‘Questa sera si recita a soggetto’, quando è tutto il teatro che recita!

Roma – Tantissimi gli applausi ieri sera per la prima di Questa sera si recita a soggetto, al Teatro Quirino di Roma fino all’11 marzo, per l’ottima performance degli attori.

Questa sera si recita a soggetto è un testo per il teatro che espone un caso di gelosia ambientato in Sicilia, scritto da Pirandello nel 1930 rientra, insieme a Sei personaggi in cerca d’autore e Ciascuno a suo modo, nella trilogia del ‘teatro nel teatro’, che rivoluzionò il modo tradizionale di recitare introducendo nuove tecniche. L’azione degli attori non è più così limitata al solo palcoscenico, ma la loro interpretazione si apre alla platea, coinvolgendo anche il pubblico. Lo spettacolo – nella versione del Quirino – è diretto da Ferdinando Ceriani e interpretato dalla Compagnia Molière.

Dunque, come scriveva entusiasta Pirandello: «Tutto il teatro recita!» e non è possibile fare altrimenti. In fondo tutte le sere si recita a soggetto: la parola scritta da un poeta resta quella che è nello scritto, ma in bocca al cosiddetto interprete assume un altro valore, dice un’altra cosa. Insomma, l’opera del poeta si conosce nel libro, a teatro, invece, si conosce l’opera degli artisti che, rappresentandola, la ricreano a modo loro.

Gli attori non restano solo sul palco, ma sono per così dire ‘dinamici’: scendono continuamente in platea, si siedono tra il pubblico, chiamandolo a far parte della rappresentazione, abbattendo definitivamente la barriera che c’è tra il proscenio e il parterre. E’ questa una commedia ‘dei conflitti’ dove all’autore si sostituisce l’egemonia del regista, poi degli attori, poi del pubblico e, infine, dei personaggi stessi che prendono il sopravvento. Una grande struttura funambolica in perenne equilibrio tra illusione e verità che può riassumersi appunto proprio in questa breve esclamazione dell’autore: «Tutto il teatro recita!».

I protagonisti della storia sono tutti: dagli attori alle luci, al palco, alla platea fino al sipario. Quasi tutta la rappresentazione è animata da istruzioni e battibecchi, bizze e ripicche, fra gli attori protagonisti contro il loro direttore: è la lotta delle singole personalità, nessuna delle quali vorrebbe cedere il passo, nell’esigenze dell’insieme, alle altre, né sottostare agli ordini del capo. Il quale capo alla fine del second’atto (e forse è qui che s’è voluta vedere la satira) appare, ai suoi sottoposti, troppo dispotico, e viene messo bellamente alla porta dagli attori, divenuti finalmente concordi nel proclamare: «anche tu sei di troppo, faremo da noi».

Gli attori finiscono per identificarsi coi personaggi in cui si sono calati; ormai rifiutano le costrizioni altrui; vogliono vivere ciascuno, di sé e da sé. Tutta la rappresentazione sembra quindi procedere con allegria e sarcasmo, quando all’improvviso, e proprio alla fine, Pirandello decide di cambiare registro. E lo fa bruscamente! Riesce a commuovere il pubblico con una delle più tragiche e strazianti scene di teatro: il dramma e la morte di Mommina.

Mommina, nella pièce, è la primogenita fra le quattro prosperose figliole del signor Palmiro. Un tale Rico Verri, ufficiale di complemento in una piccola città di Sicilia, si innamora di lei e la sposa. Ma da qui inizia anche la gelosia retrospettiva di Rico, il quale diventato padre, sequestra la moglie impedendole ogni contatto con la madre e le sorelle.

Questa di Pirandello non è altro che un potente affresco della vita, grottesca e drammatica. «La vita, o la si vive o la si scrive», diceva Pirandello. Con questo testo, la si porta in scena. Dunque quale migliore occasione per scoprire con i propri occhi il pensiero (a quel tempo rivoluzionario) di Pirandello? Per questo c’è il Quirino di Roma che ha aperto il suo sipario… Buona visione a tutti!

Chiara Campanella

Foto via lafeltrinelli.it;associazionepuntoeacapo.it

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