
Maker Faire a Roma, gli artigiani 2.0 del Make in Italy [FOTO-VIDEO]
Li chiamano creativi, inventori, artigiani 2.0. Loro sono i Makers, i “creatori” hobbisti tecnologici del 21esimo secolo che per tre giorni si sono dati appuntamento a Roma per la seconda edizione del Maker Faire, The European Edition. Non necessariamente nerd, sono smanettatori e appassionati di tecnologia, design, arte, sostenibilità. Sono dei veri “creattivi”, quelli che cento ne pensano e cento ne fanno, saldamente convinti che l’open source e la condivisioni dei saperi e delle risorse intellettuali siano fondamentali per avviare nuovi processi di innovazione tecnologica e produttiva.
IL MOVIMENTO MAKERS – C’è una cultura di base che accomuna i makers, ovvero quello della «condivisione» e del «do it yourself». Idee, progetti, competenze da condividere affinché altri makers possano utilizzarne una parte che più interessa, o mettere a disposizione le proprie professionalità per ampliarla o completarla.
Un’ideologia che incuriosisce e affascina la gente, al di là poi dei prodotti e delle realizzazioni che vengono esposti e venduti. Perché talvolta dietro ci sono storie di persone che iniziano ad usare la tecnologia per fare dei piccoli esperimenti o cose fatte in casa, e che il primo vero prototipo poi lo realizza con il crowdfunding, grande alleato dei maker. Il sogno nel cassetto è uguale per tutti, vivere delle proprie invenzioni e trasformarsi in azienda.
LE INVENZIONI AL MAKER FAIRE 2014 – Promosso e organizzato da Asset-Camera, azienda speciale della Camera di Commercio di Roma, il Maker Faire ha riunito per tre giorni, dal 3 al 5 ottobre all’Auditorium Parco della Musica, i makers di tutto il mondo. Oltre 600 invenzioni in un percorso per grandi e piccini che ha spaziato dalla robotica alla tecnologia, dai software agli hardware.
Dai tanti stand dedicati alle stampanti in 3D, dalle più tradizionali a quella che lavora materiale in argilla o cemento o addirittura la pasta per produrre “uno spaghetto unico lungo 6 metri“, a Barbot, un piccolo robot che prepara cocktail su ordinazione. E poi ancora tanti droni, la macchina che cambia gli euro in Bitcoin, gli smart clothes, il Basiligotchi, curioso progetto di una pianta di Basilico interattiva che “parla” con il proprietario attraverso dei tweet. Ovviamente l’obiettivo è tirare su l’umore della pianta e prendersi cura di lei per non farla morire. E ancora i Recycling Trees, bidoni intelligenti in grado di riconoscere ed espellere gli scarti non riciclati nel modo giusto, e il Responsive Surface, pareti intelligenti che rispondono agli stimoli esteri modificandosi nella forma. Le applicazioni di questa tecnologa possono essere infinite, dal design all’efficienza energetica.
Altro punto di attrazione è lo spazio dedicato ad Arduino, un hardware open source presente nella maggior parte dei prodotti presentati alla fiera. Arduino è composto da materiali i cui disegni sono disponibili e pubblici per essere studiati e modificati in base alle diverse esigenze, vero simbolo della filosofia maker.
A visitare gli stand, oltre agli oltre 90 mila visitatori arrivati a Roma, anche il ministro del Lavoro Poletti:
Non mi aspettavo tutta questa gente, vedo un fermento meraviglioso di persone che non si arrendono alla crisi e che si creano il lavoro con la forza delle idee e grazie alle loro capacità.
I MAKERS DEL MAKE IN ITALY - Sono tutti giovani, hanno non solo le idee ma anche la voglia di mettersi in gioco per realizzarle. I makers incarnano esattamente quello che oggi dovremmo essere un po’ tutti, ovvero gente che sfida la crisi economica attraverso l’innovazione, startupper che rielaborano in chiave tecnologica il concetto di fai-da-te e facciamo-da-noi. Perché sono capaci di inventarsi il lavoro invece che cercarne uno classico. Al Fatto Riccardo Luna, uno dei curatori della manifestazione insieme a Massimo Banzi, cofondatore di Arduino, ha detto: “Noi pensiamo che questa sia l’unica vera strada per il rilancio dell’Italia. Io credo che il vero Jobs Act sia questo: dobbiamo creare lavoro attraverso l’innovazione, mettere le persone in condizione di correre”.
In Italia essere Maker non è “facile” come nel resto del mondo visto che dal punto di vista dell’innovazione e della tecnologia il nostro Paese ha ancora molta strada da fare. Inoltre manca dall’alto un investimento economico e sul capitale umano. Per questo il loro naturale percorso li porta a concentrarsi verso l’estero, dov’è possibile creare un business sostenibile. “Questo è il Make in Italy – continua Luna – che è l’erede diretto del Made in Italy. È vero che noi italiani siamo geniali, ma è anche vero che come competenze digitali siamo in fondo a tutte le classifiche mondiali”.
Valentina Gravina
@valegravi
Foto | CuteCircuit