Come Totti nessuno mai: cronaca di un necessario gran finale

La doppietta con il Torino ha riaperto il dibattito: Francesco Totti deve continuare a giocare un altro anno, oppure è questo il momento giusto per lasciare?

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Francesco Totti, un’altra serata brillante in una carriera unica: è il momento migliore per ritirarsi? (foto: 101greatgoals.com)

Venti aprile 2016, Roma, Stadio Olimpico. L’orologio posto sul tabellone segna le 22.26, mentre il cronometro ricorda lapidario che mancano solamente quattro minuti al raggiungimento del novantesimo . Il Torino è avanti sulla Roma per due a uno, mentre i giallorossi beneficiano di un calcio di punizione dalla destra. Luciano Spalletti opera un cambio: esce Seydou Keita, entra Francesco Totti, l’ultima speranza per rimettere in piedi una partita che potrebbe compromettere il raggiungimento degli obiettivi europei dei giallorossi.  Arriva il cross morbido di Pjanic, Manolas la tocca di testa, Totti spunta sul secondo palo in spaccata e corre sotto la curva.

BARRIERE, LACRIME E RIGORI – Certo, se la curva fosse stata piena come ai bei tempi, quando si parlava di colori e – ancor prima – di tamburi, invece che di barriere e divisioni imposte, l’atmosfera sarebbe stata totalmente diversa. Le lacrime della tribuna non sarebbero andate in secondo piano, ma si sarebbero sommate agli abbracci di un popolo che con la Roma e per la Roma ci vive da una vita. Ma torniamo alla cronaca, perchè nel frattempo la Roma si è riportata in avanti e ha conquistato un calcio di rigore per fallo di mano di Maksimovic. Obiettivamente, il braccio era attaccato al corpo, ma, considerati i due rigori netti non dati in precedenza da un arbitro Calvarese tutt’altro che in forma, nessuno si sente in diritto di ricamarci troppo.

LA “GUERRA” CHE FA BENE – Totti non sbaglia, vola a 303 gol in carriera e in tre minuti trasforma una sconfitta dal retrogusto di Europa League in una vittoria che porta la Roma a un passo dalla qualificazione in Champions, con splendida vista sul golfo Napoli, che in fondo non si sa mai. La Roma giallorossa festeggia, il Torino tutto sommato non ha motivi per cadere nello psicodramma, mentre la stampa torna alla carica e si divide tra l’ennesima ricostruzione della carriera di Totti – che vi risparmiamo solamente per non essere ridondanti – e la sua “vittoria” nella “guerra civile di Trigoria” contro Luciano Spalletti. Uno scontro sul quale si è detto tutto, con Roma che si è divisa e prestata a lotte intestine che hanno distolto lo sguardo dall’unica verità che gli ultimi tre giorni hanno messo sul piatto: il rendimento di Totti è la vittoria di entrambi. Con Garcia il capitano giallorosso giocava di più, certo, ma rendeva meno. L’età avanza e la forma fisica inevitabilmente ne risente. Così, la formula usata dal mister di Certaldo, basata sull’utilizzo di Totti come “arma segreta” per rovesciare le partite, funziona. Messi da parte attriti e frizioni, scampoli di partita inutili e conferenze fuori luogo, scontri verbali e, dicono, non solo, la convivenza tra i due dà risultati.

IL NECESSARIO GRAN FINALE – Ma non è questo il punto che divide, o, perlomeno, non è l’unico. A margine del fischio finale Roma si è prestata ad ulteriori frammentazioni, con il ritorno alla carica di chi vorrebbe per Totti un altro anno di contratto, affiancati da quelli che, forse in un’eccessiva condizione di euforia, ne invocano la presenza ai prossimi Europei di Francia. Consapevoli dell’ira funesta che potremmo attirare su di noi con le prossime righe, ciò che possiamo auspicare per Francesco Totti è una gloriosa uscita di scena a fine stagione. Perchè ora è di nuovo in piedi, è riuscito a scrollarsi di dosso quell’immagine di ex giocatore che a Roma campa di rendita, che negli ultimi mesi gli era stata cucita addosso. Perchè si è preso la rivincita di fronte  a quelli che lo vedevano ormai come un campione finito che non si arrende di fronte all’evidenza, a quegli sguardi quasi compassionevoli dei tifosi e agli insulti di chi non aspettava altro, e che comunque, diciamocelo, ha dovuto aspettare parecchio.

Un gol a Bergamo e una doppietta col Torino, e Totti è di nuovo in piedi, ad aggiornare un tabellino personale iniziato a ridosso dei Mondiali americani. Per questo, con la malinconia di chi sà che con lui si chiuderà un’epoca del calcio italiano, pensiamo sia giunto per Francesco Totti il momento dei saluti: di lui rimarranno vent’anni di gol, di amore, di passione, di comportamenti sopra le righe e di esultanze irriverenti. Resterà quel ragazzo, timido e guascone, che si è follemente innamorato della sua città, e che da lei si è lasciato amare. Ma sopratutto rimarrà il capitano che, all’alba dei quarant’anni, è stato decisivo per risollevare ancora una volta la Roma. Amato, odiato, invidiato, Francesco Totti l’avrà spuntata anche quando erano in molti a pensare che non ce l’avrebbe fatta. E, chiudendo in bellezza, eviterà a critici e detrattori, a gufi e avvoltoi, anche l’ultima delle soddisfazioni: non lo avranno mai visto cadere senza rialzarsi.

 

Carlo Perigli

 

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