
Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno scatenano un putiferio
Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno scatenano un putiferio con la proposta di legge che vorrebbe in carcere il genitore che denigra l'ex davanti ai figli
Proteste, manifestazioni, appelli, polemiche: ecco quello che si è scatenato sul web e fuori dal web a causa delle parole di Michelle Hunziker intervistata da Fabio Fazio a Che tempo che fa venerdì 10 maggio. La Hunziker ha parlato della proposta di legge presentata dall’avvocato Giulia Bongiorno – con la quale ha ideato Doppia Difesa, fondazione che ha l’obiettivo di aiutare le vittime di abusi, violenze e discriminazioni ad uscire dal silenzio – che vorrebbe punire con il carcere il genitore che si macchia della colpa di denigrare l’ex davanti ai figli.
LA TERRIBILE PAS – In sostanza, secondo la Hunziker e la Bongiorno, se un genitore mette i figli contro l’altro, parlandone male e facendoglielo odiare, nei figli si scatena la temutissima PAS: la sindrome di alienazione parentale per cui il bambino non vorrà più vederlo. Il genitore che fa una cosa del genere, secondo le due donne fondatrici di Doppia Difesa, dovrebbe finire in carcere. Ed è a questo punto che è scoppiata la polemica, multimediale e non: alcuni professionisti hanno gridato alla “bufala”, dichiarando che la PAS non esiste, che non è una sindrome. C’è chi sostiene che – mettendo da parte la PAS – anche se uno dei due genitori effettivamente denigra l’altro, sarebbe una cosa orribile che finisse in prigione: immaginate una madre (o un padre) che parlano male dell’altro al proprio figlio. Questa madre (o questo padre) finisce in galera per questo. Il bambino finirà in una comunità, perché molto probabilmente lui e la madre (o il padre) erano stati abbandonati: così, con la mamma in carcere e il padre non rintracciabile (o viceversa), la vita del bambino sarebbe migliore?
LA REAZIONE DI GIULIA BONGIORNO – Dopo la puntata di Che tempo che fa e le polemiche che ne sono seguite, la Bongiorno ha cercato di mettersi al riparo: «Vorremmo che fosse chiaro dal punto di vista giuridico quel reato che oggi non ha un nome e che sta nella terra di nessuno fra la diffamazione e i maltrattamenti. Mi spiego: se un genitore prende il proprio figlio e scappa, il reato è sottrazione di minore; se usa la violenza fisica o psicologica parliamo di maltrattamenti. E se invece influisce sul bambino continuando ad autopromuoversi e a denigrare senza ritegno l’altro genitore? E se per dieci volte di fila trova una scusa per non far vedere il figlio all’altro? Come li chiamiamo questi atteggiamenti? Come facciamo a punire tutto questo ammesso che si riesca a dimostrarlo? Ecco, questo per noi è un abuso di relazione familiare o di affido. E credo che se fosse un reato, con la sua punibilità sarebbe anche un deterrente per i tanti, troppi genitori che lo commettono. Chi si occupa di questioni familiari, come me, lo sa bene che le cose vanno così spessissimo. Poi, certo, tutto è perfettibile. Ma io dico: parliamone, sediamoci attorno a un tavolo e discutiamo di ogni virgola. La sola cosa sulla quale non si può discutere è la violenza: per me non esistono forme di violenza private. La violenza riguarda tutti, anche se è una violenza psicologica di un padre o di una madre nei confronti del proprio figlio. E parlo di padre e madre non a caso, qui non è questione di genere.
Non ho l’ansia da reato, semmai quella di punire condotte che non sono punite. Anche con la legge sullo stalking mi dicevano: sono fatti privati, come facciamo a metterci il naso? Mi criticarono ferocemente anche allora, dissero che volevo perseguitare i fidanzati, che ce l’avevo con il corteggiatore che mandava le rose… Si è visto com’è finita».
Mariangela Campo