Italia, riprenditi i marò. E processa i tuoi non-eroi

Per i marò sembra giunta l'ora di passare all'arbitrato internazionale. L'India perde, ma l'Italia non vince. E deve esigere il processo per i suoi non-eroi

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Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due marò italiani

Tre anni e mezzo. Tanto è passato da quando due pescatori indiani a bordo del peschereccio St.Antony furono colpiti a morte da Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, fucilieri di marina a bordo della petroliera battente bandiera italiana Enrica Lexie,  in missione di protezione della nave mercantile in acque a rischio di pirateria. Li avevano scambiati per pirati,. in acque internazionali difficili da gestire e poco sicure. Ma quello era il loro mestiere: capire, riconoscere il pericolo, agire di conseguenza. Tre anni e mezzo da quando la guardia costiera indiana ha chiesto al capitano della Enrica Lexie di rientrare in acque territoriali per chiedere conto di quanto accaduto. E porre in – sacrosanto, ma giuridicamente errato  - stato d’arresto i due marò italiani.

LA NON GIUSTIZIA INDIANA E I MARÒ “EROI” - Tre anni e mezzo dopo la giustizia indiana si è incartata su se stessa, mentre l’Italia rimaneva a guardare. Attendendo una prima udienza che non è mai arrivata. Aspettando che le voci su una possibile pena di morte venissero messe a tacere. Restando a braccia conserte affinchè la giustizia facesse il proprio corso. Trasformando in eroi due fucilieri di marina che, non ci vuole un processo per stabilirlo, hanno compiuto una valutazione errata nell’esercizio delle proprie funzioni, che è costata la vita a due persone innocenti. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone devono tornare e restare in Italia. Sì, ma per essere processati.

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I due marò con un ufficiale militare indiano (eunews.it)

QUELL’ITALIA CHE NON CONTA NULLA - La vicenda marò è esempio perfetto della pochezza dell’Italia in campo politico internazionale. Sarebbe dovuto bastare un anno di bagarre giurisdizionale a Nuova Delhi e dintorni per capire che al largo del porto di Kochi, lì dove la Enrica Lexie è attraccata per l’ultima volta, le idee erano confuse e confusionarie. Quando i marò sono rientrati a fine 2012, un permesso di due settimane per trascorrere il Natale in famiglia, l’Italia avrebbe dovutofare quell’atto di forza che non è mai stata in grado di fare. Ritirare l’ambasciatore e tenere Latorre e Girone in Italia, fino a quando i tribunali indiani non avessero smesso di giocare a rimpiattino e fossero stati in grado di impostare l’accusa.

Sì, perché i nostri due marò non sono gli eroi celebrati dalle foto virali su Facebook. E ogni volta che si inneggia al ritorno dei “nostri ragazzi”, lo si dovrebbe fare solo in nome di una ragione: quella di garantir loro un processo equo e rapido. Rispettoso della memoria delle vittime e delle rispettive famiglie. Perché i 142 mila euro a vittima pagati “per motivi umanitari e caritatevoli, come segno di mutuo rispetto e gesto di buona volontà fra i due Stati sovrani” non sono la sentenza di un processo, anche se qualcuno l’ha forse scambiata per tale.

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Latorre e Girone in abiti civili (gcaptain.com)

Il dato di fatto è che in 3 anni e mezzo l’India ha sbagliato giurisdizione del processo (la Corte Suprema indiana sentenziò il 18 gennaio 2013 che lo Stato del Kerala non aveva giurisdizione per procedere contro i due marò italiani, poiché i fatti non erano avvenuti nelle sue “acque territoriali”), chiesto la formazione di una Corte Speciale e poi affidato alla National Investigating Agency (NIA, l’agenzia federale indiana per la lotta al terrorismo) il compito di condurre le indagini sul caso. Salvo essere smentita il 28 marzo 2014 dalla stessa Corte Suprema indiana, che ha accettato il ricorso della difesa dei due marò contro l’utilizzo della NIA nelle indagini e ha anche aperto un nuovo fronte alla possibile incapacità giurisdizionale dell’India, poiché l’incidente era avvenuto al di fuori delle acque territoriali indiane. Una osservazione arrivata in aula solo due anni dopo il fatto. Un vero e proprio disastro giuridico internazionale, che ha messo anche la popolazione indiana contro i propri stessi rappresentanti in aula.

I MARÒ OGGI - Massimiliano Latorre è ormai in Italia da quasi un anno (colto da ischemia transitoria l’1 settembre 2014, trasferito in Italia dieci giorni dopo ed operato di chiusura percutanea del forame ovale pervio ad inizio 2015). Salvatore Girone non torna in Italia dal permesso elettorale del 2013. Il 26 giugno 2015 l’Italia ha gioca l’ultima carta: chiedere di attivare l’arbitrato internazionale, presso il Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo. L’India ha fallito, l’Italia gioca ancora una carta a norma di legge. Chiede misure che consentano la permanenza di Massimiliano Latorre in Italia e il rientro in patria di Salvatore Girone, in attesa che si concluda l’iter della procedura arbitrale. L’India sembra non opporsi e forse finirà così. Con il tempo che continuerà a scorrere inesorabile. Ed i due marò chiusi in una bolla temporale, in attesa di conoscere il loro destino. Non-eroi della patria, che hanno diritto di tornare alla loro vita di tutti i giorni. Passando, necessariamente e finalmente, dalle aule di un tribunale degno di tale nome e dall’immutabile giudizio dinanzi alla legge.

Francesco Guarino
@fraguarino

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