
Lucio Fontana – “Ambienti Spaziali” alla Gagosian Gallery di New York
New York – Negli anni quaranta Lucio Fontana fece un gesto capace di rivoluzionare la storia dell’arte contemporanea: bucò e squarciò le tele, lasciando nella superficie delle fessure e creando così una nuova dimensione nella pittura. Riconosciuto come uno dei maestri delle avanguardie internazionali, Fontana è considerato il padre dell’astrazione monocromatica dell’arte Concettuale successiva alla guerra.
Fino al 30 Giugno 2012, alla Gagosian Gallery di New York Ambienti Spaziali, un’importante indagine senza precedenti sul lavoro di Lucio Fontana, ricostruisce fedelmente sei dei suoi ambienti rivoluzionari, conosciuti come Ambienti Spaziali, fornendo una prospettiva completamente nuova di oltre cento opere.
Fontana nasce il 19 febbraio 1899 a Rosario de Santa Fé, in Argentina, da padre milanese e madre argentina. Dopo aver vissuto a Milano dal 1905 al 1922, ritorna in Argentina, dove per diversi anni lavora come scultore nello studio del fratello.
Nel 1926 partecipa alla prima esposizione di Nexus, un gruppo di giovani artisti argentini attivo a Rosario de Santa Fé. Ritornato in Italia nel 1928 frequenta per due anni l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. In questa città tiene nel 1930 la sua prima mostra personale, presso la Galleria Il Milione. Nel 1935 si stabilisce a Parigi, dove si unisce al gruppo Abstraction-Création ed inizia a lavorare con la ceramica ad Albisola, in Italia, e a Sèvres, in Francia.
Nel 1939 si unisce al gruppo milanese di artisti espressionisti Corrente e l’anno successivo si trasferisce a Buenos Aires, dove con un gruppo di suoi allievi fonda nel 1946 l’Academia de Altamira e pubblica il Manifiesto Blanco, col quale si sanciscono i pronunciamenti di una poetica nuova, successivamente esaltata in varie fasi del Movimento Spaziale. E da qui conquista il mondo intero in mezzo secolo d’arte internazionale, con la forza universale della assiduità immaginativa e della ricerca inesausta, che non si ferma alla conoscenza tecnologica ma diventa religiosità scientifica. Tornato a Milano nel 1947, l’artista firma assieme a un gruppo di scrittori e filosofi il Primo manifesto dello Spazialismo.
Il 1949 segna un punto di svolta nella carriera dell’artista; crea infatti i Buchi, la prima serie di dipinti nei quali fora le tele, e il suo primo “ambiente spaziale”, un’insieme di sculture informi, dipinti fluorescenti e luci infrarosse da osservare in una stanza buia. Questo genere di lavori lo portano presto a utilizzare dei tubi al neon nella decorazione di soffitti. All’inizio degli anni ’50 partecipa alle esposizioni del movimento Art Informel, e per tutto il decennio sperimenta vari effetti, come i tagli e le perforazioni, sia nella pittura che nella scultura.
L’artista visita New York nel 1961, in occasione di una sua mostra alla Martha Jackson Gallery. Nel 1966 collabora con il teatro La Scala di Milano, disegnando scenografie e costumi. Negli ultimi anni della sua carriera artistica Fontana è sempre più interessato all’allestimento della sua opera nelle molte mostre a lui dedicate in tutto il mondo, così come dell’idea di purezza raggiunta nelle sue ultime tele bianche. Ciò è evidente nella Biennale di Venezia del 1966, dove l’artista progetta un ambiente per le sue opere, e alla Documenta di Kassel del 1968.
Fontana muore a Commabio, Varese, il 7 settembre 1968. Curata da Germano Celant, assistito dal direttore della Gagosian Gallery Valentina Castellani in stretta collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana di Milano, la mostra comprende numerose opere poco conosciute e riunisce una serie importante proveniente da collezioni pubbliche e private.
Natalia Radicchio
Foto via www.exibart.com