
Savona nel caos razzista per un campo profughi
Nuovo campo profughi in arrivo nel quartiere di Legino, a Savona: scoppia il caso e la contestazione pubblica. Razzismo nel XXI secolo nella civile Italia
SAVONA – Si, quello che sta emergendo a Legino è razzismo: a identificarlo come tale non sono i dubbi per la presenza di un campo profughi sul territorio del quartiere periferico e residenziale di Savona, ma le motivazioni che in questi giorni alcuni abitanti, mezzi di informazione e politici stanno adducendo per il rifiuto.
UN HOT SPOT – Per comprendere la situazione è necessario un salto indietro. Nei giorni scorsi è stata resa nota la decisione della prefettura di aprire un centro di prima accoglienza per i profughi a Savona, nel quartiere di Legino; a rendere disponibile un terreno attualmente inutilizzato è stata la diocesi di Savona-Noli, che impiegherebbe un campo di calcio in disuso. Si tratterebbe di una tendopoli per brevi permanenze, un vero e proprio campo, dove i migranti resterebbero per circa 48 ore, prima di essere smistati alle strutture permanenti.
CONTESTAZIONI – Subito sono piovute le proteste. Oltre a coinvolgere la stampa locale, le polemiche hanno immediatamente invaso il web: su Facebook è anche sorto un gruppo pubblico dai toni particolarmente accesi. Le preoccupazioni sono classiche: sicurezza, malattie, bambini, criminalità. Si preferirebbe “aiutarli a casa loro”, anche perché “quasi tutti sono clandestini” e “vengono qui a prendersi le nostre sovvenzioni”. Dopotutto Caritas, prefettura, Croce rossa, Coop “lo fanno solo per i soldi”. Non sono citazioni letterali, certo, ma frasi che riassumono e organizzano un malessere diffuso, spesso frutto della disinformazione.
COMPLESSITÀ – La trattazione celere e populista non riesce a rendere la complessità del problema: non a caso molte proposte emerse per “contrastare il fenomeno” sono indirizzate solo a far spostare il campo in un’altra area. L’importante è non avere l’hot spot sotto casa, la sorte di queste persone e le loro storie personali, spesso tragiche, non sono di interesse alcuno per molti.
IO NON SONO RAZZISTA, MA… – Sembra il motto imperante del dibattito savonese, che da Legino ha solo preso uno spunto. I leginesi non sono certo peggiori del resto degli italiani: vivono con paure e timori, come tutti noi, e come tutti noi faticano a orientarsi in un sistema di comunicazione che cerca di indirizzarci verso la paura, soprattutto quando è indirizzata verso un “altro” che poi tanto altro non è.
UMANITÀ – In tutto questo sembra facile dimenticarsi di loro: i profughi. Trattati come numeri e come pacchi, ci si dimentica che sono persone: persone in profonda difficoltà, lontane da casa, sradicate dalle relazioni familiari, passate attraverso la tragedia della guerra prima, della migrazione schiavista dopo. Stanno cercando di abituarci a vedere nell’altro un nemico, mentre dovremmo capire che siamo tutti su una stessa barca e che il nemico è altrove: anziché combattere chi scappa da casa, dovremmo affrontare chi genera queste guerre e ne trae profitto, gli stessi chi si arricchiscono sui tagli al nostro welfare, alla riduzione dei nostri diritti civili, al nostro progressivo impoverimento. La guerra tra poveri non è un’opzione.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio