
Rincari benzina. E’ guerra di sconti ma il fisco resta tiranno
Prosegue senza sosta la guerra degli sconti fra i distributori di benzina, dopo che la Eni – leader del settore in Italia con circa il 30% del mercato – ha deciso di dare una netta sforbiciata ai propri prezzi nei fine settimana, seguita a ruota da analoghe iniziative dei maggiori competitors (in particolare Esso, Q8 ed IP).
No, non si tratta di un miraggio dovuto al caldo terribile di questo inizio d’estate: per una volta gli automobilisti italiani stanno davvero godendo dei benefici di una sana ventata di concorrenza, anche se qualcuno già parla di “dumping” invocando l’intervento dell’Antitrust, e non manca chi fa notare che dal lunedì al venerdì i prezzi invece aumentano, in barba a chi è solito trascorrere i week-end in bicicletta. Simili iniziative sembrano comunque in grado di far respirare buona parte dei consumatori dopo la terribile ondata di aumenti dei mesi precedenti, ma c’è anche chi si trova ad annaspare: sono i retisti indipendenti, che non avendo le “spalle larghe” delle grandi compagnie ed essendo privi di quell’ “ammortizzatore” che risponde al nome di prodotti non oil, faticano a tenere il passo e rischiano, in prospettiva, di dover chiudere i battenti.
L’iniziativa Eni è in effetti di quelle che lasciano il segno, e nell’immediato potrebbe costare all’azienda 180 milioni di euro di minori ricavi, qualora i rialzi settimanali ed il possibile aumento dei volumi non dovessero compensare la vendita sotto costo nei fine settimana. Le compagnie che possono accettare la sfida rilanciano, nel tentativo di difendere il proprio giro di affari, chi invece non ce la fa vede il proprio futuro tingersi di fosco. La “mano invisibile” del mercato è al lavoro, e pazienza se la transizione sarà brusca: anni e anni di vere e proprie barricate da parte dei sindacati dei gestori, contrari a qualsivoglia razionalizzazione di una rete effettivamente ridondante con i suoi 24.000 punti vendita, hanno fatto saltare il tavolo, e adesso non c’è più spazio per i ripensamenti.
Alcuni malignano, sostenendo che dietro all’iniziativa di Eni si nasconda forse il solito “inciucio” all’italiana, un possibile scambio di favori politici concretizzatosi nel passaggio della rete gas alla Cassa depositi e prestiti, con cui la separazione di Snam è stata di fatto edulcorata: per una volta che il cittadino si trova a beneficiare dei metodi poco trasparenti della Casta è però preferibile, forse, chiudere un occhio.
Il settore – ivi compresi i raffinatori – resta comunque in grave difficoltà, così come le tasche dei consumatori continuano ad essere martoriate da un peso fiscale intollerabile: circa il 65% del prezzo alla pompa è costituito infatti da accise, ed è questa la principale zavorra che scava un solco difficilmente sanabile fra Italia e resto d’Europa. E se quando facciamo rifornimento continuiamo a pagare 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935, 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966 e 205 lire per la missione in Libano del 1983, non resta che armarsi di pazienza e gridare il nostro sdegno contro quella che appare configurarsi sempre più chiaramente come una vera e propria tirannia fiscale.
Leonardo Butini
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