
“Macbeth” – L’incubo shakespeariano che torna
Spiegare al mondo chi sia William Shakespeare è probabilmente inutile. Tutti sanno quanto lui, il suo ingegno e la sua penna abbiamo portato ad una vera e propria rivoluzione teatrale nel XVII secolo. I suoi testi, rimasti noti per tanti secoli, con il cinema, hanno raggiunto una fama maggiore. Attori, registi e sceneggiatori hanno omaggiato con il loro lavoro il teatro shakespeariano, adattando commedie e tragedie per il grande schermo. Dal ‘potpourri’ di Orson Welles Falstaff al The Tempest di Julie Taymor, con Helen Mirren nella parte di un Prospero donna, fino a Laurence Olivier che dovette al suo Amleto ben due Oscar. A Kenneth Branagh, grande interprete inglese del teatro shakesperiano, si devono la maggior parte di realizzazioni cinematografiche dei testi del drammaturgo. La stessa Disney si è ispirata alle opere di Shakespeare: il celebre film Il re leone, ad esempio, è un adattamento dell’opera sul principe di Danimarca, e il suo seguito un altro adattamento shakesperiano di Giulietta e Romeo. Nella lunga lista, c’è un’altra opera del ‘bardo dell’Avon’, che quest’anno ha aggiunto alla lista un altro adattamento cinematografico dall’omonimo titolo: Macbeth, con la regia di Justin Kurzel, uscito lo scorso 5 gennaio.
IL DELIRIO E L’AMBIZIONE – La storia della pellicola è la stessa dell’opera teatrale. Macbeth (Michael Fassbender) è uno scozzese, tra i condottieri più eroici di re Duncan, insieme al suo compagno Banquo. Durante una battaglia, tre streghe si avvicinano a loro e ognuna saluta Macbeth con una carica nobiliare sempre più alta, fino alla terza che lo chiama ‘re’. D’altro canto, salutano Banquo come capostipide di una stirpe di re. Una proposta di futuro allettante per i condottiero il quale, dopo il suggerimento della moglie (Marion Cotillard) assetata di potere, decide di uccidere il re, spaventare l’erede al trono e prenderne il posto. La paura che il figlio di Banquo possa prendere il suo posto, decide anche di uccidere l’amico e il bambino, sempre spinto dalle parole di Lady Macbeth: proposito che si avvera, tranne per la morte del giovane. Quest’avvenimento sconvolge Macbeth. Va nuovamente a chiedere consiglio alle streghe, le quali gli dicono che al suo regno non accadrà nulla finché ‘un bosco non ragigungerà il suo castello’; inoltre uno spirito gli afferma che lui non potrà mai essere ucciso da ‘nessuno nato da donna’. Il tormento e la superbia si uniscono in Macbeth, trasformandolo in un folle, anche uccidendo famiglie di oppositori. Anche la sua sposa non è da meno: i sensi di colpa dei delitti che ha suggerito cominciano ad correderle la mente e a tormentarla. Il grande condottiero capirà però non solo che le profezie si avverano, ma anche che altre vanno ben interpretate.
UN TESTO MALEDETTO E ATTRAENTE - Il nome di Macbeth è, tra gli ambienti teatrali, un nome che non si deve dire, quasi fosse un testo maledetto, tanto da non essere quasi mai chiamato con il suo nome, ma ‘dramma scozzese’. Nel mondo del cinema, invece, ha ispirato fior di registi. Le più celebri sono tre. Uno dei primi, il già citato Orson Welles, con una pellicola del 1948. Nella seconda metà degli anni ’50, invece, Akira Kurosawa lo usa come base per Il trono di sangue, che si svolge nel Giappone cinquecentesco. Altro grande regista, negli anni ’70, è Roman Polanski, che dirige un Macbeth cupo e macabro.
Lady Macbeth (Marion Cotillard) e il consorte, durante i dubbi di quest’ultimo (foto 5zvez.ru)
IL LUOGO GIUSTO CON I GIUSTI ABITI - Il film di Justin Kurzel, sin dalle prime immagini, si dimostra una fedele trasposizione dell’opera di Shakespeare, non solo perché viene usato il testo originale. Kurzel, infatti, immerge il pubblico in una Scozia sconfinata, desolata, quasi primitiva, dall’atmosfera fredda: degna scenografia di Macbeth. Un’immensa landa, che riesce ad essere brulla e arida, ghiacciata e sempre verde contemporaneamente. In questa terra, si muovono i personaggi del regista australiano, in un tempo medievale per eccellenza. A rendere tutto più autentico, sono i costumi, firmati dalla costumista britannica premio Oscar Jacqueline Durran. Uno stile elegante e semplice, senza sfarzi e senza eccessi: costumi studiati, candidabili ai migliori premi cinematografici.
COTILLARD E FESSBERG: LA COPPIA MALEDETTA – A contendersi la scena ci sono soprattutto i due protagonisti, il premio Oscar Marion Cotillard e Michael Fassbender, ben gestiti, anche se un po’ diversi dalle aspettative teatrali. L’attore irlandese si giostra nei panni di un Macbeth forse un po’ troppo demonizzato, ma non certo per colpa sua. I suoi sguardi sono intensi e i suoi deliri ben interpretati: lodevole il celebre monologo “domani, domani, domani”. Anche la Cottilard gestisce bene una delle parti femminili shakespeariane più celebri e più complesse, specie perché l’autore non la delinea bene. Forti gli sgaurdi carichi di disgusto quando il marito si dimostra pavido e carichi di sensualità e paura quando il marito si mostra, ormai folle, senza confini. Da applauso la trovata iniziale del figlio, che mira a giustificare, specie nel personaggio di lei, questa sua voglia di riscatto nella vita. La loro passione, però, risulta a tratti fredda, senza coinvolgimento. Inoltre il celebre monologo di Lady Macbeth sulle ‘mani sporche’ è reso, più che un tormento, un monologo di pentimento.
Il film, per concludere, raggiunge sicuramente la sufficienza, anche se, probabilmente, gli manca ‘un punto per fare 13′. La voglia di rendere tutto nello stile di Hollywood e, al tempo stesso, di non offendere il testo teatrale, gli dà quella mancanza di coerenza finale, che lo fa restare a metà strada tra i due generi. Non per questo, però, è da considerare un film da non vedere: il biglietto lo merita. Anzi, proabilmente, andrebbe rivisto più volte, per scoprire qualcosa di più riguardo la regia e allestimento che prima non si era notato. Il messaggio in ogni caso arriva, la tradizione non viene offesa e gli attori sono capaci. Tre stelle su cinque sicure.
Francesco Fario