
La giustizia di Strasburgo: un quarto grado?

La giustizia europea cassa alcune sentenze italiane – newrespublika.ru
Strasburgo dixit dunque Strasburgo docet? È il dilemma di questi mesi e che vede la Corte di giustizia europea o La Corte europea per i diritti dell’uomo cassare (nel senso giuridico di annullare o depennare) molte sentenze definitive italiane. Ormai si pensa a questa corte come un quarto grado e ci si chiede se Strasburgo si contrapponga in molti casi al nostro sistema giudiziario.
SENTENZE RIBALTATE - L’ultimo di questi paradossi è il caso di Bruno Contrada, condannato e carcerato per anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Strasburgo però sottolinea che la sentenza di condanna a Contrada ha violato l’articolo 7 della Convenzione europea per i diritti umani che stabilisce che non ci può essere condanna senza che il reato sia chiaramente identificato dai codici di giustizia. Praticamente il nostro Paese ha condannato senza che vi fosse il reato, nero su bianco scritto nel Codice. Neanche qualche giorno prima i giudici europei avevano condannato il nostro paese sul pestaggio alla scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001 definito – praticamente un upgrade – come esercizio della tortura, reato anch’esso non previsto dal nostro ordinamento e in fase di discussione in parlamento.
Ma anche in campo amministrativo, Strasburgo ha condannato l’Italia circa il precariato storico nel settore della pubblica amministrazione e in particolare della scuola: da qui il vincolo ad assorbire quasi 250mila precari della scuola e per i tutti i dipendenti a tempo determinato della PA che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio. Il dibattito – nei media e nell’opinione pubblica – comincia ad articolarsi intorno al ruolo della giurisprudenza europea. Al netto dei casi eclatanti, ci si chiede come il nostro paese – padre del diritto e delle sue garanzie – sia negli ultimi tempi superato da un grado ulteriore, come aver bypassato il nostro cursus giuridico stabilito costituzionalmente.

Bruno Contrada, riabilitato recentemente da Strasburgo – metropolinotizie.it
CE LO CHIEDE L’EUROPA - La giustizia europea – questo è il dibattito interessante – al fine di armonizzare il diritto comunitario dentro gli ordinamenti nazionali aggiunge o toglie, riempie i vuoti di legge o svuota nella sostanza alcune sentenze a seconda delle situazioni. Sta dunque a monte il ragionamento secondo il quale il diritto comunitario non sia diventato – come pensano alcuni – la vera magna charta per il nostro paese. E’ certamente una forzatura, una provocazione anche per l’abuso del mantra per cui ce lo chiede l’europa quasi che l’Italia fosse fuori dal continente, estranea ai processi di unificazione. Anche altri paesi infatti vengono sanzionati da Strasburgo ma è evidente che questi ultimi pronunciamenti evidenziano certe criticità specifiche della giustizia italiana, almeno in alcuni casi eccellenti.
È intollerabile (vedi il caso contrada) oltreché illogico portare a processo l’imputato senza il reato poiché viene meno un elemento di civiltà del diritto in base al quale ciò che il diritto scrive è; viceversa tutto quello che non è scritto semplicemente non è. Sembra un adagio filosofico ma è formale e sostanziale allo stesso tempo per cui non si può procedere giuridicamente per deduzione, sarebbe il disastro. Non si tratta perciò del dilemma sulla colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio (come per il caso Sollecito – Knox) ma siamo ad uno stadio precedente cioè il fatto in sè, il reato scritto, ratificato, cristallizzato nel codice. Dovrebbe – sempre sul piano del diritto – valere il principio del non procedere se non si trova il reato e questo non a garanzia del singolo imputato eccellente ma per tutti i cittadini.