
Spectre, ’1984 movies’. La catarsi dell’oblio elettronico
'1984 movies', il nuovo ep di Aldo Sulotto, in arte Spectre, è un buon esempio di come la techno-dance, se fatta bene, può aprire nuove porte di percezione
In Italia non è solo il cosiddetto indie rock ad essere meritevole di osannata considerazione. In Italia ci sono una miriade di band e artisti solitari che osano, sperimentano, tentano di percorrere strade molteplici, eterogenee e variegate senza porsi problemi né limiti, men che meno calcoli di tornaconto relativo a seguaci più o meno intressati, più o meno svegli, più o meno capaci di capire.
Che siano chiusi nelle loro camerette adibite ad home recording o grondandi sudore in cantine o piccoli studi di registrazione di periferia, queste personalità artistiche forse neanche si rendono conto di essere un simulacro di paradigma, gli artefici di un modus operandi sinonimo di ultima infinita spiaggia rivolta verso un qualunque sbocco ideologico e contenutistico, oltre che unicamente sonoro. Cosa c’è di ideologico o contenutistico in un ep di elettronica techno-dance-funk in stile ’80-’90? La volontà di farlo e la concretezza dell’averlo fatto.
UN CATACLISMA DI VENTI MINUTI - Volete ballare? Prego, accomodatevi. No, non sono affatto David Guetta. No, nemmeno Bob Sinclair. Mi chiamo Aldo, in arte Spectre, vengo da Torino e vi propongo un viaggio fulmineo, lacerante, un cataclisma di venti minuti o poco più. Se volete accomodarvi, sappiate che forse ne uscirete diversi.
Sembra essere questa una parvenza di assunto che il buon dj piemontese Aldo Sulotto, attraverso le cellule elettriche del suo notevolissimo progetto Spectre, scolpisce a caratteri dorati sulla lapide del mero consumo di massa, partendo proprio dai suoi spunti più commercialmente abusati per modellare a proprio piacimento una riscossa energica che non può passare troppo inosservata in un calderone indistinto di melassa stroboscopica. Qui si balla, certo, ma si balla sul serio. E cos’è il ballo, la danza o qualunque altro simile movimento corporeo se non (anche) una sorta di catarsi psicofisica contenente una richiesta di aiuto (sia essa di evasione o di accompagnamento)?
1984 movies – questo il titolo del nuovo coinvolgente ep a nome Spectre del dj torinese – un aiuto del genere lo propone a chiunque voglia spegnere lo smartphone e aprire la mente ad ogni possibilità eterea e aleatoria. Dalla dance al synth pop delle origini, da spunti funk a pulsazioni techno-rave più selvagge, 1984 movies si muove di catarsi in catarsi attraverso elettroni solo apparentemente sguinzagliati a piacimento, nella realtà dei fatti molto ben architettati e inclini a matrimoni melodici tutt’altro che fuori luogo.
UN CORPUS DI SENSAZIONI – Se un incipit come quello riservato a Electro riesce a regalarsi una collocazione stilistica molto chiara e precisa (Daft Punk su tutti, anche nella parvenza simil-robotica), il suo seguito, Overdrive, comincia subito a mescolare le carte in tavola proponendo direzioni più techno-house alla Underworld. Spetta alla emotivamente tellurica title track 1984 movies, invece, il compito di calare il carico e spostare il tutto nei paraggi degli universi rave e drum and bass più ipnotici e claustrofobici. A Lust, invece, è riservato un trattamento solidamente minimalista ma, al contempo, perfettamente incline tanto alla melodia quanto al trip allucinogeno più profondo e ossessivo. In questo frangente, forse, non è blasfemia riportare alla mente certe condizioni soniche intavolate dallo Steven Wilson di Voyage 34 a nome Porcupine Tree, se non altro nell’incedere psichedelico delle (poche) note sui beat primordiali di alcune delle fasi di cui si fregiava il gioiellino wilsoniano di primi ’90. A Oh! Eh!, infine, spetta il non facile compito di ristabilire un certo ordine riguardante un recupero techno-rave ma, stavolta, incrementato da fattezze mefistofeliche alla Prodigy di The fat of the land.
OSARE, SPERIMENTARE, TENTARE – Si legge sul sito ufficiale del progetto Spectre che portare dal vivo un minialbum come 1984 movies – che comunque non relega affatto a demerito Miami, il suo predecessore – significherà portare in scena anche generatori di rumore al fianco di dj set e computerizzazioni: insomma osare, sperimentare, tentare di percorrere strade molteplici, eterogenee e variegate senza porsi problemi né limiti, si diceva.
Voto: 7
Stefano Gallone
@SteGallone