
La libertà che c’è ma non si vede
Leggiamo giornali, ascoltiamo la radio, guardiamo i telegiornali di mezza sera in un paese, l’Italia, giudicato – secondo l’ultimo rapporto della Freedom House -, un territorio complessivamente libero dove, però, la stampa godrebbe di una libertà solo parzialmente.
La Freedom House, è un organizzazione internazionale non governativa che conduce attività di ricerca su democrazia, libertà politiche, e diritti umani.
Media – Per capirci: l’Italia ha una libertà di stampa paragonabile al Benin, a Israele, e a Tonga. Le cause principali sono da ricondurre alla concentrazione dei mezzi di informazione pubblici e privati sotto un’unica guida, l’abuso di denunce per diffamazione contro i giornalisti e l’utilizzo di atti intimidatori da parte della criminalità organizzata. Ma perché così tanto interesse nell’ influenzare e nel cercare di controllare con più mezzi l’informazione e l’opinione pubblica che si forma anche grazie ai media?
Cause - Difficilmente un Governo decide arbitrariamente di privarsi di uno strumento così importante come l’uso dei media. Questo perché spesso la stampa o comunque l’informazione in generale, viene indicata come la quarta branca di un Governo che si aggiunge ai rami legislativi, esecutivi, e giudiziari. Quindi risulta molto difficile la scelta da parte di un Esecutivo di rinunciare a tale strumento.
In quest’ultimo periodo abbiamo assistito ad un cambiamento di tendenza per quanto riguarda il seguito politico di molti partiti. A ciò si è unito un sempre crescente disinnamoramento della gente verso la politica e, di conseguenza, all’indebolimento degli schieramenti che perdono terreno nell’opinione pubblica, accrescendo quella fetta di elettorato non più controllata e controllabile.
Quarto potere – Ed è qui che entra in gioco il quarto potere, quello che permette ad un sistema in affanno, in debito d’ossigeno di allungare i tempi dell’uscita di scena, di portare avanti il proprio programma su più fronti e con più mezzi.
Da sempre, il meccanismo della disinformazione giudicato utile e silenzioso viene riproposto ciclicamente come parafulmine per un sistema alla deriva.
Ovviamente la situazione del nostro paese non è uguale a quella di Israele, Benin, e Tonga. Questo perché noi soffriamo di un altro tipo di non libertà se vogliamo più nascosta, radicata, acculturata in un certo senso anche legalizzata. Si rivendica in Italia, la libertà di poter fare il proprio lavoro senza essere attaccati, senza quel perenne clima di minaccia, senza ridurre le opinioni a terra bruciata buona solo per lo scontro politico, dove la logica della contrapposizione partitica vince sempre. Una persona che fa delle domande non può e non deve essere censurata e denunciata per averle poste.
La situazione è diventata ancora più critica dopo gli ultimi risvolti che vedono la Rai – una televisione pubblica – sotto accusa per una gestione del personale e dei programmi così detti d’informazione politica non del tutto trasparente. Vedi il braccio di ferro tra Michele Santoro e Mauro Masi, ex direttore generale della Tv pubblica, conclusosi con l’esclusione del conduttore di uno dei programmi più seguiti della seconda rete, Annozero. E con la scoperta dei Pm di Napoli che indagano sulla loggia P4, di un Masi che chiede consiglio a Luigi Bisignani sul come comportarsi intorno al licenziamento di Santoro, il quale – a sua volta – sembrava essere vicinissimo ad un accordo, poi sfumato, con il terzo polo televisivo italiano La 7, attualmente di proprietà di Telecom Italia Media.
Dure le polemiche del direttore del Tg, Enrico Mentana, che dalla stessa rete, in apertura di notiziario delle 20.00, chiede maggiore chiarezza da parte dell’editore sul mancato ingaggio dell’ex conduttore. In caso contrario, sarebbe stato lecito pensare a degli impedimenti esterni.
In un clima già molto acceso Santoro, giudica la libertà di Mentana evidentemente diversa dalla sua. E’ di oggi la notizia che il direttore del Tg di La 7, risponde all’ex conduttore di Rai due con una lettera aperta al Corriere della Sera, provando a delineare i caratteri della sua diversa libertà, senza dimenticare di ribadire gli sforzi fatti per aggiudicarsi le sue prestazioni.
Anche l’Ammiraglia rossa, Raitre, non se la passa meglio. Lucia Annunziata lascia la conduzione del suo In 1/2h «Le mie dimissioni sono definitive». Il motivo scatenante: un’ intervista al Messaggero di più di un mese fa, in cui attaccava la rete, parlando di metodi da lei definiti «mafiosi». Non si è fatta attendere la risposta di Paolo Ruffini, direttore di Raitre, che ha preteso le scuse dalla giornalista, la quale coerentemente ha subito fatto sapere che non intende tornare sulle proprie decisione, né di prendere le distanze dalle affermazioni rilasciate nell’intervista.
Senza tralasciare le enormi difficoltà trovate dalla stessa Milena Gabanelli. conduttrice di Report,che non ha ancora firmato un contratto il quale non prevedrebbe più la copertura legale da parte della Rai in favore dei giornalisti, i quali non potrebbero così operare in tranquillità. Sarebbe riduttivo a questo punto concludere che si sta assistendo alla solita bagarre tra destra e sinistra e che tutto presto o tardi si concluderà.
Non bisogna abituarsi a questa situazione, perché l’abitudine porta ad essere non informati. E’ importante, invece, in risposta a questa situazione cominciare a pensare che questa non è la normalità, e che così facendo ogni giorno che passa si minano le basi della libertà.
Mauro Foglietta
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