Killing the Iranian minds. Chi sta eliminando gli scienziati di Teheran?

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Killing the Iranian minds. Chi sta eliminando gli scienziati di Teheran?

Teheran – In un’area boscosa a Karay, nell’area nord occidentale di Teheran, giace il cadavere di un uomo. Potrebbe sembrare il solito caso di omicidio: perquisizione, impronte, foto, refertazione della zona e così via. Ma quando la polizia iraniana identifica il corpo, gli inquirenti comprendono subito che hanno per le mani una patata bollente le cui conseguenze si estendono alla sicurezza nazionale.

Il cadavere nella boscaglia non è quello di uno uomo qualsiasi, ha un nome eccellente: Mojtaba Ahmadi. Non spaventatevi se questo nome non vi dice niente perché, per il ruolo che ricopriva, doveva essere invisibile, un fantasma tra la gente. Infatti, nella sua vita terrena da “fantasma”, Ahmadi  ricopriva il ruolo di capo dipartimento della “cyberwar“, la guerra informatica del regime degli Ayatollah. Un tecnico altamente specializzato insomma, uno di quelli che in Occidente fanno gola alle più importanti agenzie di intelligence ma che, se si dovessero trovare dall’altra parte del muro, rappresenterebbe un pericolo, una minaccia alla sicurezza nazionale di molti Paesi.

Gli inquirenti iraniani hanno ricostruito la dinamica di quanto accaduto la mattina del suo assassinio. Ahmadi era uscito di casa lo scorso sabato per recarsi a lavoro, ma in ufficio non è mai arrivato. È plausibile che i killer abbiano intercettato e prelevato il loro obiettivo, l’abbiano eliminato in una località ignota e poi, successivamente, ne abbiano abbandonato il corpo nella zona boscosa di Karay.

Secondo la polizia, gli autori dell’omicidio sarebbero due individui di nazionalità ignota. Le indagini sono svolte a tutto campo, compresa la “pista politica”. La morte del tecnico potrebbe ricollegarsi con la lista di omicidi eccellenti che negli ultimi anni hanno falcidiato i più autorevoli scienziati legati al regime in forza di rapporti di collaborazione.

La “death list” è ricca di menti eccelse al servizio dei piani militari, difensivi ed energetici iraniani. Come il prof. Mostafa Ahmadi Roshan, saltato in aria con la suo autovettura causato da un ordigno magnetico piazzato sul veicolo da due motociclisti. Roshan era un chimico dell’Università Sharif di Teheran che lavorava anche in uno dei principali impianti del programma nucleare iraniano. Ardeshir Hossein-Pour, scienziato che lavorava in un altro dei principali impianti di trattamento dell’uranio, morì nel 2007, a quarantaquattro anni, per “soffocamento da gas”. Nel gennaio del 2010 la morte bussò anche alla porta di Massud Ali Mohammadi. Professore di fisica e di energia nucleare all’Università di Teheran, venne ucciso da una bomba posizionata fuori da casa sua.

Nel maggio del 2009, Shahram Amiri, fisico dell’impianto di Natanz scomparve a Riyad, in Arabia Saudita, mentre partecipava a un pellegrinaggio alla tomba di Maometto. Si trovò in una vicenda dai contorni poco limpidi che lo vide rispuntare negli Stati Uniti e rientrare in Iran nel luglio 2010. Venne accolto come un eroe e riferì di non essersi arreso alle offerte per rivelare i dettagli del programma nucleare iraniano, ma da allora scomparve di nuovo. Il prof. Majid Shahriari, della facoltà di ingegneria nucleare all’Università Shahid Beheshti di Teheran, venne ucciso il 29 novembre 2010 in circostanze analoghe a quelle di Roshan.

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Killing the Iranian minds. Chi sta eliminando gli scienziati di Teheran?

Il prof. Fereydun Abbasi, dell’Università Shahid Besheshti di Teheran, venne ferito in un attentato lo stesso giorno di Shahriari, pochi mesi prima di essere nominato capo dell’Organizzazione Iraniana per l’Energia Atomica. Infine, il 12 novembre 2011, il generale Hassan Tehrani Moghaddam,  direttore del programma missilistico iraniano, venne ucciso in un’esplosione in una base militare fuori da Teheran. Oggi, viene iscritto nella lista anche il nome di Mojtaba Ahmadi come detto, a capo del dipartimento guerra informatica, trovato morto in una zona boschiva con due colpi di arma da fuoco al cuore.

Tuttavia, per evitare che possano cadere teste eccellenti nell’organizzazione e palesare il fallimento della rete di sicurezza del regime, i Pasdaran mantengono il più assoluto riserbo nel Paese sulla questione della “caccia alle menti”. Ma ciò non significa che gli investigatori brancolino nel buio. Le modalità, l’invisibilità dei sicari e i personaggi coinvolti compongono un “puzzle” indiziario che, secondo i Pasdaran, porterebbe direttamente a Tel Aviv. L’unico servizio di sicurezza nella Regione capace di compiere attività del genere è il Mossad che direttamente o meno, azione per il tramite della resistenza iraniana, può compiere azioni a lungo raggio in territori ostili contro obiettivi che minacciano la sicurezza dello Stato di Israele.

L’assassinio di Mojtaba Ahmadi renderà la divisione “cyberwar” di Teheran più vulnerabile in un momento storico particolarmente propizio nei rapporti tra Iran ed Occidente. Sia chiaro che Teheran non intenderà sacrificare il diritto di autodeterminazione nelle proprie scelte di politica interna in ragione del “disgelo” con il Mondo Occidentale e continuerà a perseguire chiunque intenda ostacolare i piani di sviluppo della difesa e dell’energia. Gli scienziati si domandano chi sarà il prossimo a cadere in questa guerra sporca. Hanno capito, e non solo loro ormai, che la “lista della morte” è una lista aperta.

Marco D’Agostino

Foto: usatoday.com, ibtimes.co.uk

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