Strage di Natale: se Riina viene assolto, allora chi è stato?

La Corte d'Assise di FIrenze ha assolto Totò Riina dall'accusa di essere mandante della strage del Rapido 904. Secondo i giudici possibile "coacervo di interessi convergenti"

riina

Il Rapido 904 dopo l’esplosione avvenuta nella Grande Galleria dell’Appenino (fonte: antimafiaduemila.com)

Non ci fu Totò Riina dietro la “strage di Natale“, l’attentato che colpì il Rapido 904 la sera del 23 dicembre 1984, causando la morte di 17 persone. Così ha deciso la Corte d’Assise di Firenze, che, assolvendo il superboss, all’epoca a capo di Cosa Nostra e latitante, ha stabilito che «non può escludersi che abbia trovato coagulo un coacervo di interessi convergenti di diversa natura», nella decisione, organizzazione ed esecuzione della c.d. “strage di Natale”.

ASSENZA DI TESTIMONIANZE – Alla base dell’assoluzione i giudici hanno stabilito che nessuno tra i vari collaboratori di giustizia ascoltati come testimoni nel corso del processo «era a conoscenza che la strage fosse riconducibile a un mandato, istigazione o consenso di Riina». In altre parole, come si legge nella sentenza, la strage «indubbiamente giocava a favore della mafia, ma non ne recava l’impronta politica». Un ragionamento che arriva a conclusione partendo dal modus operandi, che colpì in maniera «feroce e del tutto indiscriminata inermi cittadini», seguendo «una logica squisitamente terroristica», che «l’evoluzione storica [dell'agire mafioso] pare smentire».

RESPINTA LA TESI DELLA PROCURA – Viene così respinta la tesi avanzata dal pm Angela Pietroiusti, che aveva inquadrato la strage del Rapido 904 come punto di partenza di un escalation che avrebbe poi trovato il culmine nelle stragi che costarono la vita ai giudici Falcone e Borsellino. Una teoria sostenuta dalla testimonianza di Giulio Vadalà, dirigente della polizia scientifica, secondo cui il materiale esplosivo utilizzato in quell’occasione «era dello stesso tipo utilizzato nella strage di via D’Amelio, ma ci sono delle analogie con i materiali utilizzati nella Strage di Capaci e le stragi del 1993 a Roma, Milano e Firenze».

IL CAPO DEI CAPI NON SAPEVA – Con le condanne diventate definitive nel 1992, per la strage di Natale vennero condannati Pippo Calò, Guido Cercola, Francesco Di Agostino, e l’artificiere tedesco Friedrich Schaudinn, mentre l’ex parlamentare del Msi Massimo Abbatangelo veniva condannato per detenzione di esplosivo insieme a quattro esponenti della Camorra. Con questa decisione il tribunale ha stabilito di fatto l’azione “spontanea” di Calò, indipendente dalle richieste di Riina, forse anche grazie alle sue «relazioni collaterali» con la Camorra e con l’estrema destra. «Questo – hanno concluso i giudici – avvalora il dubbio che [Calò] non abbia avuto l’impulso, autorizzazione o consenso di Riina». Una strage studiata e realizzata senza interpellare il Capo dei Capi, all’apice del suo dominio su Cosa Nostra. Ma se Riina veramente non sapeva, con chi si confrontò Calò per progettare quella sanguinosa strage?

 

Carlo Perigli

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