
India:dura reazione dei maoisti all’ “Operazione caccia verde”
Aggiunto da SabinaS il 11/04/2010.
Tags della Galleria Cronaca estera, Primo piano
Tags: Bandhghora, Chidambaram, forze di sicurezza, guerriglieri, india, Lalgarh, lotta di classe, Manmoham Singh, maoisti, militari federali, National Trinamool Congress, Naxals, Operazione caccia verde, paramilitari, Partito comunista indiano maoista, polizia, PTI, rivolta contadina, semi-coloniale, semi-feudale, società comunista
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Il governo nazionale indiano lancia un’offensiva contro i ribelli maoisti. Sono 78 le vittime degli ultimi tre giorni di attacchi dei naxals contro i paramilitari
di Sabina Sestu
Ormai gli attacchi dei ribelli maoisti sono quotidiani. In India la lotta di classe di stampo Maoista è ancora un obiettivo da raggiungere. La grande disparità di sviluppo che attraversa il vasto e popoloso paese asiatico scatena feroci combattimenti tra ribelli e governo centrale. Rientrano in questo quadro gli ultimi fatti sanguinosi che hanno colpito il sub continente indiano. Il 10 aprile sono stati scoperti i corpi mutilati di due funzionari del National Trinamool Congress, nel villaggio di Bandhghora vicino Lalgarh. Paban Mahato (38 anni) e Kaushik Dutta (35 anni) un lavoratore occasionale del dipartimento elettrico di Manikpara, sono stati torturati spezzando loro gli arti, riferisce il PTI (Press Trust of India, un’agenzia giornalistica indiana). «Mancavano fin da ieri pomeriggio – ha dichiarato Narayan Swarup Nigan, Magistrato del Distretto – quando sono andati a distribuire le bollette elettriche alle famiglie del villaggio di Rasua. È stata aperta un’inchiesta». La polizia ha ritrovato sul luogo del duplice omicidio dei manifesti di rivendicazione maoisti, in cui si afferma che i due malcapitati sono stati uccisi perché ritenuti informatori della polizia.
Ma l’Unione dei Ministri di Stato per lo Sviluppo Rurale e i leader del Trinamool Congress sostengono che Mahato e Dutta erano dei semplici lavoratori della Trinamool. Il 7 aprile sono stati uccisi in un’imboscata 76 paramilitari che pattugliavano la giungla nell’area di Dantewada. Un’imboscata in piena regola nel «corridoio rosso», nell’estremo sud dello stato del Chhattisgarth, una delle due roccaforti dell’Esercito guerrigliero di liberazione popolare, il braccio armato del Partito comunista indiano maoista. Secondo le fonti indiane l’attacco sarebbe stato portato da circa 1000 guerriglieri Naxals. E il giorno dopo un commando di naxaliti ha tentato di attaccare un accampamento delle forze paramilitari indiane, sempre nello Stato di Chhattisgarh. I guerriglieri hanno scelto però di ritirarsi di fronte alla decisa reazione delle forze di sicurezza. Gli attacchi dei ribelli si sono intensificati dopo che il governo centrale ha lanciato un’offensiva contro di loro, l’«Operazione caccia verde» che vede in azione circa 50mila militari federali e migliaia di poliziotti dei governi locali interessati.
- Il ministro degli affari esteri P. Chidambaram
Questo risvolto sanguinoso della politica posta in atto dal governo centrale indiano, ha avuto ripercussioni anche all’interno del consiglio dei ministri. Il ministro degli affari esteri P. Chidambaram (64 anni), ha infatti presentato le sue dimissioni, prendendosi l’intera responsabilità morale dell’attentato del 7 aprile che non è riuscito a sventare. Da più parti, infatti, sono piovute le accuse sul governo di aver mandato in una zona altamente pericolosa un esercito di novellini, poco addestrati e mal equipaggiati. Ma il governo ha fatto scudo su Chidambaram e il primo ministro Manmoham Singh ha rigettato le sue dimissioni e difeso il corpo paramilitare inviato nella zona, definendolo come un corpo militare sceltissimo.
Il Chhattisgarh è una delle aree più coinvolte dalla rivolta dei naxaliti, come vengono chiamati i ribelli maoisti dal nome del villaggio di Naxalbari, dove nel 1967 scoppiò una rivolta contadina contro il latifondo. Il leader militare nazionale dei maoisti è Koteshwar Rao, noto come Kishenji. Il suo piccolo esercito può contare su un numero di uomini che, a seconda delle stime, varia tra 10 e 20mila unità. Le armi, si dice, arriverebbero principalmente dalle azioni militari condotte contro le caserme. Ma il movimento ha rapporti con i maoisti delle nazioni vicine, Nepal e Filippine. La forza dei maoisti deriva dal rapporto stretto con la popolazione contadina e le sue lotte contro lo sfruttamento industriale delle risorse del territorio. Il partito e il suo braccio armato lottano per l’istituzione di una «società comunista» che sostituisca l’India di oggi, «semi-feudale»» e «semi-coloniale», dicono.