
Settimana della Letteratura in Carcere, evasione da un disastro
Dal 12 al 17 maggio i detenuti italiani potranno confrontarsi e dialogare con sessanta scrittori, in occasione della Settimana della Letteratura in Carcere
Dal 12 al 17 maggio sessanta scrittori italiani si recheranno nelle carceri nazionali per dialogare con i detenuti, in occasione della Settimana Nazionale della Letteratura in Carcere.
SETTIMANA NAZIONALE DELLA LETTERATURA IN CARCERE – Organizzata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, l’iniziativa è stata presentata lunedì 5 maggio durante una conferenza stampa alla quale hanno partecipato Giovanni Tamburino, capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, gli scrittori e testimonial del progetto Romana Petri e Francesco Piccolo, l’ideatore dell’iniziativa nonché scrittore Marco Ferrari e il direttore di Radio3, Marino Sinibaldi. Durante la presentazione, il ministro Orlando ha detto che «la Settimana Nazionale della Letteratura in Carcere vuole dare visibilità e concretezza al rapporto tra carcere e cultura e alle tante esperienze che in tempi e modi diversi si svolgono negli istituti italiani». Poi ha continuato dichiarando come iniziative simili ricordino il principio costituzionale di finalità rieducativa della pena.
Iniziativa a costo zero, la Settimana Nazionale della Letteratura in Carcere vuole diventare, anche secondo il coordinatore dell’iniziativa Marco Ferrari, un percorso per umanizzare le carceri italiane e, guardando la disponibilità di tanti narratori nazionali al progetto, pare che la responsabilità di scrittura e lettura per liberarsi dallo spettro dell’esclusione sociale sia una consapevolezza di molti.
L’iniziativa della Settimana della Letteratura segue una tendenza sempre più diffusa nelle carceri, in cui, secondo il Ministero della Giustizia, negli ultimi anni si sono diffusi progetti e convenzioni fra biblioteche carcerarie e sistemi interbibliotecari del territorio, che consentono ai detenuti la possibilità di accedere ai cataloghi delle biblioteche cittadine: le biblioteche delle carceri, inoltre, spesso ospitano scrittori per presentazioni di libri, corsi di formazione per bibliotecari, conferenze sulla letteratura e la scrittura, momenti di approfondimento su tematiche sociali e culturali.
La Settimana della Letteratura in carcere vorrebbe essere un percorso risocializzante per i detenuti e gli autori che vi parteciperanno saranno impegnati in una serie di incontri in cui illustreranno ai carcerati le loro opere, il loro modo di scrivere, il genere letterario cui si ispirano e presenteranno loro un’opera della storia della letteratura alla quale si sentono particolarmente legati. Contemporaneamente, gli autori raccoglieranno le impressioni a caldo vissute nel corso di questi incontri e le trasformeranno in un racconto a più mani, da scrivere insieme ai carcerati che sarà poi pubblicato sul sito del ministero della Giustizia.
Ciascuno scrittore ha scelto un carcere e – come ha spiegato Ferrari – si pagherà da solo la benzina per arrivarci. Marcello Fois si recherà nel carcere di Bologna, Gianrico Carofiglio in quello di Bari, Alessandro Mari dialogherà con i detenuti di Monza, Marco Rovelli con quelli di San Vittore, Pietro Greco con i detenuti del carcere di Livorno, Darwin Pastorin con quelli di Torino, Paolo Di Paolo con i carcerati dell’istituto penitenziario di Latina. Francesco Piccolo, uno dei testimonial dell’iniziativa, ha scelto la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, e ha detto: «Ci entrerò con una penna e un quaderno, parlerò della mia esperienza di scrittore a persone che vogliono scrivere magari per provare a lenire il dolore della detenzione o anche per raccontare la propria innocenza».
LE CONDIZIONI DEI DETENUTI ITALIANI – Quella della Settimana della Letteratura in Carcere appare come un’ iniziativa di grande valore, valore sociale e umano, tanto più se si considera che tra i detenuti è molto diffusa una scrittura spontanea che nasce probabilmente dal bisogno di comunicare se stessi e con se stessi e talvolta sorprende scoprire che a scrivere sono persone che non lo hanno mai fatto prima e che, spesso, non hanno terminato neanche la scuola dell’obbligo. Probabilmente i detenuti scrivono – e leggono – per sopravvivere alla detenzione.
Detenzione mai facile in Italia, spesso disumana. Non a caso, il prossimo 28 maggio scade il termine imposto dalla Corte di Strasburgo per ristabilire condizioni di vita dignitose per i detenuti degli istituti penitenziari italiani. Entro fine mese Orlando dovrà quindi convincere l’Europa che sulle carceri l’Italia sta cambiando rotta se vorrà evitare nuove sanzioni per il sovraffollamento carcerario, già condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
È del 29 aprile 2014 la pubblicazione del rapporto sulle carceri della Corte d’Europa, denominato Space I, nel quale si legge che solo la Serbia è peggio dell’Italia per sovraffollamento delle carceri in Europa. Il nostro Paese risulta avere 145 detenuti per ogni 100 posti disponibili. Sono la Liguria (169,9 percento), la Puglia (158,1 percento), l’Emilia Romagna (155,9 percento) e il Veneto (153,4 percento) le regioni italiane dove si registrano le punte più alte di sovraffollamento. In totale, per 64.047 detenuti stimati dall’ultimo censimento a fine novembre 2013, sono disponibili solo 37mila posti letto.
ANALISI DI UN DISASTRO – Il sovraffollamento porta inevitabilmente a vivere 24 ore su 24 in celle fatiscenti di pochi metri quadrati spesso senza ricambi di luce e aria. Una condizione disumana che accentuerebbe in chiunque gli istinti violenti o depressivi e che, di certo, non fa sperare in un recupero sociale. A maggior ragione se non si può neanche lavorare: solo il 17,5 percento dei detenuti presenti nelle carceri italiane lavora negli Istituti per l’Amministrazione penitenziaria, ovvero poco più di 11.500 persone. Sono ancora meno i detenuti che lavorano in quelle case circondariali dove non si ricorre al “frazionamento”, cioè all’impiego di più detenuti per periodi di tempo molto brevi per poter consentire anche agli altri, a rotazione, di lavorare.
Poi ci sono circa 2.200 detenuti che lavorano per aziende fuori dalle strutture carcerarie, ma solo in Lombardia (39 percento), in Veneto (24,8 percento) e nel Lazio (10 percento). Nelle restanti regioni italiane le aziende che danno lavoro a detenuti sono inesistenti.
LA SALUTE DEI DETENUTI – Circa il 41 percento dei detenuti in Italia ha meno di 35 anni, soprattutto a causa dei detenuti stranieri, ma nonostante questo i detenuti presenti nelle nostre carceri non sono in buone condizioni di salute. Non esistono dati nazionali affidabili, tuttavia sappiamo che nelle carceri toscane sono malati il 73 percento dei detenuti, e non c’è motivo di ritenere che altrove le cose stiano in modo diverso. Le patologie più comuni sono i disturbi psichici, le malattie dell’apparato digerente e le malattie infettive e parassitarie. Un dato inquietante è quello relativo agli atti di autolesionismo o ai tentati suicidi registrati nella storia clinica dei detenuti: il 33,2 percento avrebbe posto in essere atti autolesivi ed addirittura il 12,3 percento avrebbe tentato il suicidio.
ORGANIZZARE EFFICACEMENTE IL TEMPO DEL CARCERE – La Costituzione afferma che la detenzione deve essere funzionale alla rieducazione, deve essere funzionale alla reintegrazione sociale. Le regole di vita interne, così come le attività organizzate, devono rispondere a questo obiettivo. I detenuti non devono essere lasciati a oziare in minuscole celle per 24 ore al giorno. In questo modo sono ridotti a bestie. Bisogna offrire attività che diano una prospettiva di emancipazione dalle scelte pregresse di devianza o dalla condizione di esclusione sociale. Vanno organizzati corsi, oltre che di alfabetizzazione e scuola primaria, di scuola secondaria inferiore e superiore, nonché di carattere universitario. Una persona che studia sino a laurearsi difficilmente ricade nel crimine.
Il sistema di contenimento dei detenuti definiti più pericolosi deve avvenire nel pieno e integrale rispetto dei diritti umani senza mai scadere in pratiche di isolamento desocializzante o addirittura di tortura.
Tutte le informazioni relative alle condizioni di vita dei detenuti in Italia sono state tratte dal rapporto dell’associazione Antigone che potete leggere qui.
In generale, i dati sul sovraffollamento delle carceri italiane e informazioni di natura più specifica circa le condizioni strutturali delle carceri o degli stessi detenuti si possono trovare sul sito dell’associazione Antigone, www.associazioneantigone.it.
Mariangela Campo
MariCampo81
Foto: www.google.com