
Malawi: jet presidenziale venduto per sfamare il popolo
Lilongwe (Malawi) – Può la vendita di un aereo di Stato permettere di cambiare le sorti di una parte della popolazione? In Malawi, la risposta è – drammaticamente – sì. Ecco perché l’annuncio a sorpresa di Joyce Banda, la prima donna ad essere eletta presidente di questa piccola repubblica nell’Africa meridionale, di mettere in vendita il jet presidenziale per comprare una grande riserva di mais, assume un significato molto importante.
L’aereo, acquistato dall’ormai defunto presidente Bingu wa Mutharika nel 2009 per una somma pari a 16,5 milioni di euro (mentre l’intera ricchezza della nazione è stimata in 4,29 miliardi di euro), è stato rivenduto per 11,2 milioni di euro, e i soldi così ottenuti sono stati immediatamente messi a disposizione del ministero dell’Economia, al quale la presidente Banda ha dato mandato di acquistare quanto più mais sia possibile, e di distribuirlo alla popolazione. «Questo denaro verrà utilizzato per l’acquisto di mais e per aiutare l’alimentazione della popolazione», ha riferito alla stampa il portavoce del dicastero, Nations Msowoya.
Lo scorso anno, a termine di paragone, l’acquisto di mais per la redistribuzione collettiva era costato circa 30 milioni di dollari, la metà cioè del denaro ottenuto dalla messa sul mercato del jet presidenziale. La cessione dei mezzi dell’esecutivo – comprese le numerose auto blu, tutte Mercedes, acquistate durante la presidenza Mutharika – è solo uno dei passaggi che la Banda, da sempre attiva per la difesa dei diritti umani, ha iniziato a mettere in atto per aiutare la popolazione malawiana.
Tuttavia, questo passaggio non contribuirà a risolvere in via definitiva le sorti di una economia particolarmente fragile, anche a causa del ritiro degli aiuti esteri, che fino allo scorso anno contribuivano per il 20% al Prodotto Interno Lordo (1,023 miliardi di $, secondo dati Treccani). Questo distaccamento dei paesi occidentali prese il via, nel 2009, quando il Regno Unito (quarto partner commerciale nelle esportazioni) rifiutò di versare nelle casse del Malawi 3,5 milioni di euro, in risposta all’acquisto del jet di cui abbiamo già detto.
Nonostante ciò, il tasso di crescita della ricchezza – al 5,5% – rimane tra i più alti della regione, sebbene l’effettivo introito annuo per persona sia inferiore ai 900 dollari, e l’inflazione sia balzata al 35%, anche a causa delle continue svalutazioni della moneta locale, il kwacha, per rendere più competitivi i prodotti esportati – principalmente tabacco, banane e canna da zucchero.
Molto importante, sebbene le infrastrutture siano carenti e le visite piuttosto scarse, è anche il settore del turismo, che beneficia principalmente della grande attrattività del Lago Malawi, uno degli specchi d’acqua dolce più grandi del continente africano e del mondo intero, e meta ambita per gli studiosi, essendo il lago con la maggiore biodiversità al mondo.
La situazione per gli albergatori e i ristoratori è, al pari di quella della popolazione, particolarmente difficile. «A volte trascorrono tre mesi senza beni di prima necessità. È molto difficile gestire un albergo in Malawi», sono le parole che la direttrice del Chembe Eagle Nest, una delle principali destinazioni turistiche nel Lake Malawi National Park, ha riferito al quotidiano spagnolo “El País”, aggiungendo che a volte l’approvvigionamento di materia prima, come ad esempio i petti di pollo, sottrae risorse a un’intera città.
Continui blackout del sistema elettrico, impossibilità di rimorchiare automobili in panne, bancomat che non funzionano per assenza di denaro, con il mercato nero che diventa l’unico sistema per cambiare euro e dollari in moneta corrente. Eppure, i giudizi generali sull’operato di Joyce Banda, a capo del Malawi – lo stato più felice d’Africa, secondo una pur discutibile statistica - da poco più di un anno, sono sostanzialmente positivi, salvo alcune eccezioni, e senza tener conto di situazioni patologiche, come la corruzione che coinvolge la frontiera con il Mozambico, dove i funzionari della dogana chiedono spesso mazzette e pagamenti in dollari per lasciar passare le autovetture. In fondo, tutto il mondo è paese.
Stefano Maria Meconi