
Nei meandri della tensione diplomatica tra Venezuela e Usa
Caracas – Complotto contro il Governo. Questa è l’accusa con la quale il presidente Venezuelano Nicolas Maduro ha annunciato l’espulsione di Kelly Keiderling, Elizabeth Hoffman e David Moo, diplomatici in servizio presso l’Ambasciata statunitense di Caracas, in occasione del duecentesimo anniversario della battaglia rivoluzionaria dello Stato di Falcon.
Che ciò possa rappresentare un rigurgito nazionalista, carta tanto amata dal predecessore Hugo Chavez, non è totalmente da escludere. Infatti, il richiamo al nazionalismo del presidente avrebbe la funzione di ritrovare la coesione nel tessuto sociale venezuelano che oggi, più che mai, è attraversato da una profonda crisi economica.
Ma, come nella maggior parte dei casi, ci sono più condizioni capaci a realizzare un determinato evento e la crisi diplomatica che corre sul filo Caracas-Washington non ne è esclusa.
Infatti è possibile ritenere che, unitamente a quanto sopra riportato, l’irritazione verso Washington del presidente Venezuelano sia anche conseguenza di una recente “scortesia” internazionale ad opera degli Stati Uniti. La scorsa settimana, l’aereo presidenziale diretto a Pechino, su cui era a bordo Nicolas Maduro, dovette subire un’inaspettata modifica al piano di volo quando lo Stato di Puerto Rico, territorio statunitense nel Mar dei Caraibi, gli rifiutò il sorvolo dello spazio aereo.
Nicolas Maduro, che si stava recando in Oriente per chiedere un prestito economico per l’economia venezuelana, non ha digerito l’intrusione statunitense che, probabilmente, era già a conoscenza dell’amara missione venezuelana. Ma non è la prima volta che il Venezuala batte cassa a Pechino. Nonostante il primato sudamericano nel campo delle risorse energetiche, ad oggi, i rapporti di credito della Repubblica Popolare Cinese nei confronti del Venezuela ammontano a circa cinquanta miliardi di dollari.
Possibile che questo colosso con le gambe di cristallo stia mostrando inesorabili segnali di cedimento e paghi soprattutto l’assenza del compianto Hugo Chavez, unica figura accentratrice capace di galvanizzare e sostenere il “fronte interno”?
Tutto ciò spiegherebbe l’innalzamento della tensione dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti da parte dello stesso Nicolas Maduro il quale si trova a fare costantemente i conti con l’ombra del suo predecessore che, come il più consumato degli attori da palcoscenico, era capace di gestire crisi politiche ed economiche con il carisma della sua personalità.
Intanto, la reazione di Washington all’espulsione dei tre diplomatici statunitensi non si è fatta attendere più di tanto. Oltre alle formali contestazioni diplomatiche, nelle quali vengono rispedite al mittente le accuse di un qualsiasi coinvolgimento dei diplomatici statunitensi ad un asserito complotto volto a destabilizzare il governo di Caracas, nella giornata odierna il Dipartimento di Stato, nella persona del portavoce Jen Psaki, ha informato l’incaricato di affari venezuelano e altri due rappresentanti diplomatici negli Stati Uniti che la loro permanenza sul territorio statunitense non è più cosa gradita e, di conseguenza, li ha costretti a lasciare il Paese per fare ritorno in Sudamerica.
È evidente che tutto ciò rappresenta la conseguenza dello scontro politico-ideologico tra i due Paesi e, fino a quando il contrasto verrà mantenuto sul piano diplomatico, i diplomatici sul campo rappresenteranno le uniche vittime sacrificate in questo “risiko” su scala mondiale.
Con tutta probabilità il conflitto tra Caracas e Washington verrà mantenuto nel campo della diplomazia e la reazione del Dipartimento di Stato altro non ha fatto che aiutare il presidente Maduro a rafforzare il consenso popolare attorno all’esecutivo. D’altra parte Washington non avrebbe potuto fare diversamente.
Il presidente Maduro, ancora particolarmente insicuro nella conduzione del Paese, preferisce navigare nella scia solcata dal suo predecessore e la mossa delle espulsioni degli statunitensi rappresenta un gesto di continuità nella gestione del potere proprio dello stesso Chavez. Non ci è dato modo di sapere se all’occorrenza, nei prossimi mesi, assisteremo a nuove espulsioni del personale diplomatico statunitense ma, negli interessi degli Washington, è opportuno che qualcuno avvisi il Dipartimento di Stato che in Venezuela non vale il detto “Ambasciator non porta pena”. O magari se ne sono accorti da molto tempo prima di noi.
Marco D’Agostino
F0to: formiche.net, latino.foxnews.com