Questa settimana al cinema

Fino a qualche decennio fa, il remake era una pratica utile sia ad assicurarsi una sottospecie di successo commerciale da parte delle rispettive case di produzione (che sembrano veramente aver preso in eterno anche il più lieve calo di incassi al botteghino come l’undicesima piaga d’Egitto, quando sono sempre pronti a banchettare alla faccia dei meno fortunati ma ben più intelligenti e filosoficamente degni di considerazione), sia la possibilità di far rivivere pellicole storiche sotto diversi e ben meno censurabili riflettori (vedi Scarface di De Palma) così come attraverso una rilettura totale assimilabile alla pura parafrasi (lo Psycho di Van Sant). Tutto questo, a grandi linee, dopo intere generazioni cinematografiche, pratica votata anche e soprattutto a svelare come il cinema, almeno fino a qualche tempo fa, sia sempre stato capace di rinnovare (concettualmente più che tecnicamente) se stesso.

Oggi, invece, il vomitevole andazzo generale della società contemporanea vuole che già dopo due o tre anni dalla sua uscita un film possa essere soggetto a remake (sostanzialmente inutile) solo ed esclusivamente per un unico scopo: non ha venduto secondo le aspettative iniziali. E allora giù con lo spargere soldi ad attori e registi famosi pur di attirare pubblico elemosinando letteralmente fama e potere mediatico. È il caso, purtroppo, di quel mezzo genio che è sempre stato David Fincher (indimenticabili Fight Club, Seven e il più recente The social network, oltre alla piaga di Benjamin Button), qui affiancato dalla star bondiana Daniel Craig e da Rooney Mara (era più brava Noomi Rapace nell’originale svedese), oltre che da quel mostro creativo che è Trent Reznor (leader e fondatore dei Nine Inch Nails, di nuovo autore della colonna sonora dopo l’Oscar vinto con The social network, sempre al servizio di Fincher) pur di suscitare attenzione verso libri e relativi film alla faccia dell’originalità creativa. Millennium, allora, altro non è se non un’accozzaglia spettacolare e cardiopalmica comunque ben diretta (vista l’ottima mano del commissionato) ma, nella sostanza, francamente inutile se non ad incrementare il volume del portafogli di Stieg Larsson, l’autore della saga Uomini che odiano le donne. Ed ecco di nuovo, dunque, il giornalista Mikael Blomkvist alle prese con un il potente industriale Henrik Vanger che da quarant’anni cerca la verità e il corpo della giovane nipote, probabilmente assassinata da un membro della famiglia. Mikael, allora, si avvale della collaborazione della giovane Lisbeth Salander, agente investigativo dal passato perturbante. A voi la scelta.

Ben più consigliabile, invece, è il primo esperimento di Martin Scorsese con la tecnologia 3D, vale a dire il tanto atteso Hugo Cabret (con Asa Butterfield, Sacha Baron Cohen, Ben Kingsley, Jude Law), oggetto, come afferma stesso l’autore della trasposizione cinematografica della fiaba di Brian Selznick, di una vera e propria riscoperta registica del cinema, viste le attuali ulteriori possibilità di illusione filmica. Scorsese, allora, affronta la storia di Hugo, un piccolo orfano che vive nascosto nella stazione di Paris Montparnasse negli anni trenta. Quando viene a scoprire, successivamente alla morte del padre orologiaio, uno straordinario automa guasto, decide di ripararlo grazie anche all’aiuto di un’eccentrica ragazza. L’automa, però, detiene segreti che riportano in vita vicende passate rimaste inabissate. A lungo andare, seguendo la trama e il senso dello svolgimento, un ennesimo scorsesiano atto d’amore verso il cinema.

Altra pellicola degna di considerazione per la sua decisa carica di rabbia e passione potrebbe essere il curiosissimo Hesher è stato qui (dal titolo disegnato come il logo dei Metallica, tra l’altro: di Spencer Susser, con Joseph Gordon-Levitt, Natalie Portman, Rainn Wilson), storia di T.J, un ragazzino da poco orfano di madre a causa di un violento incidente stradale e la cui vita familiare viene sconvolta, oltre che dall’avere anche un padre in stato vegetativo, anche dall’arrivo in casa di Hesher, un pazzoide metallaro dai capelli lunghi e pieno di tatuaggi che altro non sa fare se non far valere i suoi eccessi comportamentali. L’incrociarsi delle due vite, seppur completamente differenti, però, porterà entrambi a compiere un processo di autoconsapevolezza del proprio esistere sulla faccia della terra.

Per alleggerire (eccome) l’eventuale peso portante di film d’intrattenimento ma comunque dotati di un minimo di senso, arriva il lungometraggio dei mitici pupazzi Muppet (regia di James Bobin, con Jason Segel, Amy Adams, Chris Cooper), vera e propria reunion cinematografica (non bastavano quelle musicali) della storica gang televisiva che tanto ha appassionato e fatto sorridere intere generazioni. Gary e walter sono affezionati fratelli: il secondo, in particolare, è un grande appassionato del famosissimo Muppet Show e coltiva il sogno impossibile di farne parte. Quando, però, Gary e la fidanzata Mary accompagnano Walter ai Muppet Studios durante una vacanza a Los Angeles, insieme scoprono che l’edificio sta letteralmente crollando a pezzi e va per finire nel più totale dimenticatoio assieme a tutti i suoi personaggi. Solo una reunion di beneficenza, allora, potrà raccogliere i fondi necessari per salvare gli Studios.

Infine, altre due pellicole potrebbero destare un consistente interesse. La prima, francese, è Polisse (regia di Maiwenn Le Besco, con Karin Viard, Marina Fois, Nicholas Duvauchelle, Maiwenn Le Besco), storia di un gruppo di poliziotti dell’unità parigina di Protezione dell’infanzia, perennemente impegnati nella difficilissima assistenza a bambini vittime di svariate modalità di abuso, piccoli ladruncoli o ragazzine dalla sessualità fuori controllo. Sforzandosi, dunque, di trovare una soluzione plausibile per ognuno dei casi a solo assegnati, i protagonisti dovranno necessariamente paragonare tali situazioni alle loro personali condizioni comunque non di facilissimo approccio. La seconda pellicola, in questione, invece italiana, è Sulla strada di casa (regia di Emiliano Corapi, con Daniele Liotti, Vinicio Marchionni, Claudia Pandolfi, Donatella Finocchiaro), vicenda incentrata su Alberto, padre di famiglia con una consorte che egli stesso giudica troppo sincera ed ingenua perché non riesce a cogliere la sua “doppia attività” di corriere per gente poco raccomandabile. In una di queste spedizioni, però, qualcosa va storto e la sua famiglia viene presa in ostaggio da tre malviventi interessati al carico di cui è responsabile.

Buona visione.

Stefano Gallone

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Una risposta a Questa settimana al cinema

  1. avatar
    Rocco 02/02/2012 a 19:18

    “…inutile se non ad incrementare il volume del portafogli di Stieg Larsson”

    Ahem… Stieg Larsson è morto da anni.
    E, per sfiga, più o meno nel periodo in cui consegnò il manoscritto dell’ultimo libro.

    al sig. Gallone: complimenti per la sua capacità di documentarsi su ciò che scrive! :D

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