Tiziana Cantone schiacciata dal peso del web: video e parodie insostenibili

Tiziana Cantone uccisa dall'umiliazione dei social per un video hard finito sul web a sua insaputa

tiziana-cantone

Tiziana Cantone (napoli.fanpage.it)

NAPOLI- Una morsa che stringe la gola, forte, quasi da non far più respirare,quasi una metafora della sua condizione da due anni, dopo essere stata sbeffeggiata dal web per un video privato, diventato invece di dominio pubblico. Così Tiziana Cantone ha messo fine alla sua breve vita, a 31 anni, stretta in un foulard, da sola, in uno scantinato cercando di non far rumore, dopo tutto il polverone che le si era scagliato addosso che non è riuscita a sostenere, sebbene avesse ottenuto la possibilità di poter cambiare vita, nome, città, ma certe ferite non riescono a rimarginarsi semplicemente nascondendosi. 

IL MACELLO MEDIATICO- «I giornali di oggi serviranno a rivestire l’interno delle pattumiere di domani» recitava Hugh Grant nel film Notting Hill, cercando di rassicurare l’amica Anna (Julia Roberts) finita sui giornali per la propria vita privata, ma evidentemente il mondo social non perdona e non dimentica! Anche dopo la morte di Tiziana continuano a girare gli incriminati video, le parodie, ma la cosa più grave è deleteria è che l’autore di tutto ciò non ha né un volto, né un nome, mentre il viso di Tiziana, i suoi dati personali e i suoi atti più intimi che avrebbero dovuto restare nell’ombra e tra le due persone invece di essere data in pasto ad un mondo troppo crudele e che trova più semplice scagliarsi contro una persona nel modo più gretto e nefando, senza nessuna pietà. Chi non ha, anche solo per goliardia, citato tra gli amici la squallida e triste frase:«Stai facendo il video? Bravoh!» Non si sono lesinati video parodia, meme, fumetti, non si sono risparmiati commenti volgari, crudeli, vergognosi, nessuno, pur di avere i famosi 15 minuti di celebrità, like, si è tirato indietro in questa vergognosa fiera della vanità, nel vecchio gioco, primariamente maschile di chi la spara più grossa. E anche i mass media: giornali, web giornali, siti, sono i principali inquisiti! Nessuno è innocente quando la vita di una ragazza è stata messa alla berlina, ridicolizzata e rovinata così! Tutti cercano dei colpevoli, tutti accusano tutti, nessuno vuole assumersi le sue responsabilità.

LA SENTENZA NON RISPETTATA- Perché, sebbene il giudice Monica Marrazzo del Tribunale di Napoli abbia predisposto la sentenza per la quale Facebook  sarebbe stato condannato a rimuovere «ogni post o pubblicazione contenente foto e video o apprezzamenti riferiti alla persona ricorrente», i video non sono diminuiti, ma aumentati in maniera esponenziale?  Risulta che la ragazza, benché li avesse spediti consapevolmente ad amici, non aveva mai dato alcun consenso alla loro diffusione. Il giudice ha concesso i benefici dell’art. 700: «L’ immediata cessazione e rimozione di ogni post contenente immagini o apprezzamenti riferiti specificamente alla persona ricorrente».  L’ordine però evidentemente non riguarda i video incriminati perché la policy di Fb sui filmati hard è molto stringente: immagini di quel tipo non circolano mai sul social network più diffuso, ma in questa occasione il video è diventato virale, è stato ripreso da profili, pagine, testate, indicizzato da Google, insomma, nessuno ha potuto esimersi dalla visione di questo scempio. Tutti hanno riso, adesso tutti si sono indignati per questo gesto, alcuni addirittura (mass media inclusi) additano altri, ma chi ha commesso tutto questo è ancora impunito e a piangere è ancora una volta Tiziana e la sua famiglia.

DIRITTI NEGATI- Gli sciacalli ancora continuano a fare ironia sulla vicenda, i video non sono stati cancellati, né i meme e tutte le stupide e facili ironie nonostante questo modo di agire abbia comportato la morte di una ragazza. Tiziana non ha avuto nemmeno la possibilità del diritto all’oblio, cioè una garanzia a non restare indeterminatamente esposti ai danni ulteriori che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all’onore e alla reputazione, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all’informazione. Analogo principio è stato applicato anche a personaggi che hanno avuto grande notorietà».

Siamo tutti colpevoli di questo triste epilogo e siamo complici di chi ha commesso questo omicidio mediatico. Siamo complici quando a scuola i cosiddetti bulli maltrattano i più deboli e liquidiamo la vicenda con una banale frase:“Sono ragazzi, sono cose da ragazzi”, mentre il peso delle parole di quei piccoli mostri, vittime anche loro di un mondo sottomesso agli stereotipi e all’apparenza, rovinano l’esistenza delle vittime di prese in giro, foto ridicole, giudicate da chi è più debole di loro, ma deve ingrandire il suo ego a spese altrui.

Siamo colpevoli perché quando una ragazzina viene stuprata invece di condannare questo atto indegno, viene gridato ai quattro venti che se l’è andata a cercare, siamo aguzzini perché se una ragazza assume lo stesso comportamento maschile è una poco di buono, mentre il maschio, può permetterselo.

Siamo colpevoli quando una ragazzina si butta giù dal balcone perché i suoi compagni hanno diffuso suoi video e ridono allegramente, mentre i genitori dovrebbero responsabilizzare i propri figli prima di attrezzarli di dispositivi che possono rischiare di uccidere altri, dovrebbero far capire ai figli che essere diversi non è sbagliato, ma bisogna far capire le ricchezze delle differenze e condannare i pregiudizi.

Siamo complici perché quando i social hanno diffuso questo filmato, invece di segnalarlo e indignarci per la privacy di questa ragazza abbiamo riso, quasi compiaciuti e apostrofato la ragazza nei modi più beceri, perché Tiziana è stata definita “troia” , “zoccola” e molti altri epiteti, ma nessuno ha pensato a che razza di bestia è la persona che ha diffuso tutto questo? Perché lui non è lo stesso? Mi vergogno di vivere in una società dove la donna perché ha pulsioni sessuali, come un uomo, è una poco di buono, mentre l’uomo non ha un corrispettivo per essere apostrofato allo stesso modo! Fare sesso non è una colpa, è un reato fare slut shaming, sbattere sul web momenti privati, umiliare una persona, rovinarle la vita e indurla ad un atto così estremo, farle credere di essere inadeguata perché la sessualità in questo Paese è ancora vista come demanio maschile, mentre la donna deve interpretare un ruolo che non le permette di esercitarla per genere. Non andava punita Tiziana e tutte le donne ogni giorno sottoposte a violenze fisiche, verbali, a commenti indecenti, anche per il modo di porsi, vestirsi, ma l’artefice di questo omicidio che con un banale “Condividi” ha creato una macchina del fango spietata.

Mariateresa Scionti
@marysha87

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2 Risponde a Tiziana Cantone schiacciata dal peso del web: video e parodie insostenibili

  1. avatar
    xalira 14/09/2016 a 17:44

    Vi riporto al vostro stesso articoli di maggio 2015: https://t.co/ho9d1CeE37

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  2. avatar
    Rico 15/09/2016 a 22:46

    Ottimo, Xalira.

    Rispondi

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