
Lorenzo Lotto: l’anima veneta del Cinquecento in mostra a Roma
Roma – «Per capire bene il Cinquecento, conoscere Lotto è importante quanto conoscere Tiziano».
Così si sintetizza il giudizio critico dello storico dell’arte statunitense, ma profondo amante e tra i maggiori conoscitori della pittura rinascimentale italiana in Toscana e in Veneto, Bernard Berenson (1865-1959).
Noi italiani, conterranei del pittore, abbiamo impiegato un po’ di tempo per capirne il valore e decidere di esaltarlo con una mostra che si rispetti. Berenson scoprì infatti il genio lottesco nel lontano 1894, e vi dedicò un notevole saggio (Lorenzo Lotto. An Essay in Constructive Art Cristicism), già aggiornato nella nuova edizione del 1905, ma mai tradotto dall’inglese fino alla metà del Novecento. Solo nel 1955 infatti apparirà la prima edizione italiana, sulla scia dell’unica grande esposizione dedicata a Lotto nel suo Paese, quella di Palazzo Ducale a Venezia del 1953, fortemente voluta da uno studioso ed esegeta doc dell’opera lottesca: Pietro Zampetti (1913-2011).
Passa un altro mezzo secolo, 58 anni per l’esattezza, di (quasi) totale silenzio e solo oggi l’artista trova finalmente luoghi e spazi per presentarsi di nuovo al mondo e al pubblico, soprattutto quello italiano, che poco conosce il talento del suo pennello e la qualità della sua pittura.
Inaugurata il 2 marzo alle Scuderie del Quirinale di Roma, la mostra Lorenzo Lotto è una monografica che toglie il fiato, non solo a chi pensava che la tavolozza cromatica d’eccellenza tra i veneti spettasse al Vecellio, ma anche a quelli che – poco avvezzi all’arte - passeggiano tra le sale senza sapere e conoscere nulla della pittura o degli artisti del XVI secolo. Questo perchè non sono solo i colori, i verdi brillanti, i blu profondi e i rossi caldi, ad incantare lo sguardo, ma le dimensioni colossali della pale d’altare, qui riunite come mai è stato possibile prima. E poi i volti, che siano di personaggi sacri oppure i visi, ritratti dal vero, di contemporanei del pittore: fissando i nostri occhi nei loro, indugiando sui loro gesti, sulla micromimica facciale non è difficile comprendere perchè Lorenzo Lotto sia considerato dalla critica il primo ‘pittore psicologo’ dell’arte italiana.
Il suggestivo percorso studiato dagli allestitori – parco come ormai è tanto di moda di pannelli esplicativi, a favore delle sempre imperanti audioguide che inchiodano, inesorabili, i visitatori davanti alle opere piuttosto che ai suddetti cari testi scritti – divide sui due piani l’opera di Lotto con criteri tematici. Su ogni piano, è poi impostato nel rispetto della cronologia.
Si inizia proprio con le pale d’altare, ed è come essere nello stesso tempo in tante chiese e cappelle diverse, per seguire il percorso artistico di Lotto non solo nel tempo, secondo la cronologia, ma anche nello spazio, con gli spostamenti che lo videro lavorare in Lombardia, a Bergamo, spesso nelle Marche, a Treviso e naturalmente nella sua Venezia. Le grandi committenze religiose permisero la nascita di questi capolavori, dai Domenicani che finanziarono la Pala di San Bernardino in Pignolo (1521) ai Carmelitani per cui fu dipinta la Pala di san Nicola (1527-29). Ben documentata l’intensa attività marchigiana dell’artista veneto, dal Polittico di San Domenico (1508) realizzato non ancora trentenne, alla Trasfigurazione di Cristo (1511-1512) fino alla ‘matura’ Madonna del Rosario di Cingoli (1539).
Ma è quando l’imponenza della grandi tavole lignee, passando al secondo piano, lascia spazio a quadri di più piccole dimensioni, quando dalle opere devozionali si passa ai temi di carattere profano (in primis le deliziose Allegoria della castità detta ‘sogno di fanciulla’ del 1506 e Allegoria della Virtù e del Vizio del 1505) e ai ritratti di nobili e personaggi importanti del suo tempo, che si rivela il Lorenzo Lotto, primo pittore in Italia, capace di «essere sensibile ai mutevoli stati dell’animo umano» (B. Berenson). Davanti al Ritratto del vescovo Bernardo de’ Rossi (1505), al Triplice ritratto di orefice (1530), al Ritratto di Andrea Odoni (1527) o a quello d’uomo con cappello di feltro (1541), l’artista si mostra per quale è: «un pittore unico non solo nella storia dell’arte italiana, ma europea, genio rivelatore, senza precedenti, della propria anima, non staccato dai suoi personaggi ma vivo e in essi presente» (Pietro Zampetti).
Presente Lotto è anche, senza dubbio, nell’opera che chiude la mostra, l’incompiuta Presentazione di Cristo al tempio di Loreto (1552 – 1556), rimasta come il pittore l’ha lasciata morendo, specchio di un artista anziano (era quasi ottantenne essendo nato nel 1480), dalla vista sempre più affaticata che lo abbandonava a poco a poco, ma ancora in grado, come scriveva William James, di «portare alla luce la vita interiore sul volto».
Laura Dabbene
Lorenzo Lotto
Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, Roma
2 marzo – 12 giugno 2011
Orari: da domenica a giovedì 10.00-20.00; venerdì e sabato 10.00-22.30.
Siti internet: www.scuderiequirinale.it
Biglietto: Intero: € 10.00 – Ridotto: € 7.50