
Lavoro minorile, in Italia riguarda 260mila giovani. Colpa della crisi?
Nel nostro paese sono circa 260mila gli "under 16" che lasciano la scuola per entrare nel mondo del lavoro. La denuncia del Paidòss

Sono 260mila i ragazzi sotto i 16 anni impiegati nel mondo del lavoro. Un fenomeno particolarmente preoccupante (foto: urbanpost.it)
Ragazzi di oggi, sempre meno a scuola e sempre più a lavoro. Secondo l’annuale rapporto del Paidòss - l’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza – presentato oggi a Roma, sono circa 260mila gli “under 16″ impiegati nel mondo del lavoro, per un totale di oltre un milione di ore al giorno. Di questi, l’11% – circa 30mila – sono considerati a rischio sfruttamento, poichè impiegati in lavori pericolosi, mentre molti non vengono neanche pagati, poichè lavorano in casa – circa il 33% – o nell’attività di famiglia, come avviene per il 40% del campione analizzato.
UNA CONSEGUENZA DELLA CRISI? - Un fenomeno che impatta notevolmente anche sul diritto allo studio dei minori, il 18% dei quali è costretto a lasciare la scuola per cercarsi un lavoro. Una conseguenza diretta della crisi, o perlomeno questa è la motivazione che viene data dal 54% dei genitori intervistati, mentre il 26% non concepisce il lavoro dei ragazzi come un fenomeno negativo. Solamente il 34% del campione ha dichiarato che costringerebbe il figlio a rimanere sui banchi qualora fosse intenzionato a lasciare la scuola per lavorare..
L’AVVERTIMENTO DI PAIDOSS - Un fenomeno però che, per Giuseppe Mele, presidente di Paidoss – rappresenterebbe niente di più che un alibi. «[L]avorare prima dei 16 anni – ha dichiarato al Corriere della Sera – è un furto dell’infanzia, mette a rischio la salute e il benessere psicofisico, e non aiuta a trovare meglio il lavoro. Le stime indicano addirittura che un bambino costretto a lavorare prima del tempo – ha proseguito- avrà il doppio delle difficoltà a trovare un lavoro dignitoso, da adulto». In questo senso, un ruolo di primo piano, ha spiegato ancora Mele, deve essere ricoperto dal percorso formativo, in un processo che coinvolta la scuola e gli insegnanti. ««La scuola deve essere protagonista del processo di crescita dei ragazzi e può diventare un antidoto efficace allo sfruttamento dei minori – ha concluso Mele – c’è necessità di una scuola gratuita, aperta alle esperienze, realmente formativa e che riesca ad attrarre i ragazzi con programmi attuali, inseriti nel contesto contemporaneo e capaci di offrire competenze tangibili. Gli insegnanti devono tornare a essere un punto di riferimento solido per la crescita dei giovani».
Carlo Perigli