
Rave party: un 26enne muore in Veneto. L’ennesima vittima della contestazione “creativa”
Motta di Livenza (Treviso) – Luoghi aperti, tanti giovani, musica incessante, alcol e droga: il posto ideale per molti ragazzi dove poter festeggiare il Ferragosto. Lo stesso avrà pensato Marco Guarini, operaio di 26 anni che viveva ad Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, e lavorava nel Trevigiano, morto nel tardo pomeriggio di mercoledì mentre partecipava a un rave party che si è tenuto sul greto del fiume Tagliamento, vicino a Udine. La causa del decesso: un cocktail di cannabinoidi e anfetaminici che avrebbe comportato un arresto cardiocircolatorio del giovane operaio. Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i carabinieri di Codroipo, intervenuti sul posto, poco dopo che il giovane è stato colto da un malore.

Marco Guarini, la vittima 26enne del rave tenutosi vicino a Treviso
L’atmosfera è quella tipica che caratterizza eventi non autorizzati come i rave: una distesa di ghiaia, strade bianche, una folta vegetazione, in un punto in cui il fiume è praticamente in secca e si presta a essere frequentato da decine di giovani.
La festa, secondo il programma, doveva iniziare alla vigilia di Ferragosto e proseguire per altri due giorni. Qualcosa, però, è andato storto, portando alla conclusione anticipata dell’evento organizzato da un gruppo di friulani residenti fra Codroipo e Gemona.
Secondo le testimonianze di alcuni ragazzi presenti, Marco Guarini si è sentito male improvvisamente, determinando il rapido decesso e la fuga di molti dei partecipanti, spaventati per la piega che stava prendendo la serata.
In attesa dell’autopsia, le indagini proseguono per accertare la provenienza delle sostanze illecite e, soprattutto, per identificare lo spacciatore che ha venduto le droghe letali per il giovane 26enne.
Quel che è accaduto sulle rive del Tagliamento è soltanto uno dei tanti casi di cronaca che mettono al centro dei riflettori i partecipanti dei rave.
Un anno fa, nel mese di luglio, un ragazzo morto e una giovane in coma furono il bilancio della festa illegale organizzata a Rovegno, in provincia di Genova, sempre per gli stessi motivi: mix di alcol e sostanze stupefacenti.
Nel 2010, questa volta ad autunno, due romane, una di 22 anni l’altra di 25, sono entrate in coma dopo aver partecipato a un rave che si era tenuto sulle colline di Fara Sabina in provincia di Rieti. In quel caso, però, nessun finale tragico: entrambe, dopo qualche giorno, si sono svegliate.
Medesima sorte di Marco Guarini è toccata ad altre due persone nell’estate del 2009, in due posti diversi a distanza di poche ore: un 26enne di origini israeliane in Molise (Bocca della Selva) e una 23enne lucana nel Salento.
Per finire questo tragico excursus, un’altra vittima fu una ragazza di 20 anni che, nel settembre del 2008, morì dopo aver partecipato a un rave tenutosi a Sovicille, nel cuore della campagna senese.
Sono migliaia anche le denunce e gli arresti che caratterizzano questi eventi, in tutti quei casi in cui le forze dell’ordine riescono ad attivarsi in anticipo.
Da un punto di vista storico e sociale, cosa sono questi rave party e perché riscuotono tanto successo tra i giovani?
Il luogo dove si è tenuto il rave
Il rave è un fenomeno tipico degli anni ’80, nato in America (più precisamente a Detroit) e sviluppatosi in Inghilterra. Ed è proprio nel contesto inglese che prende vita la scena illegale di questa tipologia d’intrattenimento giovanile. Mentre negli Stati Uniti i rave restano per lo più chiusi all’interno del circuito dei club, in Inghilterra si sentirà sempre più l’esigenza di spostarsi altrove, in luoghi più ampi. Iniziano così le prime occupazioni temporanee di una serie di luoghi come magazzini in disuso o terreni abbandonati. Non è un caso che il fenomeno nasca proprio in un periodo caratterizzato da un clima di forte contestazione: è rappresentazione di un malessere avvertito nei confronti della società. La creazione di spazi dinamici, alternativi ed indipendenti incarna la reazione di molti di questi giovani. Una sorta di “rivoluzione ludica” che trasforma il senso di degradazione in festa, convivialità e creatività. La scelta dell’illegalità si presenta come una scelta politico-ideologica: riappropriarsi della propria vita attraverso l’elaborazione di un nuovo modello di socialità orientato al comunitarismo.
In Italia il fenomeno del rave si diffonde grazie al contributo di quelle tribe (gruppi di persone che girano tutta l’Europa sui propri furgoni organizzando feste ovunque) inglesi, conoscendo un’evoluzione inversa. All’inizio degli anni ’90 si trattava di feste “commerciali” allestite in grandi discoteche legalmente affittate. A partire, però, dal 1993 il rave perde la sua connotazione “legale” a causa dell’insorgere dei primi comportamenti violenti, alla presenza dei naziskin e al largo uso di droghe. I centri sociali occupati diventano l’alternativa che si diffonde più velocemente, prendendo il posto delle discoteche. Come in Inghilterra, anche nel nostro Paese i giovani cominciano a sentir l’esigenza di uscire dai centri sociali, ricercando luoghi più ampi dove poter accogliere più persone possibili.
Queste, sinteticamente, le motivazioni che stanno dietro alla nascita e alla diffusione del rave.
Il raggiungimento dello “sballo” rappresenta per molti giovani una maniera per spezzare la routine, per evadere, anche se temporaneamente, da una realtà che li opprime. Il punto è che difficilmente i ragazzi conoscono il senso del limite.
Se una contestazione “creativa” deve tramutarsi in fatto di cronaca nera, forse è ora, non tanto di abolire in toto queste tipologie di feste, quanto di prevenirne l’abuso.
Giorgio Vischetti
foto|| messageroveneto.it; corrieredelveneto.it; adnkronos.com