Provenzano e Riina? Gli ostacoli più importanti per la nuova mafia

Bernardo Provenzano (upload.wikimedia.org)

Bernardo Provenzano (upload.wikimedia.org)

Palermo – La maxi operazione portata avanti ieri dai carabinieri del Ros mette in luce nuove verità sull’organigramma di cosa nostra ed il suo momento storico. Una retata che ha permesso 62 nuovi arresti tra vecchi capofamiglia ed incensurati. Oggi sono uscite alcune intercettazioni che lasciano pochi dubbi su quale sia il vero ostacolo alla riorganizzazione complessiva di cosa nostra: i corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano e tutti coloro che sono a loro vicini.

“STA MORENDO..MISCHINO” – Dalle intercettazioni telefoniche tra l’anziano Mario Marchese e il giovane Santi Pullarà emerge chiaramente il problema numero uno di cosa nostra siciliana: «E se non muoiono tutti e due luce non ne vede nessuno… è vero zio Mario?» chiedeva con riverenza Pullarà. La risposta di Marchese è andata dritta al punto: «Beh..e beh..non se ne vedono lustro..e niente li frega ma no loro due soli…ma…tutto u vicinanzo… era sotto a loro… Graviano, Bagarella, questo di Castelvetrano». L’ultimo uomo di Castelvetrano è chiaramente il latitante più ricercato e considerato l’ultimo capo dei capi, Matteo Messina Denaro.

Matteo Messina Denaro, identikit (www.tp24.it)

Matteo Messina Denaro, identikit (www.tp24.it)

IL DIRETTORE DI SALA – La regola numero uno della mafia impone che fino alla morte o al pentimento Riina e Provenzano rimarranno capi. Nel frattempo il sovrintendente al Teatro Massimo, Francesco Giambrone, ha disposto la sospensione di uno degli arrestati di ieri che oltre a portare avanti affari con i clan era anche direttore di sala del più importante teatro di Palermo. La Fondazione si è dichiarata estranea all’inchiesta e sarà parte civile al processo.

NUOVE METASTASI – Nel frattempo oltre alle questioni organizzative e nomi nuovi, emerge nuovo patrimonio della malavita infiltrata nella gestione di immobili e sale bingo. La mafia insomma continua a subire colpi e mostra un’incapacità di riorganizzarsi dovuta soprattutto a problemi interni oltre che alle sporadiche ma consistenti avanzate dello stato.

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