Nasce l’unione energetica europea: e il resto?

L'autonomia energetica dell'unione - www.reporte24.es

L’autonomia energetica dell’unione – www.reporte24.es

Con il vaglio del Consiglio europeo comincia a prendere forma l’unione energetica europea  - Union Energy – ovvero il protocollo che unifica il mercato energetico di tutta l’Europa. Una notizia davvero rilevante  per almeno due importanti aspetti connessi al tema dell’energia, cioè la sicurezza dei fabbisogni degli stati e l’integrazione dei mercati nazionali. Il mercato energetico europeo «deve essere prima di tutto efficiente e trasparente, e per riuscirci è necessario investire di più in ricerca e innovazione» ha dichiarato il vice-presidente della Commissione e responsabile per l’Unione energetica, Maros Sefcovic,spiegando al Parlamento di Bruxelles i punti cardini del piano in questione. Ma da cosa nasce una tale convergenza energetica?

COSA CAMBIA – Il problema a monte è la storica dipendenza energetica del continente europeo da fonti esterne, sopratutto gas e petrolio provenienti rispettivamente da Russia e paesi arabi. Per quest’ultimo fronte il crollo del prezzo del barile ha di fatto agevolato un aspetto del problema e cioè un considerevole risparmio del carburante. E comunque luce, riscaldamento, trasporti e produzione industriale sono la sequenza perfetta per un rilancio del Pil di tutta l’area per cui l’importazione energetica dall’esterno è il dossier strategico di questi anni. Le regole comuni sancite dal consiglio europeo su proposta dell’esecutivo guidato da Juncker è certamente un dato positivo. Il nuovo protocollo poi rafforza il mercato interno con la creazione di un network dei players nel settore che potranno ottimizzare i piani industriali sopratutto nel rapporto con la Russia relativa al gas.

Mossa che si è ritenuta necessaria negli ultimi mesi con la crisi ucraina. Un bene come il gas infatti è stato utilizzato – a più riprese – come strumento di pressione internazionale e di ricatto geo-economico dalla Federazione russa negli ultimi teatri ucraini: in questo senso  la nuova intesa rafforza la capacità di interlocuzione politica con Putin attraverso una maggiore interconnessione delle reti nazionali e una più intensa produzione delle fonti rinnovabili. La mission porta la data del 2030 quando tutto il continente deve poter arrivare all’obiettivo del 20% di autonomia energetica. Interessante per un quadro più articolato della questione è la lettura del dossier Un’energia sostenibile pubblicato sul sito dell’UE e che da pochi giorni vede una prima concretizzazione fortemente voluta dal presidente Juncker e dallo slovacco Maros Sefcovic che occupa un dicastero ad hoc. Siamo ancora al vaglio del piano attuativo ma è un primo passo importante, inscritto dentro il piano per gli investimenti annunciato dall’esecutivo Juncker.

CRITICITÀ- Tutto pacifico verrebbe da dire, ma le criticità sono tutte sul tappeto. il tema dell’energia si porta a traino il perdurare disastroso di una seria politica estera unitaria sovranazionale. E’ mancato in questi anni di sbilanciamento degli intenti europei  – laddove la moneta ha prevalso sui popoli – un progetto a medio e lungo termine di unificazione delle diplomazie iconizzati dalla sbiadita presenza dell’Alto commissario alla politica estera nei tavoli che contano. E pensare che il presidente Clinton salutò – a suo tempo – la nomina dello spagnolo Javier Solana come il numero di telefono da chiamare per parlare con l’europa. Pensate un po adesso dopo le ultime crisi internazionali. Sia la Ashton che la nostra Federica Mogherini fanno una fatica erculea per avere un ruolo decisivo al netto dei propositi e delle dichiarazioni di circostanza. C’è chi parla di “anno zero” del continente, ostinatamente impegnato al risanamento dei debiti sovrani (ci mancherebbe) e dormiente su tutto il resto. O meglio il dibattito culturale denuncia da tempo l’assenza nel voler affrontare la complessità europea, la sua mission dentro lo scacchiere internazionale, il suo ruolo di potenza multiculturale ed economica, il suo essere luogo di pace e di solidarietà.

Sfida gigantesca ma necessaria dopo le tragedie del novecento dalla quale l’europa non può sottrarsi in nome del Pil e dell’energia, categorie riferite agli effetti ma che necessitano di una chiarezza sulla cause. Perché dobbiamo stare uniti, perché dobbiamo sempre più essere europeisti? Domande aperte anche dopo aver chiuso le urne mesi fa. Ha ragione il nostro premier  Matteo Renzi quando approccia alle questioni europee allargando lo zoom a tutto il mediterraneo, meglio ancora guardando al planisfero. Non è un caso che anche adesso Obama non trova il numero per chiamare l’europa.

Giuseppe Trapani

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