Libri al rogo – ‘Mexico City Blues’ di Jack Kerouac

mexico city blues - wuz it

Foto via: wuz.it

I lettori storici delle pagine letterarie di Wakeupnews avranno senza dubbio notato come il nome di Jack Kerouac risulti molto ricorrente. Le opere di quello che è il maggiore (per celebrità, diffusione, e importanza) scrittore della beat generation, almeno per quanto riguarda la prosa, hanno influenzato profondamente il corso della letteratura americana e non, a dispetto di una critica musona che ha inizialmente snobbato i lavori di Kerouac, salvo poi tornare su propri passi solo in tempi recenti, con molta probabilità influenzati anche dalle lodi di poche menti brillanti (tra cui la nostra indimenticata Fernanda Pivano) che ne avevano già al tempo colto il carattere innovatore.

ERRARE HUMANUM EST – Detto questo, bisogna sottolineare come spesso i grandi artisti inciampino in opere meno convincenti, senza che queste tuttavia offuschino la grandezza delle loro opere fondamentali. Errare humanun est. Ma quando a sbagliare sono i fenomeni, i talenti fuori dal comune, è ancora più doveroso sottolinearlo. Kerouac è un grandissimo romanziere, ma non è un poeta, malgrado una delle sue opere più celebri (e celebrate) sia Mexico City Blues, una raccolta di poesia scritta nel 1955 durante un lungo soggiorno nella capitale del Messico, e pubblicata quattro anni dopo, nel 1959.

Mexico City Blues è in realtà un lungo e unico componimento composto da 242 choruses, (“cori”, paragrafi o strofe), legati l’uno all’altro con lo scopo di formare un lungo poema nel quale Kerouac va a toccare, con un lirismo psichedelico e pesantemente lisergico, tutti i temi a lui cari. Una poesia pesantemente influenzata dal carattere esotico di una città, Città del Messico appunto, dove la droga, facilmente reperibile, era venduta a un prezzo molto basso.

kerouac_drunk - territoriovacio.blogspot.com

Un Jack Kerouac visibilmente alterato (territoriovacio.blogspot.com)

TROPPA DROGA – Ma il carattere “drogato” di questo tentativo poetico di Jack Kerouac risulta di difficile comprensione, a tratti inaccessibile. Questo lungo poema segue un andamento altalenante, che probabilmente segue l’influenza più o meno marcata delle droghe nella mente dell’autore, e se in certi frangenti si riscontra un certo lirismo che pesca dalla tradizione letteraria americana (la nostalgia per l’infanzia, gli affetti famigliari, il tema del viaggio tanto caro a Kerouac, l’amicizia e il senso di gruppo) che rende la lettura piacevole; in altri momenti, soprattutto quando l’autore affronta i temi religiosi o si imbarca in complesse improvvisazioni onomatopeiche di stampo jazzistico, ci si trova di fronte a stralci di poesia eccessivamente visionaria e pretenziosa, dal significato estremamente sfuggevole.

I POETI BEAT – Confrontando Mexico City Blues con le maggiori opere degli alcuni dei più celebri poeti beat, si nota come Kerouac sia anni luce lontano dalle vette poetiche raggiunte da assoluti innovatori quali Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, o Allen Ginsberg, il cui Jukebox all’Idrogeno, tanto per fare un esempio, raggiunge vette di potenza lirica e anticonformismo irraggiungibili per il Kerouac-poeta. Senza considerare l’aspetto sperimentale, massiccio ma chiaro, limpido, ben strutturato e assolutamente innovativo in Ginsberg, abbozzato e a tratti farsesco nelle mal riuscite improvvisazioni jazzistiche di Mexico City Blues.

Il consiglio è quello di lasciar perdere il Kerouac poeta per concentrarsi sul Kerouac narratore, un autentico peso massimo della letteratura del novecento, e non solo per il celebrato Sulla Strada, ma per tutte le sue altre opere, meno celebrate, ma altrettanto importanti nell’economia generale di un corpus letterario, quello di Jack Kerouac, costellato da autentiche perle di letteratura contemporanea.

Jack Kerouac, Mexico city Blues, Newton Compton, 2011, pp. 289, € 6,00.

Alberto Staiz

@AlStaiz

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