Questa settimana al cinema: il ‘No’ cileno alla dittatura Pinochet

No I giorni dell'arcobaleno (movieplayer.it)

La locandina del film "No - I giorni dell'arcobaleno" (movieplayer.it)

Ne ha parlato abbondantemente Roberto Saviano in una precedente puntata di Servizio Pubblico, ora ne parlano, a ragione, anche riviste specializzate in vari settori, oltre a quello cinematografico. Sì, perché No – I giorni dell’arcobaleno (di Pablo Larrain, già autore dello splendido Tony Manero; con Gael Garcìa Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luis Gnecco) ben si colloca su più fronti, a partire da quello filmico, con una sorta di altalenare tra semi-documentario e fiction real-socio-critica, passando per quello più o meno intenzionalmente politico. La pellicola, infatti, ripercorre il periodo di punta dell’anno cileno 1988, quando il dittatore Augusto Pinochet viene costretto a cedere alle pressioni internazionali e, di conseguenza, a sottoporre il proprio incarico di presidente (ottenuto solo in seguito allo storico colpo di stato contro il governo democratico di Salvador Allende) al solenne giudizio di un referendum popolare. I cileni, dunque, sono chiamati a decidere se mantenerlo in carica per altri otto anni o meno. Nel frattempo, cosa sia unica che rara, anche i partiti di opposizione hanno avuto accesso ad almeno quindici minuti di passaggio televisivo, approfittando dei quali, quindi, non esitano a contattare forse René Saavedra, il miglior giovane pubblicitario anticonformista, per tentare di riuscire nella loro impresa maggiore, ovvero fa prevalere il “no” agli imminenti scrutini. Praticamente obbligatorio, vista la portata sia storica che, di conseguenza, attuale insita nella sua corposa narrazione.

Su territorio italiano, invece, è sempre tempo di commedie più o meno riuscite. A questa turnata è la volta di Sergio Rubini e del suo nuovo Mi rifaccio vivo (con Emilio Solfrizzi, Neri Marcorè, Pasquale Petrolo, Vanessa Incontrada), storia di Biagio Branchetti, imprenditore felicemente sposato ma affetto da complessi di inferiorità. Il suo amico ed ex compagno di scuola Ottone Di Valerio lo accompagna da sempre nel suo percorso esistenziale non aiutandolo affatto, però, a superare le sue problematiche psicologiche a causa della sua imperterrita capacità di superarlo in qualunque tipologia di prova. L sua estrema competitività, dunque, lo porta a decidere di giocare un brutto scherzo all’amico proponendogli un affare destinato a finire in macerie così come la sua stessa vita. Quando, però, Biagio, ormai stanco, decide di togliersi la vita affogandosi, trova almeno nell’aldilà qualcuno che gli concede un po’ di affetto permettendogli una seconda possibilità consistente nel reincarnarsi sotto la pelle di un brillante manager al quale proprio Ottone affida le sorti della sua azienda.

Sul versante horror, invece, è sempre tempo di più o (il più delle volte) meno utili remake. Quest’anno è la volta di La casa (di Fede Alvarez, con Jane Levy, Shiloh Fernandez, Lou Taylor Pucci, Jessica Lucas), vero e proprio cult lanciato, a suo tempo, da Sam Raimi e ora rivisitato con l’intenzione di riproporre le vicende di cinque ragazzi (solito emblema delle varie sfaccettature da tipo umano moderno: la coppietta, il problematico, il saccente, eccetera) che (come da prassi del genere) si recano in una casa situata in un bosco per trascorrere assieme un weekend. Partiti con l’intenzione di aiutare una di loro ad uscire fuori dal tunnel della droga, finiscono per ritrovarsi proprio con lei ad essere posseduta da un terrificante spirito maligno evocato dalla lettura di qualche pagina proveniente da un testo ritrovato per caso nello scantinato della diroccata abitazione.

Sta per piovere (screenweek.it)

La locandina del film "Sta per piovere" (screenweek.it)

Rimanendo in territorio statunitense, poi, a passare dietro la macchina da presa hollywoodiana, stavolta, è addirittura un rapper (in passato entrare nel cinema è toccato anche a soggetti del calibro di Snoop Dogg, 50 cents o Eminem, seppur principalmente dal lato attoriale), ovvero RZA, autore della regia di L’uomo con i pugni di ferro (con Russel Crowe, Cung Le, Lucy Liu), curiosa pellicola d’azione filo-orientalista incentrata sulla figura di un pacifico fabbro di Jungle Villane, luogo appartenente ad un’epoca imprecisata dell’antica Cina. Costui è costretto a fabbricare armi per i peggiori assassini locali pur di racimolare qualche soldo utile a liberare la sua amata Lady Silk dal bordello in cui viene resa schiava. L’arrivo in zona del mercenario inglese Knife, però, aprirà le danze su un crescendo di rese di conti tra i diversi clan, azione che coinvolgerà inconsapevolmente anche il tormentato protagonista. Scarso in ambito tematico ma potenzialmente divertente per serate spensierate.

Infine, tra le molte altre proposte giunte ai nostri occhi questa settimana, di interessante riferimento reale sembra essere quella che ci viene sottoposta da Sta per piovere (regia di Haider Rashid, con Lorenzo Baglioni, Mohamed Harifi, Giulia Rupi, Amir Ati), storia di Said, giovane nato in Italia da genitori algerini e ivi cresciuto. Di carattere ambizioso e sicuro, lavora serenamente come panettiere part-time ma, quando viene a sapere del suicidio del direttore della fabbrica in cui lavora suo padre, la famiglia si trova improvvisamente a dover far fronte con estreme difficoltà nel tentativo di rinnovare il permesso di soggiorno, pratica che porta avanti senza problemi da quasi trent’anni. Di punto in bianco, allora, l’intera famiglia si ritrova in mano un decreto di espulsione. Cercando una soluzione, Said fa ricorso ad avvocati, mezzi di comunicazione di massa e sindacati ma non otterrà altro che una valanga di pratiche burocratiche alle quali far fronte anche solo per sperare di riuscire a contrastare un problema che attanaglia concettualmente, politicamente e ideologicamente un’intera nazione allo sbando.

Buona visione.

(Foto: movieplayer.it / screenweek.it)

Stefano Gallone

@SteGallone

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