
Tom Hopper e Les Miserables in formato musical – Recensione
Capita a tutti, quando si commette un errore, di volere una seconda possibilità. Ci sono volte in cui non viene chiesto niente in cambio, altre in cui si viene ricattati ed altre ancora dove si ricomincia senza chiedere il permesso a nessuno e si vive per sempre con l’ansia di essere scoperti. Così è la vita di Jean Valjean, protagonista del musical Les Miserables, ultimo lavoro del regista Tom Hopper, tratto dall’opera ottocentesca omonima scritta da Victor Hugo, la penna francese più illustre di tutti i tempi.
La trama percorre un arco temporale che va dal 1815 al 1832 e parte da Jean Valjean che trova la libertà dopo aver trascorso diciannove anni in carcere per aver rubato un tozzo di pane e poi aver tentato la fuga. Durante il suo pellegrinaggio, Jean si accorge della cruda realtà della sua condizione di ex-galeotto ogni volta che, mostrando il documento che ne dimostra il passato, svariate porte gli vengono chiuse in faccia. Nel trasferirsi dal carcere a Digione, dove deve presentarsi alle autorità per la libertà condizionata, Valjean si ferma a Dignè, dove il vescovo del luogo gli concede cibo e riparo per dormire. Non credendo ormai alla buona fede degli uomini, Jean ruba in casa del vescovo durante la notte per poi fuggire. Le guardie però lo riprendono subito e lo riportano dal vescovo, il quale, invece di accusarlo, afferma di avergli regalato lui stesso la refurtiva e lo rimprovera addirittura di essersi scordato due candelabri d’argento. Congedati i gendarmi, il vescovo perdona l’uomo per il suo gesto, lo consacra a Dio e gli dice di usare il maltolto per fare del bene. Jean, confuso per la carità ricevuta e in colpa per l’azione commessa, matura la decisione di cambiare vita e divenire veramente un uomo migliore: l’unico modo però è nascondere il proprio passato. Otto anni dopo, Valjean ha assunto una falsa identità ed è diventato sindaco e proprietario di una fabbrica in un comune della Francia del Nord. A comandare il corpo di polizia del piccolo centro arriva il rigido ispettore Javert: Valjean lo riconosce come una delle guardie dei tempi della sua prigionia. Il gendarme riconosce Valjean nonostante la nuova identità e lo perseguita, tanto da costringerlo di nuovo ad una vita randagia. Non prima, però, di compiere una missione che si è impegnato a svolgere. Tempo prima Valjean aveva incontrato Fantine, un’operaia della sua fabbrica, licenziata in quanto ragazza madre: fatto increscioso per la morale dell’epoca. Per poter mantenere la figlia Cosette dai Thenardier, malvagi locandieri che usavano il denaro di Fantine per avarizia e non per la bambina, la giovane vende se stessa “pezzo per pezzo”. Venuto a conoscenza dei fatti e sentendosi in colpa per non aver fatto niente prima per la donna, Jean promette a una moribonda Fantine di prendersi cura della piccola. Altri nove anni passano e ritroviamo Jean e Cosette, ormai adolescente, in una Parigi in pieno scontento popolare, con gente pronta a battersi per un’altra rivoluzione. Qui Cosette incontra Marius, rivoluzionario di nobili origini. Tra i due nasce un amore platonico e intenso, a cui Jean si opporrà per paura di perdere l’unico essere che gli abbia dato calore umano. Valjean decide così di raggiungere Marius nelle barricate. Ma la rivoluzione incalza e le cose diverranno più difficili del previsto, tanto da mettere Jean nuovamente alla prova.
Già nei palchi di Broadway dal 1980, il musical ha visto lo schermo cinematografico per la prima volta quest’anno. Molti ricordano i vari adattamenti dell’opera di Hugo: si pensi al film del ’98 di Bille August con Liam Neeson e Uma Thurman, o al film-tv del 2000 di Josee Dayan con Gérard Depardieu. Les Miserables di Hopper (premio Oscar per Il discorso del re) è una fedele riproduzione di quel musical-romanzo. Il cast comprende nomi celebri: Hugh Jackam nel ruolo di Jean Valjean, Russell Crowe interpreta un tormentato Javert di pietra e tutto d’un pezzo; Amanda Seyfried è Cosetta; Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen (già insieme in Sweeny Todd di Tim Burton) sono la coppia dei perfidi, cinici e senza scrupoli Thenardier. La vera regina della pellicola, però, è Anne Hathaway nel ruolo di Fantine: in scena per meno di mezz’ora, esegue una canzone sulla storia d’amore con il padre di Cosette e su come la vita distrugga i sogni in maniera così coinvolgente da rendere pienamente meritata la sua candidatura all’ Oscar come attrice non protagonista. Le scenografie e i costumi sono degni di nota. Appena uscito nelle sale, il film già aveva creato un lungo schieramento di critici e stroncatori.
Molti critici non si sono fatti scrupoli nel giudicare male il film: è stato detto che non decolla, che non è fedele all’opera per via di anacronismi e che le canzoni rasentano troppo il recitativo e meno la canzone stessa. Purtroppo alcune cose sono vere, come alcune canzoni e alcuni anacronismi. Ma la sufficienza è superata comunque e di molto.
Gli interpreti ci sono tutti e reggono bene la scena. Il finale dell’opera piace a chi lo conosceva e commuove chi non lo conosceva: già questo lo rende fedele, a nostro avviso. La figura di Jean è dominante, come deve essere, con la sua bontà e redenzione. Esistono due tipi di antagonisti nell’opera, ed entrambi perfettamente equilibrati. Se si prende in considerazione come antagonista Javert, lo si trova perfettamente ossessionato e inflessibile; se invece spostiamo l’attenzione su i Thenardier, ne viene offerta una visione di gente senza ritegno e priva di scrupoli. Per chi afferma, senza peli sulla lingua, che un musical su un’opera così maestosa è quasi una bestemmia, bisogna ricordare che Tom Hopper si ispira all’ opera di Broadway e non direttamente al romanzo. L’originalità va premiata e, come diceva Hugo: «Sappiamo che esiste una filosofia che nega l’infinito. C’è anche una filosofia classificata patologicamente, che nega il sole. Questa filosofia si chiama cecità».
Francesco Fario
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