
‘La musica provata’ di Erri De Luca – Libri al rogo
'La musica provata' di Erri De Luca entra nella rubrica libri al rogo del mese di Ottobre: un racconto con spunti interessanti ma troppo autoreferenziale
Erri De Luca, una delle principali firme di Feltrinelli, torna in libreria con un nuovo romanzo dal titolo La musica provata, un breve excursus autobiografico su alcuni momenti importanti della sua vita e sulle canzoni e le melodie che li hanno accompagnati. Il prolifico autore napoletano riemerge cosi sulle scene letterarie oltre un anno dopo la pubblicazione di Storia di Irene e, per quanto riguarda il mese di Ottobre, la sua nuova opera entra tra i libri al rogo di Wakeupnews.
L’INFANZIA – Il libro di per sé non ha una trama: De Luca inizia a narrare partendo dal primo verso dell’Iliade imparato sui libri di scuola nella traduzione di Vincenzo Monti e da quel periodo si collega all’infanzia napoletana, fatta di suoni, sapori e odori tipici dell’immaginario popolare partenopeo. Qui narra del suo primo impatto con gli autori napoletani classici, del lavoro duro della madre per renderlo intonato e dei maldestri tentativi per imparare a suonare la chitarra.
GLI ANNI ’60 – L’autore compie continui salti di tempo e spazio durante la narrazione: dall’infanzia a Napoli, passa alla scoperta delle prime melodie americane, non senza tuttavia raccontare dell’amicizia che lo lega a Mauro Corona, con il quale intona canti di montagna accompagnato solo dall’armonica dello scrittore di Erto. Poi si arriva agli anni ’60, periodo in cui, racconta De Luca, i pantaloni corti lasceranno spazio a quelli lunghi, segno evidente della maturità raggiunta. In questo periodo in Italia si diffondono le prime ballate sulle lotte sindacali, mentre dall’Europa Brassens e Brel ispirano i giovani De André e Paoli e dagli Stati Uniti irrompe Bob Dylan, cantautore inviso a Erri De Luca fin dal primo momento.
MUSICA DI LOTTA – Da questo periodo in poi il libro procede senza un filo logico, vero e proprio stream of consciousness che parte dalla mente dell’autore e si trasferisce liberamente su carta stampata. Un tema ricorrente nella seconda parte è la lotta: dapprima De Luca accenna ai canti delle battaglie giovanili, quelli che «serravano i ranghi a gola tesa per non farsi disperdere dalle truppe», ma senza mai citarli. Nel finale poi, dopo lunghe pagine riferite alle sue esperienze private, riprende il tema, snocciolando autori e titoli di lotta, dalla Locomotiva di Francesco Guccini fino a Il disertore di Boris Vian, infine sottolineando che spesso musica e letteratura sono stati uno strumento potente contro l’oppressione. Conclude poi l’autore con un ricordo degli anni trascorsi da operaio e delle canzoni che scandivano il ritmo del suo lavoro.
AUTOREFERENZIALE – L’idea di ricordare un percorso storico attraverso i ritmi che l’hanno accompagnato è indubbiamente interessante. Cosi come il rivivere una città con le melodie che ne hanno fatto da sfondo in epoche diverse. Tuttavia il grosso limite di questo breve racconto è che l’autore esce dai binari di quello che avrebbe potuto essere un percorso musicale e letterario al servizio dei lettori per invadere con prepotenza l’ambito dell’autoreferenzialità. Per lunghi tratti la narrazione abbandona persino il filo conduttore della musica per diventare altro: un flusso di ricordi personali del narratore, un agglomerato di avventure e disavventure accennate quasi per puro sfogo e poi abbandonate a sé stesse senza un significato visibile per il lettore. Nella seconda parte questo aspetto è addirittura quello preponderante: De Luca racconta della sua frattura all’anca, delle sue poesie, delle sue canzoni e delle sue esibizioni teatrali, senza che si possa intravedere un vero significato, musicale o letterario che sia, in diversi tra gli episodi narrati.
LO STILE – Anche il modo in cui viene raccontato questo breve percorso personale riflette il grosso limite dell’opera: a tratti, più che la scrittura poetica che da sempre caratterizza la narrazione dell’autore partenopeo, emerge un puro e semplice esercizio di stile. Frasi come «La libertà era il niente di passi che non sapevano dove né invece» hanno tutto il sapore di un’esibizione di creatività e di bravura che nulla aggiunge alla qualità del romanzo.
Erri De Luca, autore da sempre originale e poetico, non sembra aver bisogno di questa autoreferenzialità e di queste forzature stilistiche per affermare le sue indubbie capacità: la speranza è che la prossima opera torni a essere un racconto davvero ispirato e unico nel suo genere come la maggior parte della produzione dello scrittore napoletano, non uno spazio in cui mostrare le proprie doti di scrittura, ma che poco aggiunge al panorama letterario italiano.
Daniele Leone
@DanieleLeone31