Libia: quella mozione del Pd che fa tremare l’opposizione

Il presidente Giorgio Napolitano

Roma – E chi l’avrebbe detto che l’intervento in Libia (per di più alle soglie di una tornata elettorale per le amministrative) avrebbe messo a repentaglio la tenuta del Governo, convinto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a dimenticare l’articolo 11 della Costituzione per tirare bombe a dritta e a manca e obbligato l’opposizione a votare con la maggioranza per non contravvenire agli accordi internazionali. Roba da matti, che poi nello specifico, sarebbero la classe politica nostrana.

Errori di valutazione – Nel Governo, si sa, il clima è rovente: Pdl e Lega sono ormai ufficiosamente separati in casa. A questo punto solo la consapevolezza che se cadesse Silvio anche il Federalismo avrebbe una battuta d’arresto, fa desistere Umberto Bossi, leader del Carroccio, a correre dal divorzista sacramentando al ritmo di “Föra Da’i Ball!”.

Tuttavia, neppure l’opposizione – che pure dovrebbe già pregustare il sapor di un Governo tecnico – dorme notti tranquille. Le ragioni sono tante a cominciare dall’entusiasmo con il quale il Pd, lo scorso marzo, accettò la risoluzione ONU 1793, sostenendo la necessità di una guerra contro la Libia di Muammar Gheddafi in difesa della libertà dei popoli oppressi. Insomma, l’opposizione del “no alla guerra senza se e senza ma” ha cambiato idea. Il perché è presto detto: la maggioranza, in quei giorni, era unitamente contraria all’intervento, dunque il Pd sceglieva la strada contraria. Come da copione, senza una politica né una visione d’insieme del contesto socio-economico che il conflitto avrebbe comportato per il nostro Paese, i Democratici hanno fatto quello che da sempre fanno: ostruzionismo a Berlusconi. Tanto più che c’era il sostegno anche di Napolitano, il quale rispolverato il vecchio spirito comunista, appoggiava paternamente la rivolta di piazza che molti credevano sarebbe finita in mezza giornata.

Mozione – Adesso, però, la situazione è cambiata. La guerra continua, il Governo traballa e il premier Berlusconi latita. Per l’opposizione sarebbe arrivato il momento di agire: la mozione presentata da Dario Franceschini (Pd) e discussa in Parlamento martedì prossimo, ha giusto lo scopo di contare i numeri della maggioranza sulla questione libica e valutare se il Pdl, ovvero Silvio, gode ancora della base leghista. In caso contrario si darebbe il via alla sfiducia e si aprirebbe ad un Governo tecnico.

La sinistra - Dunque, tutto bene per il Pd? No. Questa mozione, in effetti, si sta rivelando un boomerang anche per l’opposizione, la quale sull’argomento guerra ha almeno 3 correnti: i favorevoli alle armi, i pacifisti vecchia maniera e coloro che, più semplicemente, desiderano assecondare i moniti di Giorgio Napolitano. E quest’ultimo è imbarazzato. In effetti Papà Giorgio, firmando la risoluzione 1793 in qualità di capo del Consiglio supremo della Difesa, ha dato all’ONU, alla Nato e all’Europa la garanzia che l’Italia non avrebbe rifiutato sostegno e basi militari agli alleati. Poi, il consenso di Berlusconi alle bombe ha reso ancora più vicolante il patto e ora ritirare la parola data e le armi pronte equivarrebbe a screditarsi irrimediabilmente di fronte al mondo o, come ha osservato giorni fa Stefano Folli, “suicidarsi in mondovisione”. In 2 parole, se il Governo cade per la Libia o Berlusconi ci ripensa (come vorrebbe il Senatur), perdiamo tutti la faccia. Senza contare che perderemmo anche le briciole di quei contratti petroliferi che avevamo con Gheddafi e che la Francia, pare, abbia già provveduto a soffiarci da sotto il naso. Quindi, all’uomo della Costituzione non resta che asciugarsi il sudore dalla fronte, insistere rammentando a tutti l’obbligo alla coerenza intituzionale e sfoderare frasi ad effetto: le bombe come “un naturale sviluppo della missione, nel solco del voto parlamentare di marzo”. Poco importa se poi il “naturale sviluppo” fa a cazzotti con l’ar. 11 della Costituzione. C’est la vie et la real politique.

Pier Luigi Bersani, segretario Pd

Inoltre, se l’esecutivo capitombolasse, chiunque entrerebbe oggi al Governo, dovrebbe fronteggiare l’emergenza clandestini, quella economica, quella sempre verde della spazzatura di Napoli e i rapporti con la UE alle soglie del riesamine di Schengen. Periodo snervante e poco attraente.

Elettorato – Resta da capire, però, come gli elettori del Pd prenderebbero un voto unitario con il Pdl, ovvero con  Berlusconi. Forse, non bene. Naturale: dopo 20 anni in attesa della grande mossa della coalizione in perenne opposizione, vedere i Democratici in appoggio al Governo provocherebbe travasi di bile anche al meno anti-berlusconiano. Basta questo per desiderar di tracciare la X elettorale su altra bandiera. Magari sull’IDV di Antonio Di Pietro che del no a Silvio ha fatto ragione di vita. O ancora meglio, rivolgersi alla Lega che oramai è la sola a contrapporsi al Governo come alternativa politica… Roba da matti, appunto.

 

Chantal Cresta

 

 

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