
L’Italia secondo Federculture: un cavallo di razza senza redini
Al “MAXXI” di Roma presentato il sesto rapporto annuale: ad una crescente spesa pubblica legata ai consumi per l’erudizione non corrispondono adeguati investimenti per il futuro
di Adriano Ferrarato
“La cultura rende un popolo facile da guidare, ma difficile da trascinare; facile da governare, ma impossibile a ridursi in schiavitù”: questo aforisma di Henry Brougham, illuminista del 1800, sottolinea l’importanza che la conoscenza culturale riveste all’interno delle società. E in un anno, questo 2009 che sta giungendo al termine, è bello sapere che anche in Italia questo valore tiene duro in barba alla crisi economica, presentando perfino buoni segnali di crescita.
E’ il sesto rapporto annuale pubblicato da Federculture, la massima associazione nazionale costituita da soggetti pubblici e privati che gestiscono attività culturali e relative al tempo libero degli italiani, a dimostrare la primaria importanza proprio di quest’ultime. Da più di dieci anni infatti nel nostro Paese si assiste ad una costante crescita della spesa pubblica legata ai vari settori d’intrattenimento per l’erudizione.
Non è una caso allora che la presentazione di questi dati sia stata tenuta al “MAXXI” di Roma, la nuova e avveniristica galleria dedicata all’ arte moderna recentemente inaugurata nella Capitale, un edificio che coniuga perfettamente in sé stile e attualità in una struttura davvero imponente. Proprio le visite nei musei a tal proposito hanno subito un significativo aumento dell’1 % da parte dei turisti rispetto alla frequenza dello scorso anno.
Una crescita di ottima portata è stata anche quella del settore musicale: rispetto al 2008 infatti, il pubblico dei concerti è cresciuto del 3 %.
Per non parlare del teatro, il vero trionfatore con una forte impennata del 4 %: tutto ad indicare un costante trend di crescita positivo sul fatto che, in quanto a tradizione e sapienza, gli italiani si danno molto da fare per diffonderle ed ammirarle.
Gli effetti della crisi consumistica non hanno nemmeno indebolito il cosiddetto “turismo culturale” del nostro Paese, riguardante tutte le tipologie di viaggio per visitare città famose e mete archeologiche. Nonostante in Europa si stia infatti assistendo ad una generale regressione (tra il 7-8 per cento dell’intera popolazione comunitaria) legata a questo tipo di attività economica, il nostro “Stivale” tiene duro con un 63 % di turisti e acquisti relativi ai prodotti del sapere nostrano.
Ma da questi dati così positivi emerge anche una triste verità, su cui Federculture ha immediatamente dato l’allarme: in Italia non si sta per nulla investendo, nonostante questo enorme patrimonio. Il rischio di non essere più competitivi rispetto ad altri paesi europei è enorme e assolutamente da non sottovalutare.
Una via da seguire c’è, utilizzando come traino la bellezza delle nostre città, la loro ricchezza, l’industria creativa e artigianale, rivalutate con un piano adeguato di riforme istituzionali. Le statistiche lo dicono con chiarezza: nella classifica mondiale di competitività internazionale, ci troviamo solamente al 48° posto. Davvero poco per una nazione la cui tradizione storica e artistica è forte e diffusa in tutto il mondo.
Ed è per questo che bisogna correre immediatamente ai ripari: altrimenti presto sarà la televisione a sostituire le nostre meraviglie ammirate in tutto il globo terrestre. E sarebbe davvero un danno irrecuperabile.