Manovalanza, ‘Last live at Terrazza sul Lago’. Documentare il senso di ribellione

Esce il primo album live della nota band ska-punk aretina e il valore di documento sonoro attraversa le barriere della discografia per farsi stimolo di lotta ideologica

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Chiunque abbia provato almeno una volta, in vita sua, a mettere su una band e andarsene in giro a suonare tra pub, ristoranti, sagre, feste di piazza, festival sgangherati o quanto altro, sa bene quanto è difficile sopravvivere in un calderone marcescente desideroso solo di attirare l’attenzione dell’addormentato di turno per vendergli qualche birra in più. E allora giù con cover band pacchiane per far finta di divertire un’ipotesi di pubblico con qualcosa di finto, morto, obsoleto, sciatto e chi più ne ha più ne metta. Se, poi, i locali seri – quelli dove si suona per davvero musica interessante e, soprattutto, vera, propria, con idee e senso di condivisione e comunicazione – chiudono o vengono sequestrati per l’ennesima burocrazia di sorta, allora è veramente il caso di fare le valigie, ringhiare in faccia a qualcuno e partire per non più tornare. Oppure no, forse c’è un modo per sottolineare lo stato delle cose pur senza avere il potere di cambiarle.

LA FUNZIONE DI UN DOCUMENTO SONORO – Oltre a quella di donare alle stampe un lavoro sonoro diretto, senza fronzoli e senza giri di parole ma, più di tutto, pieno di energia e carica vitale per argomentazioni ben più interessanti rispetto a quelle poste in essere da vari colleghi di genere, potrebbe essere anche questo il motivo per cui una band fortunatamente apprezzata anche all’estero (a momenti con più possibilità di realizzazione fuori dal muro di gomma italiota) come quella degli aretini Manovalanza (Mattia alla chitarra e alla voce, Riccardo al basso, Valerio al tromobone, Francesco alla tromba e Marco alla batteria) sceglie di pubblicare il primo album dal vivo in funzione di documento sonoro (ma anche video attraverso un apposito DVD) proveniente dall’ultima serata di vita di un locale tra i più storici e importanti per la vita reale della vera musica dal vivo (La Terrazza sul Lago di Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo), attestandone definitivamente l’esistenza in speranzoso auspicio di rinascita.

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SKA-PUNK DIRETTO E SENZA FRONZOLI – Quando una qualunque band decide di dare vita ad un disco dal vivo, infatti, c’è sempre un motivo ben preciso alle spalle. Il più delle volte, questo motivo coincide con pure trovate di marketing allo scopo di supportare un ennesimo tour mondiale per raccattare soldi fino all’ultimo centesimo, fin dove possibile. Altre volte, però, l’intenzione è quella di immettere nel sacro mondo dell’esistenza un vero e proprio documento con duplice significato, tanto discografico quanto, appunto, metadiscorsivo in termini di rappresentanza di un reale ben preciso e specifico (che include anche il fatto che proprio i Manovalanza, in quel locale, iniziarono la loro carriera ben dodici anni or sono). Last live at Terrazza sul Lago, allora, è una rasoiata di puro ska-punk senza troppi giri di parole, semplice e diretto ma corrosivo e sincero, efficace, un vero e proprio coacervo di energia e grande gusto per la melodia non privo di predilezione per il riff e la distorsione tanto dei suoni quanto dei contenuti (si vedano, ad esempio, le tematiche trattate dai precedenti dischi in studio, tutte argomentazioni che vanno dai disturbi ossessivo-compulsivi all’apologia della solitudine e della misantropia intesa come tutt’altro che una malattia o un difetto di ansia sociale, rasentando la soglia di un desiderio individualmente sovversivo più sincero e liberatorio).

LA LIBERAZIONE DI UN ISTINTO – Documento potente e scuotente ma non per questo meno preciso e perfettamente godibile in ogni contesto e in ogni situazione, Last live at Terrazza sul Lago prende il genere di riferimento e ne fa motivo di liberazione per istinti e desideri di rivolta intellettuale attraverso una semplicità a tratti ripetitiva ma senza alcun dubbio travolgente e sempre ai limiti del più sincero surriscaldamento emotivo. Brani come Jagermeister, Musica dell’acqua calda, Tutto contro, Vestiti usa e getta, Miserabili noi o Anziani a vent’anni assumono una veste del tutto priva di trucchi e sberleffi per rappresentare unicamente se stessi in un contesto che più immediato e coinvolgente non potrebbe essere possibile da generare.

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Su tutto, però, spicca la particolare verve con cui viene riproposto uno dei brani più significativi per il corpus contenutistico del repertorio dei Manovalanza. Proprio in Che gioia il buio, infatti, la narrazione focalizza la sua attenzione su un trentenne che, sentendosi rifiutato dal mondo, decide di vivere in solitudine attraverso passeggiate notturne e sventolare la bandiera di una solitudine vista come liberazione dal male dei rapporti sociali forzati. Emotivamente parlando, la metafora sprigionata da un brano del genere è abbastanza chiara in termini di pazienza nei confronti di una condizione socio-culturale nostrana particolarmente abbandonata allo sfascio. Ma si tratta, fondamentalmente, di un’ulteriore carica di passione e determinazione necessaria per portare avanti un discorso legato al concetto di lotta contro ogni specifica tipologia di difficoltà.

Il tutto alla luce del vero senso di origine del punk: desiderare ardentemente qualcosa di diverso e stimolare una lotta prevalentemente ideologica al fine di ottenerlo. Fosse anche la semplice riapertura di un locale amato e importante.

Voto: 7,5

Stefano Gallone

@SteGallone

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