
Recensione – Two Mothers, l’incesto secondo Anne Fontaine
Torna oggi sugli schermi italiani Anne Fontaine, la regista di Coco avant Chanel, presentando il suo Two Mothers, un adattamento significativo del romanzo del premio Nobel Doris Lessing, Le nonne, libro che fece storcere il naso a più di qualcuno nell’anno 2006. Dal testo della Lessing, Anne Fontaine acquisisce plot e ambientazione paradisiaca, costruisce con attenzione la fisicità dei suoi personaggi, si piega all’utilizzo di una lingua che non è la sua, ma abbandona le conclusioni romanzate, avanzando una sintesi più vaga e, se vogliamo, più aperta.
Two Mothers, racconta la storia di due spiriti, quelli di Lil e Roz, che vivono in perfetta simbiosi da quando sono bambine e che, anche nell’età adulta, non trascurano l’esclusività del loro rapporto. L’assenza obbligata dei loro mariti (quello di Lil è morto da diversi anni e quello di Roz ottiene un importante lavoro lontano da casa) fa in modo che il fulcro delle loro attenzioni diventi il rapporto con i loro due giovani figli cui le due, lentamente, destineranno vezzeggiamenti quasi naturali, tipici di due donne che scoprono due giovani uomini. Al riparo degli sguardi indiscreti, in un paradiso balneare australiano quasi soprannaturale, gli istinti e le passioni delle madri incontreranno quelle dei loro figli, dando vita a due storie d’amore decisamente fuori dai canoni ordinari.
Protagoniste assolute del film, Naomi Watts (King Kong, Funny Games, Diana) e Robin Wright (The Conspirator, Millenium, The Congres), le due bellissime madri di questa storia, combattute tra la necessità di liberare e il suggerimento morale di comprimere, la passione che l’una scopre per il figlio dell’altra. Tratto da una storia vera, a quanto riportano le parole di Doris Lessing, il racconto del quartetto riesce a intridere la sala di un’atmosfera più maliziosa che sensuale, a cavallo tra il grottesco e lo sfrontato, tanto da alimentare una sensazione di fastidio latente.
Non era facile costruire una storia simile. Ed ha ragione la Fontaine quando dice che due delle primarie difficoltà valutate sono state il bisogno di mantenere la simmetria delle coppie e il giusto ritmo per realizzarla, scansando il rischio della ripetitività delle situazioni e delle dinamiche. Anne Fontaine ci ha provato con il suo fedele Christopher Hampton, con il quale aveva già lavorato in occasione di Coco avant Chanel. Insieme hanno dato vita ad un adattamento spregiudicato, nel quale ogni coppia vive la sua identità, e tra le quali una è decisamente più debole, perché lo spirito di vendetta e di ripicca, sebbene mai dichiarato, è il motore del coinvolgimento tra Lil e Tom, e lo stesso che porterà al ridimensionamento degli equilibri. E se sulla carta la vita di tutti e quattro sembra tornare all’ordine, le conclusioni cercate dalla regia lasciano uno sgradevole sapore in bocca, quello dell’irrimediabilità per qualcosa che emotivamente, e non moralmente, resta indigeribile: è la conseguenza della scelta di due madri che hanno assecondato un capriccio troppo grande dei loro figli.
Nel complesso, Two Mothers è un film nel quale spiccano le bellezze fuori dal comune dei suoi quattro protagonisti, ma che non riesce a sostanziare l’affezione per nessuno dei suoi personaggi, né per quelli di contorno, che si muovono come meteore superflue oltre il quartetto, né per i suoi stessi protagonisti, per i quali si continua a provare un certo senso di antipatia. Non si vuole fare un’interpretazione bigotta del nuovo film della Fontaine, semplicemente bisogna prendere atto che la metafora della vita cui auspicava la regista, ovvero quella del paradiso perduto, sfuma tra le onde oceaniche e i tramonti mozzafiato; le sue donne, per quanto meravigliose, non appaiono che deboli creature, e i loro figli, seppur schiacciati dalla loro perfezione, non sfuggono all’immagine dei poveri disadattati. Per tutti, si ha un po’ la sensazione di una graduale perdita di grazia e fascino, quasi a ricordare la bellezza solo apparente di Dorian Gray.
Ciò che si può riconoscere alla Fontaine è il merito di aver dato al film un tocco fastidiosamente atipico, ma l’uscita fuori dalle consuete linee di confine morale, non conferisce alla sua pellicola il dono automatico della magnificenza, anzi: Two mothers, per quanto intriso di una trama non convenzionale, non evita di annoiare in più punti lo spettatore. Più che un esempio drammatico infatti, il film sembra mettere in scena una tragedia greca; e a poco valgono le battute che vorrebbero suscitare simpatia nello spettatore, perché non vanno oltre il ridicolo fuori posto. È giusto quel che dice Anne Fontaine, ovvero che il cinema è uno spazio nel quale esplorare le zone d’ombra, ma Two Mothers resta un guazzabuglio di disturbi emotivi che, a detta della stessa regista, è proprio quel che si sarebbe voluto evitare.
(Foto: Way To Blue)
Valentina Malgieri
@V_Malgieri