
Sebastian Vettel, l’uomo dei record. Biografia di un predestinato
Heppenheim (Germania) – Dall’essere il sostituto di Robert Kubica a diventare il pilota di riferimento della seconda decade del XXI secolo. I record ormai sono qualcosa all’ordine del giorno per Sebastian Vettel che in India ha cambiato la storia della Formula 1 laureandosi il più giovane quattro volte campione del mondo della classe regina del Motorsport con 26 anni e 145 giorni. Vettel come Prost nella classifica di tutti i tempi con la sola differenza che il tedesco a 26 anni ha già ottenuto quello che il Professore ha iniziato ad aggiudicarsi agli albori delle 30 primavere. È stato il più giovane a conquistare un punto, a essere in testa ad un Gran Premio, a ottenere la pole position, a salire sul podio, a vincere una corsa e a conquistare un titolo iridato anche se per i suoi detrattori continuano a sostenere come, con una Ferrari o una Mercedes, Sebastian non sarebbe riuscito ad ottenere tutti questi successi, come se la prima vittoria nel mondiale, al volante di una Toro Rosso, fosse avvenuta per puro a caso, a Monza, nel 2008.
Quello del 2013 è un Sebastian Vettel nuovo, è maturato, che non sbaglia mai. Nessuna frenata al limite, nessun momento di panico. Anche quando è sotto pressione non perde mai la testa, segue sapientemente alla lettera le indicazioni del suo muretto. Se servono decimi in più riesce a trovarli senza difficoltà, se deve controllare il vantaggio, lo fa. Se la Red Bull è sicuramente una vettura che lo ha aiutato, e non poco, in questi anni, la vera forza del biondino di Heppenheim sta nella testa che gli ha permesso di diventare una specie di «vincitore seriale». Se il talento può affinarsi con gli anni, col cervello da campione o ci nasci o non ce l’hai ma puoi potenziarlo nel tempo.
La carriera - Sebastian Vettel, nato ad Heppenheim il 3 luglio 1987, fin dal debutto del 2006 nei venerdì di prove libere con la Bmw ha messo in mostra le sue qualità di pilota quando la casa tedesca lo schierava per fare esperienza. Mario Theissen, capo di Bmw Motorsport, provò a strapparlo alla Red Bull, scuderia con la quale già aveva un contratto, ma Helmut Marko, responsabile del vivaio, non accettò le offerte tedesche e nel 2008 riuscì a farlo debuttare come driver ufficiale alla Toro Rosso, motorizzata Ferrari, prima del passaggio in Red Bull nel 2009 assieme a Mark Webber.
Se in occasione del suo primo anno a Milton Keynes è vice campione del mondo alle spalle di Jenson Button, il 2010 sarà la stagione del suo primo titolo della carriera dove, all’ultima gara, ha recuperato quindici punti su Fernando Alonso, nel 2011 ha dominato letteralmente la stagione vincendo il campionato con quattro gare d’anticipo mentre il terzo alloro iridato del tedesco, è arrivato lo scorso anno, nel 2012, in occasione del Gran Premio del Brasile, alla fine di una gara che sembrava preludere il peggio: un contatto al via con Bruno Senna che fa girare Vettel di 360°. Le monoposto che lo sfilano, senza sfiorare la sua Rb9. Va in testacoda: dopo essere stato passato dall’intero gruppo riparte in ultima posizione e chiude la gara sulla sesta piazza, punti che gli permettono volare in classifica con un bel +3 di vantaggio sullo spagnolo della Ferrari e aggiudicarsi così il terzo titolo mondiale della carriera.
Adrian Newey, l’uomo di fiducia - Nel 2009, nonostante molti alti e bassi, Vettel riuscì a essere il vice campione del mondo a fine anno grazie a una monoposto competitiva e a una scuderia che iniziava a mostrare i propri artigli alla concorrenza. La vettura era la Rb6, disegnata da Adrian Newey, uno dei maggiori fattori che ha inciso sulla crescita esponenziale delle prestazioni del tedesco: dalle sue matite, perché l’inglese lavora ancora alla vecchia maniera, hanno preso vita alcuni tra i bolidi a quattro ruote più competitivi degli ultimi dieci anni.
Vince perché guida una Red Bull? - Il pensiero generale è quello che sia uno dei piloti più sopravvalutati nella storia della Formula 1 che ha solo la fortuna di guidare la vettura più performante del lotto. Diamo i meriti alla sua monoposto: è vero, la macchina austriaca è la migliore, ma bisogna saperla portare al limite. La vera forza di Vettel si vede comparando i suoi risultati con quelli del compagno Webber. Se evidentemente i numeri del tedesco fossero solo merito della vettura che guida, allora l’australiano gli arriverebbe sempre in scia, ma è un paragone dove non c’è confronto: solo quest’anno in fatto di vittorie siamo 9 a 0, e anche se in Malesia avesse vinto l’australiano, la statistica non sarebbe cambiata.

La forza di Vettel si vede comparando i suoi risultati con quelli del compagno Webber (foto: Sutton Images)
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Eleonora Ottonello