
Reflecting Fashion: Arte e Moda dall’Età Moderna, al Mumok di Vienna
Vienna – In epoche di grande splendore, come nella Russia degli Zar o nella Firenze dei Medici, la moda, i gioielli, le calzature e le acconciature erano vincolati alle arti tradizionali.
Si sarebbe dovuto aspettare la grande rivoluzione del Modernismo o Art Nouveau per trovare un cambio radicale in merito, quando non si sarebbero più distinte le arti decorative (mobili e oggettistica per la casa) e l’arte tradizionale (pittura, scultura o letteratura).
La moda, ovviamente, non rimase immune alla tendenza. Un po’ tutti gli artisti delle avanguardie storiche ripresero questa idea – Klimt si dedicò a disegnare vestiti per la sua buona amica Emilie Flöge, proprietaria di una boutique.
Se vivesse oggi, Gustav Klimt sarebbe probabilmente il più ricercato invitato negli altolocati defilè, contesissimo ospite di tutte le maggiori kermesse modaiole internazionali.
Proprio nella Vienna della Secessione, di cui Klimt fu animatore e dove si ebbe agli esordi del novecento una fioritura culturale senza raffronti, il Mumok, Museo dell’Arte Moderna (Museum of Moderner Kunst, in tedesco) ha inaugurato un’esposizione, che vuole essere una riflessione sul dialogo tra la moda e la situazione socioculturale e artistica del momento. Oggi giorno l’abbigliamento è diventato in parte un indicatore di benessere, soddisfazione, ribellione e con esso si comunicano sentimenti come l’euforia o la paura.
La rassegna Reflecting Fashion spazia dal 1910 al presente. La prima parte è dedicata al Modernismo fiorito intorno al 1900. Con la produzione di moda viennese di Kolo Moser, Gustav Klimt ed Emilie Flöge e con singole posizioni della Wiener Werkstätte, famosa ditta viennese legata al mondo del design, viene paradigmaticamente illustrata la fusione tra arte e moda. Fondata nel 1903, da Josef Hoffmann, Koloman Moser e un banchiere finanziere collezionista d’arte di nome Fritz Waerndorfer la Wiener Werkstätte raccoglie le arti dei movimenti precedenti rielaborando un nuovo classicismo. Si associa l’artigiano all’economia, ispirandosi all’Art and Crafts inglese.
La produzione era volta verso tessuti, ceramiche, gioielli, mobili, cartoline postali. Era formata da 100 operai, pochissimi di loro erano artigiani di mestiere, ed era perfettamente attrezzata di tutto ciò che serve all’impresa secondo il concetto che la macchina non domina ma aiuta l’uomo: non è lei a dominare la fisionomia dei prodotti ma lo spirito creativo spetta alle mani dell’artista.
Entrarono a far parte della ditta i maggiori artisti di Vienna, e gli alunni cui Moser e Hoffman insegnavano nella loro scuola. L’obiettivo era di avere più esperienze possibili di artisti ed oggetti, legati a un unico stile.
Nell’interazione fra moda e arte il Surrealismo assume poi un ruolo di assoluto rilievo. Max Ernst diffuse l’idea del primato della moda rispetto all’arte.
Lavori di Salvador Dalí, Man Ray e Max Ernst mostrano come il corpo della donna sia stato trasformato in una superficie di proiezione del maschile. Gli anni Sessanta sono rappresentati da opere di Christo, Valie Export e Andy Warhol. Ulteriori highlight della mostra sono il mitico vestito di feltro di Joseph Beuys, la serie Fashion di Cindy Sherman (1983) e i lavori di Erwin Wurm per Hermès.
Il museo propone inoltre attività parallele con sfilate, conferenze, corsi per i più piccoli, proiezioni di film. Per maggiori informazioni consultare il programma del Mumok.
Natalia Radicchio
Foto via http://sof.mqw.at