
‘Suffragette’, il cinema racconta la lotta per la parità
Il ruolo della donna, nella società moderna, è stato forse uno di quelli che ha subito più modifiche. La condizione femminile, infatti, è passata, nell’arco di un solo secolo, da mero sostegno a parte attiva ed integrante della società. Un salto non da poco, che è costato anni e anni di lotte e proteste, durante le quali molte donne hanno pagato il proprio impegno alla causa comune con il sangue, il carcere, la reputazione e persino la vita. Il primo tassello è stato quello del diritto al voto, le cui esponenti venivano chiamate ‘suffragette’ (da suffragio, cioè il diritto di voto). Ed è a loro, esponenti del femminismo, che è dedicato l’ultimo film di Sarah Gavron intitolato appunto Suffragette, con Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Anne-Marie Duff e il premio Oscar Maryl Streep.
VOTO ALLE DONNE – Londra 1912. Il Titanic nasce e tramonta durante il suo primo viaggio. La metro subisce il suo primo incidente. Il governo e la società, però, sono distratti anche da altro. Un movimento femminile e femminista, che coinvolge una parte della popolazione londinese, composta in gran parte da donne (ma non solo), chiede un cambio della carta costituzionale, dando alle donne la possibilità non solo di votare ma anche di avere la parità di diritti degli uomini. Un’idea che lentamente coinvolge Maud Watts (Mulligan) la quale, da ‘onesta’ e sfruttata lavoratrice, madre e moglie, diviene parte sempre più attiva del movimento. Conoscendo varie personalità, dalla collega Violet (Duff) che la introduce nel movimento, alla farmacista Edith (Bonham Carter) che organizza progetti e proteste, passando per donne che hanno fatto la storia come Emily Davison (Natalie Press) e Emmeline Pankhurst (Streep), Maud cambia radicalmente la sua vita, anche pagando prezzi molto alti, osservando realtà che non hanno altra soluzione che essere cambiate; dove lei e le sue compagne dovranno fare di più che alzare la voce e andare in carcere per ottenere un risultato.
IL SESSISMO – Suffragette è un film dalle chiare intenzioni. Il perno di tutto è, ovviamente, la figura della donna, che viene derisa, additata, criticata e maltrattata dalla società che la circonda. Figure deboli e forti si incontrano in un periodo dove i cambiamenti erano all’ordine del giorno, ma dove il sangue non costava niente. Una pellicola dove la regista cerca di mostrare una visione del periodo non oggettivo, ma volontariamente femminile. Una visione che si capisce non dalle protagonista, ma dal modo in cui vengono descritti e mostrati gli uomini. Si mostrano quelli senza scrupoli, i codardi, altri che combattono insieme a loro, gli insensibili e gli invisibili. Una tavolozza di caratteri che passa da coloro che chiudono le mogli per paura che possa essere la loro ultima protesta poiché queste stanno male, agli agenti che picchiano le manifestanti. Un sessismo che parte però dalle stesse donne: molte infatti, seguendo il ben pensiero, giudicano e additano coloro che cercano la parità di diritti.
IL RUOLO DEL BUIO - Particolare attenzione va data all’uso della luce. Si nota un uso frequente di scene scure o dove la luminosità poco presente. Il significato è palese. Utilizzando lo stratagemma della clandestinità delle riunioni delle protagoniste, la regista dà vita ad un’atmosfera che crea una Londra buia in tutti i sensi. In poche scene, in particolare in una, regna effettivamente il sole. Durante la pellicola, l’atmosfera è grigia, insicura, da definire: proprio come la condizione delle donne in quel periodo.
LE INTERPRETI - Un capitolo a parte, ovviamente, merita il commento riguardo le interpreti. Carey Mulligan gestisce bene la parte della protagonista, mostrando un personaggio quasi piatto e rassegnato, eccetto quand’è con il figlio, fino a trovare grinta e passione durante le lotte, costeggiandole ad una malinconia e una tristezza per le sue vicende famigliari. La Streep nel suo cammeo è perfettamente a suo agio: dopo aver interpretato Margareth Thatcher, un discorso della Pankhurst è una passeggiata per lei. Applausi invece per Helena Bonham Carter, che gestisce un personaggio non semplice, caratterizzato dalla forza, dalla sete di giustizia, dalla grinta e la tenacia, espresse però con raziocinio e calma: emozioni che non si mischiano bene alle prime. L’attrice però riesce perfettamente a mostrare una donna di esperienza, decisa e coraggiosa.
Il film è Suffragette da vedere sicuramente, da 3 stelle su 5. Una pellicola che, soprattutto in Italia, fa tornare alla mente l’annosa questione del ruolo della donna, specialmente in una società dove il femminicidio è all’ordine del giorno. Un film consigliato soprattutto ai giovani, magari accompagnati dai genitori: non perché devono ‘proteggerli’ da possibili scene cruente, ma per creare una coscienza.
Francesco Fario