
Ncd – Pd: la calma apparente prima della tempesta
Una settimana politica – per certi versi – di calma apparente, rispetto alle altre. L’era renziana ci aveva abituato a nuovi registri adrenalinici, quando un consiglio dei ministri non era tale senza una decina di decreti o quando un post di Beppe Grillo scatenava paginate di reazioni e isterie. E il comico genovese e leader del M5s, proprio poche ore fa, ha rotto maldestramente la web-quiete di questi giorni con un post surreale e alquanto penoso nel quale – si legge ad incipit – che «ci sono inquietanti analogie tra Andrea Lubitz, il copilota dell’Airbus A320 della Germanwings che si è schiantato sulle Alpi francesi, e Matteo Renzi che sta schiantando l’Italia. Si tratta in entrambi casi di uomini soli al comando». Va bè, transeat conoscendo l’autore del testo. Rimane il fatto che questa è stata una settimana di voci sussurrate, tutt’al più di vagiti innocui prima che arrivi la tempesta (forse devastante) e si affermino decisioni ad alta fibrillazione in tutto il quadro politico, a sinistra come a destra.
REBUS NCD – Di Ncd rimane l’amarezza di aver sacrificato il suo più innocente agnello, Lupi: l’ex ministro dei Trasporti soccombe – con stile e qualche imbarazzo – alla montagna di critiche e di sospetti pur non essendo indagato nella maxi inchiesta sulle grandi opere secondo il teorema tutto italiano per cui vola la testa del ministro mentre il cuore incancrenito dell’illecito rimane lì, dentro le pieghe dei ministeri, negli uffici dei dirigenti cioè i veri manovratori del bene come del male. La vera puzza che spuzza – direbbe il Papa – non la si fiuta nelle stanze eleganti del ministro, ma casomai nel più angusto degli uffici quando si passano le carte che scottano e si prendono decisioni poco edificanti a scapito dei cittadini e dei soldi della collettività.
Ad ogni modo il partito di Alfano – dato dai sondaggi in media al 3% – perde un pezzo importante ed va alle prossime regionali giocando la carta Tosi come il possibile leader di un centrodestra moderato, sempre che Berlusconi non sciolga la riserva sull’alleanza con Salvini. Alfano comunque non ha avuto (e non ha) vita facile, quasi avesse la nuvoletta di Fantozzi quando esce in macchin: accanto a Berlusconi non aveva il quid, vice di Letta ha dovuto scindersi da Forza Italia e adesso – con Renzi – mangia mele avvelenate a chili. Uno psicodramma degno di un noir contemporaneo, anche perché legittimamente il ministro degli interni e capo di Ncd non può rinunciare al ruolo di alleato di governo, ma dimentica il cambiamento paradigmatico della politica italiana dove il centrismo è finito da un pezzo, il quadro è tripolare e l’area popolare (e istanze programmatiche) è ben salda nelle mani di Renzi, vittorioso alle Europee proprio per aver drenato al centro e a destra. Hai voglia a dire di costruire un centrodestra moderato e alternativo alla sinistra per il 2018 quando proprio il premier accelera sulla legge elettorale, come a dire che vuole gettare le basi per le urne sempre più anticipate. Che farà Alfano? A sentire Claudio Cerasa, direttore de il Foglio, Ncd dovrebbe – proposta shock – inglobarsi addirittura nel Pd diventando NCPD (nuova corrente Partito Democratico). Verrebbe da ridere, ma anche no.
REBUS PD – L’accelerazione sull’italicum decisa da Matteo Renzi è il chiaro segno del premier a voler dare concretezza al cammino delle riforme: forte dei primissimi segnali di ripresa dell’occupazione – aiutato dal QE della Bce – il segretario del Pd spinge la sua minoranza verso l’angolo del ring, meglio ancora alla conta che sa di anatèma biblico «o con me o contro di me». Ormai considera la questione della riforma elettorale come gli 80 euro cioè da portare a termine e – per alcuni aspetti – non ha tutti i torti. L’italicum è sì il figlio primigenio dell’ex patto del Nazareno affossato a valle del Quirinale ma è indubbio che il testo ormai in discussione è un mix negoziale in cui ci sono i desiderata di tutte le sensibilità. Vi sono infatti il premio di maggioranza col doppio turno a gusto mixato Forza italia/Pd, preferenze dal sapore cinquestelle, soglie di accesso ai piccoli partiti innalzate dalla fragranza Sel e Ncd nonché preferenze di genere al profumo intenso delle pari opportunità.
Tuttavia la minoranza del Pd è sul piede di guerra fra ironia e irritazione. Bersani, Fassina, Civati and co sono più categorici del premier dichiarando il loro no alla quota di candidati bloccati sovra-scrivendo le loro stesse posizioni di neanche pochi anni fa quando gridavano allo scandalo delle preferenze. Ma adesso preferenza sia purché polemizzare con il loro segretario. O meglio, siamo nei giorni del post-penultimatum per cui alla prossima direzione Pd si vedrà se la minoranza diventerà maggioranza della nuova coalizione sociale capeggiata da Landini. Ieri il Papa ha aperto le porte della Sistina ai clochard, dalla prossima settimana la sede del Partito Democratico spalanca portoncini e finestre. Chi varcherà con indignazione quella soglia? Vedremo…