
Questa settimana nei negozi dischi
Avevamo annunciato, un paio di mesi fa, il ritorno sulle scene del Teatro degli Orrori di Pierpaolo Capovilla e soci. Ebbene, l’ora “x” si avvicina sempre più: l’imminente nuovo lavoro discografico dal titolo Il mondo nuovo (La Tempesta / Universal, disponibile, dal prossimo 31 gennaio, anche in doppio vinile) è ormai in arrivo, adeguatamente anticipato dal singolo Io cerco te, con relativo videoclip associato. Sul canale Youtube ufficiale della band, infatti, è già possibile assaporare il clip promzionale, rispettosamente fornito di una seplicità legata, però, alla potente importanza insita (come sempre) nei testi di quello che si prospetta essere come un’ennesima dimostrazione di come i quattro rocker siano ben saldati al concetto generale di musica intesa come puro strumento di comunicazione, oltre che di divertimento e benessere interiore.
È lo stesso Capovilla (artefice assieme a Giulio Ragno Favero, Gionata Mirai e Francesco “Franz” Valente di una delle migliori e più spumeggianti realtà nostrane un gradino al di sopra dell’underground) a definire il nuovo disco come la possibilità effettiva di «fare qualcosa di più di quello che è avvenuto negli anni ’90. È una sfida. Le sfide sono belle come le scommesse». Mentre lo stile, stando almeno alla struttura e all’enfasi del primo singolo estrapolato, resta strabordante di energia, watt, distorsioni pur cosciente di una vena melodica e di un’attitudine perfezionista in sede di arrangiamenti ben sviluppata soprattutto nel corso degli ultimi anni, ancora più delicato del precedente A sangue freddo risulta essere il tema trattato: per quello che, a tutti gli effetti, è un vero e proprio concept album, «ci siamo dati l’obiettivo di parlare di migrazione, emigrazione, immigrazione, insomma di storie, di piccole biografie, istantanee di vita intima». Non resta, dunque, che attendere la data fatidica per assaporare con dedizione (anche e soprattutto stavolta) ciò che la band veneta ha da dichiarare attraverso la sua arte.
Facendo, invece, un fragoroso salto indietro nel tempo, pur rimanendo coi piedi fissati nel presente, vista la recentissima data di uscita dei rispettivi prodotti, i signori Smashing Pumpkins (più Billy Corgan che il resto della ciurma) hanno deciso di donare una nuova veste ad alcuni dei dischi fondamentali iscritti all’albo non solo della loro lista personale ma anche dei tasselli che meglio descrivono gli ultimi vent’anni di rock internazionale. Sono già sugli scaffali dei negozi, infatti, le ristampe di Gish e Siamese dream (rispettivamente primo e secondo disco, datati 1991 e 1993), ovvero mastodontico calderone pre-capolavoro assoluto (quell’indimenticabile Mellon collie and the infinite sadness del 1995 che segnò definitivamente la fama artistica della band di Chicago) qui rinvigorito grazie all’introduzione di una veste grafica completamente rinnovata (anche se comunque basata sulle copertine originali) e adibita a fare da frammento iniziale all’intenzione di ristampare in maniera similare l’intero catalogo a disposizione in un arco di tempo che dovrebbe corrispondere a tre anni (visto, ovviamente, anche il drastico calo di vendite e popolarità del periodo post scioglimento-semiriunificazione). Per il momento (e sarebbe proprio bello vedere cosa accadrà proprio per Mellon collie…) le riedizioni sopra citate contengono, in aggiunta, un bonus disc contenente del materiale aggiuntivo racimolato per l’occasione (come al solito) tra rarità, inediti e b-sides. A corredare il tutto si aggiunge anche un rispettivo DVD live costruito sulle riprese effettuate nei rispettivi tour. In alcuni casi, come quello di Gish, è stata portata avanti anche un’operazione legata alla possibilità di mixare in maniera differente alcuni brani, compito attribuito allo stesso Butch Vig, batterista dei Garbage all’epoca produttore di svariati dischi importanti, tra i quali, oltre al diretto interessato in questa sede, anche Nevermind dei Nirvana (anch’esso smembrato e rieditato di recente). Un’occasione in più, insomma, per rispolverare un frammento importante prima del grunge e poi del rock più recente.
Tornando a parlare, invece, di inediti ma cambiando completamente genere, l’attrice/cantante franco-inglese Charlotte Gainsbourg, figlia di Serge Gainsbourg e Jane Birkin, ormai a suo agio anche nel ruolo di vocalist compositrice e, in tale veste, giunge alla sua quinta prova discografica con Stage Whisper, doppio album suddiviso tra brani di nuova composizione e reperti immortalati dal vivo nel corso delle sue più recenti esibizioni (nonché prime, causa timidezza a detta della stessa autrice). Dopo essere stata supportata, per i precedenti lavori, da veri e propri maestri di arrangiamento come gli AIR e Beck, in questa sede la Gainsbourg sembra aver ben appreso la lezione riuscendo a gestire in maniera univoca pulsioni elettroniche in concomitanza con quella che, per pura natura genetica, è una notevole predisposizione alla melodia. Ben dedita anche ad un certo studio ritmico in fase di composizione, l’artista francese non nasconde anche una certa devozione a figure del calibro di Patti Smith, specialmente nel versante “live” del disco. Spazio anche per una cover, ovvero Just like a woman di Bob Dylan. In definitiva, l’ennesima buona prova da parte di una personalità artista (come poche) capace di mettere da parte (pesanti) radici e suscettibilità di vario stampo pur di esprimere se stessa, tanto davanti ad un obiettivo di macchina da presa quanto in uno studio di registrazione.
Buon ascolto.
Stefano Gallone