
Renzi e il tesoretto molto stretto
Dici tesoretto e pensi ai pochi margini della nostra economia sui veri numeri: debito in crescita, spending che non trova soluzione. Le opposizioni tuonano
Già la parola tesoretto è francamente antipatica in se stessa, probabilmente perché fa rima con “stretto” quasi ad affermare che il nostro Paese è in stallo e non ha molti margini; insomma sta decisamente all’angolo del ring senza potersi muovere. Ma se poi si cade clamorosamente nella trappola mediatica di Matteo Renzi allora davvero il tesoretto – come oggi tuona l’editoriale del Sole 24 ore che è tutto un dire- diventa maledetto (altra rima) mezzo di distrazione di massa. I veri nodi stanno altrove.
L’ULTIMA TEGOLA – Una pessima idea – certo formidabile se la leggiamo dal punto di osservazione del governo – quella di lanciare (volutamente) in pasto al dibattito la diatriba su come spendere 1,6 miliardi di euro mentre bisogna trovare un totale di 10 miliardi entro ottobre quando si scriverà la prossima legge di stabilità per scongiurare l’aumento dell’Iva (e altre tasse indirette) per un valore totale di sedici miliardi. Una sproporzione che avvalora il sospetto di aver alzato un polverone inutile che – a detta delle opposizioni – sa di mossa pre-elettorale da parte del premier.
Proprio in queste ore arriva l’ennesima tegola che impone di allargare l’inquadratura sulle questioni davvero più scottanti dell’economia italiana: Bankitalia fa sapere che il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato a febbraio di 3,3 miliardi rispetto a gennaio, salendo a 2.169,2 miliardi e raggiungendo il massimo storico, sopra il precedente picco di 2.167,7 miliardi del luglio 2014. La spada di Damocle del debito pubblico si tiene con la crescita e l’aumento del Pil e mentre sulla crescita il governo ha preso una direzione – per molti versi – accettabile con gli sgravi alle imprese per le assunzioni stabili, sul piano della spending rewiew si attende una chiarezza contabile che tarda ad arrivare con buona pace dei vari commissari - ieri Giarda e Cottarelli, oggi Yoram Gutgeld - che si alternano diligentemente a produrre dossier pregevoli ma fermi all’ultimo miglio, nel momento delle scelte dolorose.

Bankitalia e gli ultimi dati record sul debito – economiaweb.it
TESORETTO STRETTO - Quel che impressiona poi è che questi soldi – sempre del famoso tesoretto – in realtà non ci sono se non come effetto di una causa, cioè azzeccare la stima della crescita (prevista prudentemente per il 2015 allo 0,7). In quel caso scatterebbe a conti fatti uno 0,1 di margine del rapporto spese-entrate e da qui il tesoretto. Accapigliarsi per questo gruzzolo è l’esercizio del nulla cosmico in economia a fronte di una riorganizzazione della spesa pubblica che farebbe tremare i polsi a chiunque sieda in Parlamento, a destra come a sinistra visto che si tratta di dover – come ha detto il consigliere del governo sulla spending Roberto Perotti – pestare qualche callo a molte lobby italiane sparse nel campo della sanità, dei trasporti, nelle municipalizzate, in molte aziende che non crescono ma continuano a prendere sussidi a fondo perduto. In questo senso ha ragione Renato Brunetta che da molto tempo pungola la politica economica di Padoan defindendola esoterica. L’ultimo dei suoi tweet è implacabile
Tutti contro @PCPadoan e suo #def delle illusioni e dei miracoli. Qualcuno gli dica di smettere! @matteorenzi
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) 14 Aprile 2015
Detta ancora in soldoni: se l’anno scorso il governo poteva avere l’attenuante dei primi giorni, questo 2015 tutto a marcia renziana dovrebbe evitare di lanciare la discussione sul poco, per di più basato su un auspicio e una stima e per converso la montagna di miliardi che salvano i conti pubblici sta lì, tutta da ottimizzare. La spending quella vera chiede un prezzo politico, impopolare. Troppo facile – e persino banale per Matteo Renzi – giocarsela in poesia con il maledetto stretto tesoretto. Pochetto no?