
Supercar in Oriente: in Giappone le distruggono, in Thailandia le creano. False
Aggiunto da Francesco Colombo il 07/12/2011.
Tags della Galleria Motori
Tags: fake cars, ferrari, granturismo distrutte, incidente giappone costoso, macchine false, maurizio barbuto, peugeot, porche
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Come venire in soccorso dei 13 autisti coinvolti nel maxi incidente più costoso del mondo? Semplice, suggerendogli di recarsi presso l’officina di Chris Pongpitaya.
Le immagini dello scontro avvenuto sull’autostrada giapponese di Chugoku Expressway a Shimonosheki, in direzione di Hiroshima, hanno fatto il giro del mondo, visto il pesante scontrino che ha dovuto presentare il carrozziere ( oltre tre milioni di euro) ai mancati piloti. Otto Ferrari, una Lamborghini, tre Mercedes e due Nissan: queste le supercarcoinvolte.
Le autorità sospettano che l’incidente sia la conseguenza di una corsa clandestina finita nel peggiore dei modi (a pochi chilometri era in corso un Motorshow), complice anche l’asfalto reso scivoloso dalla pioggia. In caso di responsabilità, i 13 automobilisti (dei quali 10 hanno riportato ferite lievi) rischiano una multa di 1000 euro e tre anni di reclusione.
Ammettendo che gli incoscienti piloti rientrino in possesso della loro patente in tempi brevi, ecco un modo per tornare in possesso immediatamente (o quasi) della loro fuoriserie. A motore spento e in garage, gli amici schiatteranno sicuramente di invidia.
A Bangkok infatti, in Thailandia, Chris Pongpitaya ha allestito un vero e proprio laboratorio dei sogni, realizzabili con migliaia di Baht in meno. “Impossibile distinguere le differenze da un’originale alla prima occhiata” ha commentato orgoglioso il capogarage, che ha un passato come dipendente della Porsche. Ed effettivamente il risultato è sorprendente.
Chris parte da un’auto comunissima, rifinendo e modificando completamente il telaio, rendendolo il più simile possibile alla fuoriserie desiderata. Contemporaneamente vengono realizzati gli interni. A lavoro finito, possiamo ammirare strabiliati una F5o, ma con l’anima di una Peugeot. Oppure una Opel vestita da Aston Martin. Ovviamente il trucco cade non appena viene girata la chiave, momento nel quale esplode la potenza di un motore dai cavalli… zoppi.
Famoso in tutto l’Oriente, Pongpitaya non teme di infrangere la legge, dato che non applica il marchio della casa automobilistica sulle sue opere, realizzando un mercato davvero florido di auto “contraffatte”, complice i permissivi statuti Thailandesi.
E c’è chi, in Italia, ha seguito le orme di Chris : è stato recentemente assolto Maurizio Barbuto, carrozziere di Castellamare del Golfo (Trapani) che aveva prodotto nella sua officina repliche delle monoposto guidate da Alonso e Massa.
L’autore della “Barbuto Cars” ha vinto la battaglia legale (che durava da sei anni) sottolineando, come Pongpitaya, che le sue non erano realizzate come Ferrari, bensì Barbuto. Solo ad acquisto avvenuto spesso i clienti applicavano il logo del Cavallino Rampante, pavoneggiandosi di aver chiesto al loro amico Luca Cordero, una gentile concessione dalle sue scuderie.
Dimenticatevi i piccoli mercatini con le Gucci e le Prada in bella mostra, qui la cosa è seria. Borse, maglioni, felpe e adesso anche Ferrari e Porsche vittime del “Made in China”. E non si capisce se sia frutto di genio o di tristissima voglia di imitazione. Ma forse entrambi.
Francesco Colombo