Questa settimana al cinema: il Kaspar Hauser di Davide Manuli

La leggenda di Kaspar Hauser (filmtv.it)

La locandina del film "La leggenda di Kaspar Hauser" di Davide Manuli (filmtv.it)

Sta facendo il giro di mezzo mondo il nome e la fama del nostrano Davide Manuli, forse uno dei più interessanti nuovi talenti italiani a dimostrazione di come l’intera nazione, dal punto di vista della creazione artistica a tutto tondo, forse non fa così schifo da meritare di essere esclusa dalle produzioni e distribuzioni maggiori su scala di prestigio internazionale. Lo dimostra bene, infatti, un piccolo-grande film come La leggenda di Kaspar Hauser che, tra l’altro, si avvale anche della presenza scenica di un certo Vincent Gallo al fianco di eminenze della recitazione italiana com, su tutti, Fabrizio Gifuni. Legato chissà fino a che punto al Kaspar Hauser di Herzog e, in sostanza, tramutato maggiormente in chiave metaforica e archetipica intrisa di post-moderno, il film di Manuli prende in prestito proprio quella fatidica apparsa, nel lunedì di Pentecoste dell’anno 1828, nelle strade di Norimberga farfugliando poche parole e reagendo in maniera molto scomposta alle sollecitazioni sensoriali. Quello che sarebbe poi diventato una vera e propria curiosità cittadina selvatica nonché enigma umano assassinato in circostanze misteriose, viene trasformato da Manuli in una vera e propria rappresentazione onirica di un ragazzo appartenente ad una generazione futura piombato su di una specie di pianeta X abitato da esseri strambi sopravvissuti ad una apocalisse culturale. Tra sceriffi filo texani fuoriusciti da chissà quale estinzione, eccentrici pusher, preti pistoleri, veggenti di facili costumi e cortigiane sgualdrine, la pellicola di Manuli invoca di essere assorbita in sala con tutta la curiosità linguisticamente innovativa del caso.

Procedendo su vie prossime, invece, ad una certa (forse anche troppa) “normalità” da botteghino, ci imbattiamo nell’ennesimo episodio cinematografico del franchising Star Trek per il capitolo Into Darkness firmato, come il precedente reboot (ormai vera e propria moda produttiva) Star Trek – Il futuro ha inizio, J.J. Abrams (con John Cho, Benedict Cumberbatch, Alice Eve, Bruce Greenwood) e incentrato su (a quanto pare) una più complessa interpretazione del fenomeno di riferimento. Nel momento in cui l’Enterprise sta per fare rientro a casa, l’intero equipaggio si ritrova a scoprire che all’interno della propria stessa organizzazione dimora una terrificante e inarrestabile forza che ha provocato l’esplosione della flotta e, di fatto, lasciato l’intero pianeta in completa crisi. Il Capitano Kirk, spinto soprattutto da un ostico conflitto personale, darà avvio a una vera e propria caccia all’uomo per annientare quella che è una pura arma umana di distruzione di massa.

Sul versante thriller / horror, invece, ci imbattiamo in House at the end of the street (regia di Mark Tonderai, con il premio Oscar Jennifer Lawrence, Elizabeth Shue, Max Thieriot, Gil Bellows) la cui storia parte dal folle gesto di Carrie Anne, adolescente rea di aver brutalmente assassinato i suoi genitori durante una notte tempestosa. Quattro anni dopo, accanto alla casa del delitto vengono ad abitare Susan Cassidy (da poco divorziata) e la figlia diciassettenne Elissa. Nella casa del delitto, vive ancora Ryan, il figlio della coppia assassinata, fatto che inquieta Sarah, la quale, di per sé, assimilando i vari pettegolezzi delle vicine, viene a sapere che Carrie Anne è scomparsa (si presume sia morta, ma il corpo non è mai stato ritrovato). Ad accrescere ogni inquietudine è proprio Ryan, il cui comportamento risulta troppe volte fuori dalla norma. Elissa, però, instaura con lui un buon rapporto, almeno fino a quando l’orrore non comincerà a rinascere e manifestarsi tra le grinfie di segreti familiari.

Into darkness (soloparolesparse.com)

La locandina del nuovo capitolo del reboot di Star Trek "Into darkness", di J.J. Abrams (soloparolesparse.com)

Ancora sulla scia thriller, anche se destando, probabilmente, un interesse politicamente maggiore, si colloca Il fondamentalista riluttante (regia di Mira Nair, con Riz Ahmed, Kate Hudson, Liev Schreiber, Kiefer Sutherland). Siamo in Pakistan, a Lahore, nel 2010. La città, come l’intera nazione, è sconvolta da continue manifestazioni che vedono come protagonisti studenti fondamentalisti islamici. Al loro centro troviamo il giovane professore Changez Khan, al quale si arriva a causa del contemporaneo sequestro di un suo collega statunitense, fatto che ha scatenato il precipitare della situazione. Proprio in un momento così delicato, Kahn accetta di farsi intervistare da un giornalista americano al quale racconta la propria formazione di professionista rampante nel campo della finanza, maturata proprio nel cuore degli Stati Uniti. Il punto di svolta, di fatto, sta nella fatidica data dell’11 settembre 2001: la vita di Kahn comincia a mutare radicalmente: d’improvviso, diventa islamico e matura tutta una serie di concezioni che camberanno radicalmente la sua stessa persona.

Infine, è doveroso segnalare l’arrivo in sala di un importante documentario, vale a dire U.S.A. contro John Lennon (regia di David Leaf e John Scheinfeld), incentrato, come comunica stesso il titolo, proprio sulla figura del leggendario Lennon, le cui gesta artistiche e umane vengono ricostruite attraverso le narrazioni dirette della moglie, Yoko Ono (che ha partecipato attivamente alla produzione del film), e di vari addetti al settore allo scopo di ridonare luce ad una delle figure più importanti di tutto il ‘900. Il film mette in luce soprattutto una pop star, sì, all’apice del successo ma proveniente da un’infanzia e un’adolescenza travagliate che lo portano ad una fase vitale di totale urgenza di fare qualcosa in termini sia politici che umani in favore di un intero mondo che proprio non riesce ad essere in pace con se stesso.

Buona visione.

(Foto: filmtv.it / soloparolesparse.com)

Stefano Gallone

@SteGallone

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