta spontanea: dove diavolo sono tutti? Il Bloom è apparso semi vuoto e spento, in una serata dove avrebbe dovuto esserci il pubblico delle grandi occasioni. La rassegnazione e la perplessità hanno quindi iniziato a serpeggiare, accompagnati anche da una rinnovata consapevolezza del motivo per il quale molti gruppi stranieri preferiscano evitare la Penisola durante i loro tour europei.
UN VIAGGIO MUSICALE – Lo straniamento dovuto al vuoto in sala (piena per un terzo della sua capienza), si è magicamente dissolto non appena gli Ufomammut sono saliti sul palco, per un’ora e mezza di autentico viaggio musicale. I tre sono apparsi in forma, carichi per l’imminente tour europeo e americano che li vedrà impegnati per i prossimi tre mesi: Vita non ha sbagliato un colpo alla batteria, il gigantesco Poia ha malmenato la sua chitarra per tutta la durata del concerto, partorendo suoni di una pesantezza paragonabile a un ferro da stiro lanciato nel vuoto dal terzo piano di una palazzina; infine Urlo è apparso indiavolato nel suo scapocciare, mentre il suo basso snocciolava grappoli di note che andavano ad affondare colpi letali alla bocca dello stomaco.
COME UN BICCHIERE D’ACQUA – La proposta musicale degli Ufomammut non è certo accomunabile a quella dei singoloni pop radiofonici di tre minuti che affollano le stazioni radio più commerciali: riff pesantissimi e ossessivamente ripetuti; un cantato lancinante e sofferente; un tappeto di subdoli sintetizzatori lisergici; e un drumming che non conosce il significato del 4/4, muovendosi costantemente su tempi dispari. Eppure quella che dovrebbe essere musica di difficile assimilazione, produce in realtà un effetto ipnotico: impossibile staccare gli occhi dal palco; impossibile non ciondolare ritmicamente la testa; impossibile resistere al trasporto generato da una proposta musicale che somiglia tanto a una pratica di stregoneria alla quale è impensabile rimanere indifferenti.
GRAN FINALE – Dopo quelli che sono sembrati venti minuti scarsi, i tre ragazzi hanno lasciato il palco per alcuni minuti prima del prevedibile segmento conclusivo: in realtà è passata più di un’ora dal loro ingresso sul palco, durante la quale gli Ufomammut hanno passato in rassegna praticamente tutto Ecate, settimo (e bellissimo) album in studio, fresco di pubblicazione. L’ultima mezz’ora di live è stata ancor più aggressiva e devastante dell’ora precedente: i tre ragazzi hanno dato tutto quello che avevano, prima di concludere tra gli applausi del centinaio scarso di persone presenti, sui cui volti era nel frattempo comparsa la chiara soddisfazione di aver assistito a un concerto con gli attributi. Analizzare ogni brano singolarmente risulterebbe un’operazione inutile quanto priva di significato. È infatti il concerto nella sua interezza che deve essere giudicato: un autentico viaggio musicale dalle tinte oscure e devastanti, offerto da una band di assoluti professionisti (oltre che persone umili e genuine, rilassate con birra in mano, nello scambiare quattro chiacchiere con i pochi fan rimasti dopo la fine concerto), ormai sulle scene da molti anni e perfettamente a proprio agio in sede live, dove i lunghi brani proposti risultano ancor più efficaci che su disco. Ai tre ragazzi va l’augurio per un tour di grande successo, e a noi non rimane che sperare di vederli presto dal vivo dalle nostre parti. In sintesi: lunga vita agli Ufomammut!
Alberto Staiz
Non un concerto, un’esperienza! Ha comunque riportato alla luce il problema del pubblico italiano, scarso, freddo, col **lo pesante!