
Puoi baciare lo sposo: una commedia per combattere il pregiudizio
Le unioni civili secondo Genovesi. 'Puoi baciare lo sposo' è una sorta di favola italiana sull’accoglienza
Arriva in sala Puoi baciare lo sposo, il nuovo film di Alessandro Genovesi, una commedia piacevole sviluppata sull’esigenza primaria di trattare temi densi con la giusta dose di leggerezza. La trama si dipana da Berlino, la città che ha accolto e ha visto nascere l’amore tra Paolo (Salvatore Esposito) e Antonio (Cristiano Caccamo). Quando, sull’onta di una dolce dichiarazione d’amore, Antonio chiede a Paolo di sposarlo, i due partono alla volta dell’Italia per coinvolgere le rispettive famiglie nel loro sogno d’amore. Perché si sa, “è facile fare gli omosessuali a Berlino”, ma farlo nel proprio paese di origine è tutta un’altra storia.
IN FAMIGLIA – Per Paolo la situazione è un po’ più complicata: orfano di padre, ha già provato in passato a mostrare la propria natura alla madre, la quale ha reagito con una decisa e ferma resistenza. Antonio invece, confida nell’animo aperto e conciliante dei suoi genitori: d’altra parte, suo padre Roberto (Diego Abatantuono), ha sempre fatto dell’accoglienza e dell’integrazione i punti fermi del suo vivere anche politico, convinzioni che lo hanno portato a ricoprire il ruolo di Sindaco presso Civita di Bagnoregio, paese natio di sua madre Anna (Monica Guerritore). Antonio e Paolo, accompagnati dai due improbabili coinquilini Benedetta (Diana Del Bufalo) e Donato (Dino Abbrescia), arrivano quindi nella bellissima Civita di Bagnoregio all’alba della Santa Pasqua e saranno accolti da posizioni ed opinioni a tutti gli effetti sorprendenti.
Perché questo matrimonio s’ha da fare. E sarà un tripudio, parola di Enzo Miccio.
L’IDEA di Puoi baciare lo sposo nasce da un musical di grande successo messo in scena a Broadway, My Big Italian Gay Wedding, che Alessandro Genovesi ha avuto modo di vedere alcuni anni fa. Il fascino di quella storia è stato poi riadattato al contesto strettamente italiano, ovvero in un panorama che, se da una parte ha ormai il riferimento normativo atto a garantire le unioni civili, dall’altra non ha ancora superato numerosi stereotipi e pregiudizi, atti a sostenere compiuta attuazione dei riferimenti di legge.
La voglia di edificare un film del genere dunque, corrisponde certamente ad un’esigenza spiccatamente culturale. Non solo: guardando questo film, il focus più interessante resta proprio quello delle famiglie che ruotano intorno all’amore di Paolo ed Antonio. Lasciando da parte per un momento il punto di vista di chi vive l’esigenza di affermare se stesso, il film sembra volersi concentrare su come venga vissuto tutto questo da chi ne è spettatore: che sia osservatore esterno, abitante di passaggio o figura istituzionale fino, naturalmente, alla figura del genitore. Per farlo, l’intera equipe cinematografica si è affidata al supporto di Francesca Vecchioni e dell’associazione Diversity, occupata nella rappresentazione responsabile delle persona LGBTI; è così che sono stati curati i tratti dei personaggi e si è affinato il realismo della storia, senza per questo trascurare la leggerezza dell’insieme, cercata nelle situazioni paradossali più che nelle battute sguaiatamente comiche.
TRA SPIGOLI E SEMPLICITÀ - Il risultato è una commedia che si fa apprezzare per non essere estremamente affettata né eccessivamente costruita. Si basa su un plot semplicissimo, privo di voli pindarici o formule troppo smielate. Insomma, quello che fa più riflettere di Puoi baciare lo sposo non poggia certamente sulla critica cinematografica, quanto piuttosto sulla riflessione culturale; perché è verissimo che in Italia, oggi, si sente ancora l’assoluta necessità di raccontare una storia come quella di Paolo ed Antonio e, con loro, quella di Anna e Roberto e, ancora, quella dell’intero paese che li ha cresciuti. Perché l’accoglienza concreta passa per ognuno di questi tasselli, e la quotidianità italiana, ora più che mai, manifesta il rischio di dimenticarsene con un po’ troppa facilità.
Valentina Malgieri