
Il M5s nella palude di Grillo: trasparenza, espulsioni, Euro e clandestini
Il M5s vive un momento di forti tensioni, dalle ultime espulsioni alle accuse di mancata trasparenza. Ma a Grillo sembra non importare
Per chi auspica che la prossima espulsione dal M5s sia quella di Beppe Grillo, le ultime uscite mediatiche del leader pentastellato sono musica per le proprie orecchie. Le scosse di assestamento post-elettorali del 2013 – i vari Lombardi e Sibilia che dimostravano scarsa conoscenza della Costituzione – sono state in fretta rimpiazzate dalle uscite “urlate” di Grillo, per poi nell’emorragia di voti delle Europee 2014. Il Movimento ha iniziato la propria marcia con forza eversiva, portata avanti a suon di proclami di trasparenza ed onestà, ma ha perso rapidamente efficacia di pari passo con la caratura politica del suo leader. E Grillo ora sta giocando ora una grossa fetta di elettorato su quattro macrotemi: la suddetta trasparenza, le espulsioni interne, la campagna per il referendum no euro e i clandestini.
TRASPARENZA – La trasparenza dei primi tempi è andata a farsi benedire. La pagina TiRendiConto, emanazione del blog creata per rendere pubblici stipendi, spese e rimborsi dei deputati del M5s, è ferma a giugno 2014, lì dove i dati più aggiornati. Diversi parlamentari hanno rendiconti ancora meno aggiornati: di Massimo Artini, ad esempio, non si sa nulla da dicembre 2013, mentre un nutrito gruppo è fermo a marzo 2014. Lo stesso blog di Beppe Grillo, dopo aver fatto da catalizzatore di raccolta di fondi per la campagna elettorale per le Europee 2014 (obiettivo 1 milione di euro, donazioni ferme a poco più di 436 mila euro) e per la manifestazione #Italia5Stelle (obiettivo 500 mila euro, ricevuti 270 mila euro) ed aver promesso rendicontazione delle spese, non ha mai pubblicato nessun rendiconto. Anzi, ha solo indicato che parte delle donazioni fatte per le Europee 2014 sono state trasferite all’evento del Circo Massimo. La cui rendicontazione, sempre in antitesi alla decantata trasparenza di inizio legislatura 2013, non è stata ancora pubblicata (ma lo sarà, stando a quanto dichiarato dalla Lombardi).
Qualcosa che invece non è stato mai pubblicato, nonostante gli annunci di Casaleggio al Fatto Quotidiano, è l’elenco dei voti di tutti i candidati sul blog alle Europee 2014. Una votazione farraginosa e a tratti imbarazzante (annunci di votazione con margini di tempo ristrettissimi, crash dei server, impossibilità di leggere tutti i curriculum in diverse regioni) che non ha mai rivelato i voti effettivamente raccolti dai candidati, se non di quelli vincitori. Un metodo che ha scontentato molti, troppi attivisti. Alimentando giustificati dubbi. Che non sono stati mai sciolti.
ESPULSIONI – E chi i dubbi ha provato a palesarli, come durante l’evento del Circo Massimo, ha fatto una brutta fine. I quattro attivisti di #OccupyPalco Giorgio Filosto, Orazio Ciccozzi, Pierfrancesco Rosselli e Daniele Lombardi, invitati o meno da Massimo Bugani sul palco di #Italia5Stelle, hanno avanzato – in una manifestazione in cui tutti gli attivisti o i simpatizzanti del Movimento potevano prendere parola – il problema sia della trasparenza economica che di quella amministrativa. L’innominabile staff di Milano e la diarchia Grillo-Casaleggio ha risposto a modo suo: espulsione secca dei quattro attivisti, senza passare dallo sbandierato voto della rete. Derubricati al rango di post scriptum ad un post di Casaleggio sul declino dei gruppi editoriali, messi all’indice perché avevano osato criticare i lati oscuri del M5s davanti agli occhi del popolo pentastellato.
Un fiume di polemiche, che costringe persino l’amatissimo Luigi Di Maio ad esporsi. Lo fa in una intervista radiofonica a Rtl 102.5, e tira acqua al mulino di Grillo: «Hanno tradito la nostra fiducia. Erano lì, alla festa, come addetti alla sicurezza e con quel gesto hanno messo in pericolo tutti noi». Parlare di qualcosa che effettivamente non funziona nei piani alti – o forse funziona come i piani alti vorrebbero – evidentemente è un pericolo per la “democrazia diretta” di (o da?, ndr) Grillo e Casaleggio.
REFERENDUM EURO E ACCORDI EUROPEI - La carica dei presunti 500 mila (in 3 giorni) ha dato forza a Grillo per rigiocare la carta politica più rischiosa, minoritaria e populista: quella del referendum per uscire dall’euro. Sulla lunghezza e tortuosità del percorso è già stato detto tutto ma giova ripeterlo. Il piano di Grillo che prevede il referendum arrivi alle urne entro per dicembre 2015, non consentirà in nessun modo all’Italia di uscire dall’Euro. Dalla moneta unica l’Italia non può uscire con un referendum abrogativo, in quanto l’articolo 75 della Costituzione vieta esplicitamente che possa svolgersi una simile consultazione su leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
Il referendum di indirizzo, se anche completasse il proprio iter, dovrebbe poi tornare in aula ed essere approvato due volte dalle Camere a maggioranza assoluta. E il Movimento 5 Stelle, oltre a convincere gli italiani che un nuovo sistema economico (quale e in che modo verrebbe strutturato è una cosa che non è stata mai dichiarata da Grillo, al netto dei roboanti annunci sul ritorno alla “sovranità monetaria”) sarebbe la soluzione a tutti i mali, dovrebbe poi fronteggiare il passaggio parlamentare del risultato, che non vincola Camera e Senato alla ratifica di quanto deciso. Senza contare che poi ci sarebbero da rivedere gli accordi a livello europeo. Definire impossibile la procedura – oltre che sconsigliata, nonostante ci si affanni a riproporre articoli travisati sui premi Nobel per l’economia favorevoli all’uscita dall’Euro – è un eufemismo. Un capitolo a parte meriterebbe il gruppo europeo dell’Efdd, dissolto e poi ricomposto nel giro di poche ore grazie all’ingresso di un deputato polacco del Congresso della Nuova Destra. Le cui posizioni estremiste lo hanno allontanato persino dal raggio d’azione di Marine Le Pen, ma non da quello della strana coppia Farage-Grillo.
IMMIGRATI CLANDESTINI - In chiusura, la politica di immigrazione di Grillo. Apertamente in contrasto con quanto ratificato da una delle poche votazioni di impatto sul blog, quella dell’abolizione del reato di clandestinità. Da politico navigato, Beppe non tiene conto delle scelte (parzialissime, 25 mila votanti su quelli che all’epoca poco meno di 9 milioni di elettori reali) del proprio elettorato e ribadisce come si debbano accogliere solo coloro che hanno diritto di asilo, tutti gli altri devono tornare ai propri Paesi. Le posizioni del leader del M5s, oltre che internamente, erano state sbugiardate con l’abolizione del reato di clandestinità in aula su emendamento proposto proprio da due parlamentari del M5s, Buccarella e Cioffi. La questione è spinosa e divide ancora ampiamente destra e sinistra in Italia, ma Grillo sceglie di cavalcare i trend della doppia paura ebola e Isis – e Di maio si innesta anche su questo filone – e di fatto sconfessa quanto i propri parlamentari hanno proposto e approvato in aula.

Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo (formiche.net)
Il solco che divide attivisti e parlamentari dalla base del Movimento 5 stelle è sempre più netto. La sensazione che si voglia continuare a decidere tra pochi (non) eletti e consegnare ai codici html del blog solo quello che è già bello e fatto è troppo forte. I fari sul M5s sono puntati 24/7, tanto e forse troppo, ma Grillo non fa nulla per smorzare i toni. Malcela la rabbia, passa a pie’ pari sulle critiche interne e si rinchiude nel fortino ideologico della Casaleggio Associati, impantanando al di fuori tutto ciò che è il M5s nelle aule del parlamento, nelle stanze degli attivisti, nelle strade delle città. Ossia nella percezione comune. A chi ha creduto nel Movimento sin dagli inizi, basterebbero poche incisive risposte per sciogliere i dubbi. Il capo politico e rappresentante Beppe Grillo tace e prova il tutto per tutto, o forse il tutto per due. Il rischio è che le stelle del Movimento diventino cadenti più in fretta di quanto si possa immaginare.
Francesco Guarino
@fraguarino