
Letta promette,ma chi paga?
Roma – Stop dei pagamenti della rata di giugno dell’Imu, rinuncia all’inasprimento dell’Iva, rifinanziamento della cassa integrazione, riduzione delle tasse sul lavoro, forme di reddito minimo per famiglie bisognose. Tutte cose bellissime, non c’è dubbio che se si realizzassero l’Italia starebbe meglio. Ma con che soldi?
Per mantenere quanto promesso, Enrico Letta dovrebbe fare una manovra a saldi invariati di oltre 10 miliardi. Superare l’attuale sistema di tassazione della prima casa costa 4 miliardi l’anno, la rinuncia all’inasprimento dell’Iva dal mese di luglio ne richiede altri 2. Cassa integrazione in deroga, missioni militari all’estero,detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, manutenzione di strade e ferrovie, costeranno all’Italia – secondo Reuters – dai cinque ai sei miliardi. Ai quali vanno aggiunti le risorse per l’aumento delle dotazioni del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese e del Fondo di solidarietà per i mutui.
Partito Democratico e Popolo delle Libertà starebbero pensando di negoziare i vincoli europei. Il patto di stabilità prevede una soglia massima di deficit tollerata rispetto al Pil del 3% mentre il debito può essere al massimo del 60% sempre rispetto al Pil. Dal 13 dicembre 2011 il patto di stabilità è rafforzato dal six pack il quale prevede che l’Italia avrà tempo fino al 2015 per ridurre il debito al ritmo medio di un ventesimo del differenziale tra il livello attuale e il target del 60%, quindi il 3,3% in media in tre anni. Il 1 gennaio 2013 è entrato in vigore anche il fiscal compact il quale prevede che anche le regioni e gli enti locali dovranno concorrere al pareggio di bilancio. Sarà consentito il debito solo per finanziare spese di investimento.
Un modo per non scomodare l’Europa ci sarebbe. A fine marzo scorso Arci, Libera e Avviso pubblico denunciarono il fatto che ogni anno attività illegali come mafie, evasione fiscale e corruzione sottraggono circa 500 miliardi di euro alle economie legali.
L’Italia è settantaduesima nella classifica della corruzione pubblicata nel rapporto annuale del dicembre scorso da Transparency International. Secondo la Corte dei Conti la corruzione costa al sistema Italia 60 miliardi di euro l’anno. La legge anti corruzione del ministro Severino non ha migliorato la situazione, anzi. Il magistrato Piercamillo Davigo ha constatato che essa «riduce le pene per la concussione e per l’induzione. Il che comporta tra l’altro una maggiore durata dei processi in corso». Il nuove governo dovrebbe proporre – non perché la corruzione è immorale ma perché costa una quantità impressionante di soldi allo Stato – l’introduzione di nuovi reati come l’autoriciclaggio e il falso in bilancio. Ma anche pene più severe e l’arresto della decorrenza della prescrizione al momento dell’esercizio dell’azione. Dovrebbe essere riformato inoltre l’articolo 416 ter del Codice Penale che considera corruzione soltanto il passaggio di denaro dal rappresentante pubblico al corruttore, trascurando altre controprestazioni come favori, raccomandazioni, informazioni privilegiate su appalti in cambio di voti.
Per quello che riguarda l’evasione fiscale, secondo un’indagine effettuata da Krls Network of Business Ethics per conto dell’associazione Contribuenti Italiani, sono 180,9 i miliardi di euro di imposte sottratte ogni anno all’erario a causa dell’evasione fiscale. L’economia sommersa equivale al 21% del pil, pari a 340 miliardi di euro l’anno. La lotta all’evasione fiscale non può non passare per una completa riforma dello scudo fiscale che attualmente prevede il pagamento del minimo della sanzione prevista in caso di scoperta di violazione delle norme sul monitoraggio dei capitali (dal 5% al 25%). Inoltre non viene intaccato il rendimento fruttato dai capitali all’estero nel periodo in cui non sono state pagate imposte dovute in Italia. E si potrebbero cominciare a gettare le basi per l’accordo con la Svizzera – auspicato sia da Renzi che da Berlusconi – che non si può però ottenere in tempi brevi, come il ministro elvetico delle finanze ha dichiarato nello scorso febbraio. Infine, il danno erariale prodotto dall’economia criminale si aggira intorno ai 75 miliardi di euro all’anno.
Con i soldi che si potrebbero prendere da questi tre fronti sarebbe possibile fare tutte le cose promesse da Letta, aggiungerne altre, senza rinegoziare niente con l’Europa. Perché nessuno prende in considerazione questa strada?
Giacomo Cangi
foto: wikimedia.org; tg24.sky.it