Prescrizione. Il generico dubbio sulla Giustizia

stefano graziano wikipedia.org

Stefano Graziano (Wikipedia.org)

Roma – Disse Stefano Graziano, presidente del Pd campano nonché consigliere regionale, all’indomani dell’indagine a suo carico per il fumoso reato di concorso esterno in associazione mafiosa: «Comunico la mia autospensione dal Pd in attesa di chiarire, al di là di ogni anche generico sospetto, la mia posizione». Auguri.

Dopodiché le parole di Graziano sono emblematiche di quel che la magistratura è diventata giacché qua si affida il sospettato al generico dubbio laddove in altri paesi di Diritto ci si attiene a quel che è ragionevole dubitare, prove in mano.

La differenza sta nella storia oltre che nella presunzione di innocenza ormai dimenticata. Sarebbe un precetto basilare dello Stato di Diritto, ma il sindacato Anm di Piercamillo Davigo ha ricordato nel suo recente tour di interviste che è solo «un fatto tecnico»; e che la magistratura non è mai in errore; e che tutti sono corrotti, di solito i politici, ma siccome la giustizia è uguale per tutti, siamo spacciati. Tutti. E via con la questione morale.

LA GIUSTIZIA FA DA SE’ – E va bene così giacché sono 25 anni che ci si straccia le vesti in materia di Giustizia. Ma quando scatta l’ennesima indagine alle soglie di un voto elettorale sul politico locale governativo di turno, dopo la quale il Governo in carica ritocca l’agenda politica per venire incontro alle istanze dell’Anm che desidera un allungamento dei tempi della prescrizione dei processi, si strombazza una volta per tutte che la magistratura interferisce con la politica. Punto.

Posto questo rimane l’assurdo concetto secondo cui l’eternità dei processi nostrani si può contenere con l’allungamento della prescrizione che è un po’ come dire che per fare smaltire la sbornia a un ubriaco è necessario dargli da bere del vino.

SINDACATO E GORGIERA – Dicono in Anm: la prescrizione è colpa di avvocati della difesa troppo zelanti che si appigliano ai cavilli per diluire i tempi; è colpa del sistema; è colpa delle leggine ad hoc del governante che fa il furbetto. E va bene anche questo, peccato che quello che l’Anm non dice è che: a) il diritto alla difesa è un caposaldo inviolabile ragione per cui difesa e accusa hanno o dovrebbero avere pari dignità e spazio; b) il Consiglio d’Europa pubblica annualmente dati sull’andamento della Giustizia dei Membri, concludendo che in Italia la prima causa di prescrizione è l’indagine: eterna, infinita, inconcludente. Tutto il resto non c’entra nulla.

Quindi Graziano è innocente? Boh, sarà la magistratura a stabilirlo. Quando non è chiaro. Ma, soprattutto, qualora fosse riconosciuto non responsabile, fregherebbe poco un po’ a tutti nel mentre che il presidente non eletto del principale sindacato delle toghe ribadisce che la colpa morale e penale sono la stessa roba.

Sicché si torna alla storia, quella ispirata e quella buia, e un confronto tra ieri e oggi aiuta ad osservare le cose con distacco disincantato.

DIRITTO STORICO – Il diritto romano garantiva il confronto orale tra accusa e difesa. La prima era obbligata a dimostrare con l’onere della prova la fondatezza delle accuse entro un limite temporale. Così ci si assicurava che la punizione dell’autorità per i colpevoli non si trasformasse in persecuzione per tutti, annientando il senso del diritto. L’accusatore che non riusciva a dimostrare le proprie tesi era punito con la stessa pena riservata al colpevole.

La Santa Inquisizione si muoveva su altri binari. Illustrava Fra Nicolau Eymerich, nel suo celebre Manuale dell’Inquisitore (1376): il giudice era anche accusa. Al sospettato toccava dimostrare l’infondatezza dell’incriminazione e per essere accusati era sufficiente una ‘diffamazione’ e un testimone che fosse pronto a giurare davanti a Dio. Con un paio di testimoni si finiva sul rogo o, in alternativa, torturati fino all’ammissione di colpevolezza.

I termini processuali erano illimitati e le udienze erano a discrezione del giudice-santo-inquisitore. L’accusato, nel frattempo, soggiornava in carcere e non di meno per essere sottoposti all’iter giudizio bastava una denuncia o altro sospetto ‘generico’. Poi cominciava l’inquisizione ovvero l’inquirere: investigazione lunga, lenta ed indefinita sulla moralità dell’imputato finché era di comodo o non ci si riteneva eventualmente soddisfatti. Eventualmente. La Santa Giustizia.

Chantal Cresta

 

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