Marcello D’Orta: addio prof, ‘cattivo maestro’ e facile profeta

Marcello-D'Orta

Marcello D’Orta (campanianotizie.com)

È morto stamattina a Napoli Marcello D’Orta. Un nome ed a suo modo un simbolo. In molti avranno esitato qualche secondo leggendo il suo nome nei titoli dei tg o delle testate online. Il tempo che a quel nome venisse associato Io speriamo che me la cavo, piccolo gioiello tragicomico letterario (e poi inevitabilmente cinematografico) del 1990, che ha fatto sorridere ed indignare nella stessa misura studenti, genitori, società.

IRONIA… - Quei temi scolastici di bambini di un istituto elementare di Arzano, provincia di Napoli, in cui ironia involontaria, dialettismi e tasso di alfabetizzazione minimalista si susseguivano senza sosta, sono stati allo stesso tempo sceneggiata partenopea e grido d’allarme. Il gusto per la risata dettato da strafalcioni, spesso grossolani, si è rivelato il fianco scoperto ed attaccabile, da mostrare alle critiche perbeniste. Marcello D’Orta, prima docente e poi scrittore, è stato bollato come il “cattivo maestro” di turno: l’approfittatore che, invece di intervenire sulle fragili fondamenta culturali dei suoi alunni, ha pensato bene di monetizzarne la surreale spontaneità. Con l’aggravante del riferirsi ad un territorio, quello dell’arzanese, all’epoca – e non solo – martoriato dall’abbandono scolastico e dai banchi visti come ostacolo tra le fragilità dell’adolescenza e la relativa certezza di un lavoro manuale, percorso obbligato (e sommerso) per colmare le lacune economiche di famiglie indigenti.

… E ALLARME - Il messaggio provocatorio, però, è stato approssimativamente accantonato sin dall’inizio, per italica comodità: quello di un sistema scolastico in lento ed inesorabile declino. Un grido d’allarme messo a tacere e rifilato in un angolo, come se chiudere gli occhi aiutasse a far svanire i problemi reali. Così non è stato, così non è: dalla riforma Berlinguer di poco successiva all’uscita del libro di D’Orta (1996) alla tristemente nota riforma Moratti, senza dimenticare le ultime stilettate targate Fioroni e Gelmini, la scuola italiana è una chiatta in alto mare, che imbarca acqua ad ogni miglio marino. La rincorsa all’ottimizzazione delle statistiche (riduzione tasso di dispersione scolastica, aumento percentuale diplomati e laureati) si è tradotta in una mera sfida numerica, operata sottostimando l’importanza dei contenuti nella formazione del corpo docente e nell’adeguamento dei programmi scolastici.

ISTRUZIONE ITALIANA? BOCCIATA – I risultati, seppur vagamente lusinghieri rispetto a quelli degli anni precedenti, sono da censura immediata se paragonati a quelli dell’Unione Europea. Il tasso medio di abbandono scolastico 2013 dell’UE è al 12,8%, l’Italia lo ha ridotto soltanto fino al 17,6%. Da brivido i dati sul settore più caro agli statisti (e ai futuri lavoratori), quello universitario: in Europa il numero di giovani tra i 30 ed i 34 anni che ha concluso con successo il percorso di studi è il 36%. In Italia il tasso è fermo all’imbarazzante dato del 21,7%. Ultimo posto tra i 27 paesi dell’area. E non ci si venga a dire che il sistema dei crediti, del 3+2, dell’1+4 e derivati vari, senza corrispondente adeguamento dei programmi di studio, non abbia influito.

Il libro "Io speriamo che me la cavo" (sololibri.net)

Il libro “Io speriamo che me la cavo” (sololibri.net)

LAUREA O L’AUREA - Per di più, la realtà descritta da D’Orta nel 1990 è tragicamente attuale e sotto gli occhi di tutti grazie al non-filtro dei social. Si potrà provare a dare all’infinito la colpa ai correttori automatici e agli errori di battitura, ma la quantità di italiani, con istruzione medio-alta, che si cimenta in consecutio avventurose su Facebook – e che utilizza intercambiabilmente su Twitter è verbo o e congiunzione – è spaventosamente elevata (@Vendommerda docet). La formazione scolastica di base delle attuali generazioni è affidata alla bontà e all’amor patrio di quei pochi pasdaran grammaticali delle fu scuole elementari e medie, che abbiano a cuore i risultati del collettivo e non si crogiolino sulle abilità dei singoli. Quando ciò non avviene, è inevitabile partorire nel mondo del lavoro laureati con spaventose lacune lessicali. Il lavoro che dovrebbe essere fatto a monte, non viene mai verificato alla foce. E sono troppi gli ingegneri in grado di tenere su un palazzo di dieci piani, ma incapaci di spiegare a parole come facciano, senza demolire le fondamenta della propria lingua madre.

D’Orta ci lascia a 60 anni. Sessanta, come i temi di Io speriamo che me la cavo che fecero tanto sorridere, troppo blaterare e troppo poco riflettere. E ci lascia vittima di un cancro, nel cuore della terra dei fuochi. Attuale in vita, attuale nella morte.

Francesco Guarino
@fraguarino

Foto homepage: cultura.nanopress.it 

Share and Enjoy

  • Facebook
  • Twitter
  • Delicious
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Add to favorites
  • Email
  • RSS

Ti è piaciuto questo articolo? Fallo sapere ai tuoi amici

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

 
Per inserire codice HTML inserirlo tra i tags [code][/code] .

I coupon di Wakeupnews